È importante che ogni generazione colga l’occasione, offerta dalla Giornata della memoria, per ricordare l’abisso dell’umanità sfociato nelle pratiche sterminatrici dei lager nazisti dove trovarono la morte, oltre a circa sei milioni di ebrei, gli oppositori politici di tutta Europa, gli slavi – altra categoria duramente punita -, i testimoni di Geova, gli omosessuali.
È altrettanto fondamentale riflettere sulla genesi ideologica che ha portato a un simile processo, i cui tratti non sono improvvisati ma trovano nel nazismo un’accelerazione a una sistematizzazione. Per quanto l’antigiudaismo cristiano abbia costituito una matrice che ha attraversato la cultura europea, predisponendo a una diffidenza nei confronti dell’ebreo, l’antisemitismo nazista si appunta su elementi non religiosi, ma più spiccatamente politici ed economici, predisponendo una legislazione discriminatoria che determina l’esclusione degli ebrei dalla cittadinanza.
Dal punto di vista politico, l’ebreo è assimilato al sovversivo e la Rivoluzione russa è vista dai nazisti e dai conservatori europei come il segnale del pericolo ebreo sul mondo. La dittatura nazista si spinge anche oltre questi inappropriati giudizi politici. Gli ebrei sono considerati i padroni della finanza mondiale, i propugnatori dell’universalismo che nega le nazioni.
Senza tema di contraddizioni, l’ebraismo è visto dall’ideologia nazista sia come espressione del socialismo sia come manifestazione del capitalismo. L’incoerenza storica di questa congiunzione è compensata dalla visione razziale che manifesta il nazismo, trasformando la politica in biologia razziale. L’ebreo affamatore del popolo è un tratto della costruzione stereotipata che azzera le multiformi identità delle persone.
L’ebreo diventa un concetto astratto, disumanizzato, ma più che un nemico di classe è un nemico di razza e l’ebraismo è assimilato a una malattia contagiosa: gli ariani che intessono relazioni con le ebree mischiano il sangue e se professano il giudaismo non sono più tedeschi. I matrimoni tra ariani ed ebrei saranno poi impediti nel 1935 dalla Legge per la protezione del sangue e dell’onore tedesco, all’interno del corpo delle Leggi di Norimberga che tra le altre cose vietavano agli ebrei, pena un anno di carcere, l’esposizione della bandiera del Reich.
La propaganda nazista costruisce la questione ebraica e impone ai cittadini di prenderne atto, di collaborare attivamente alle scelte del regime dal momento che solo la politica razziale può salvare il popolo tedesco. In effetti si arriva a instillare nella popolazione la consapevolezza che esistono “loro” in contrapposizione a “noi”. Nel novembre del 1941, dopo la deportazione di circa mille ebrei da Norimberga, il personale militare e i civili che vi hanno partecipato organizzano una festa.
Nella Germania nazista gli ebrei sono ospiti, non cittadini. La pena più lieve che grava sugli ebrei tedeschi è l’isolamento sociale. Persino due tra i più grandi intellettuali del tempo, il filosofo Martin Heidegger e il giurista Carl Schmitt, evitano di avere rapporti con gli ebrei.
Sin dalla primavera del 1933, all’indomani delle elezioni che portano Adolf Hitler alla Cancelleria, i negozi degli ebrei cominciano a essere boicottati, presidiati dalle squadre armate naziste, per evitare alle persone di entrare e acquistare. Con la vittoria elettorale del Partito nazista (Nsdap), diverse grandi aziende licenziano i dipendenti ebrei che sono espulsi anche dagli impieghi pubblici e vessati da ogni tipo di interdizione, come il divieto di accesso alle piscine. Progressivamente gli ebrei finiscono depredati delle loro aziende, al fine di “arianizzare l’economia”.
La vita impossibile produce già dal primo anno un consistente esodo di ebrei dalla Germania. Se ne vanno circa in 60mila, poco più del 10%; l’emigrazione è continua, ancora di più dopo il terrore di massa scatenato nella Notte dei cristalli (9-10 novembre 1938), che provoca la distruzione e il saccheggio dei negozi ebrei, l’incendio di 267 sinagoghe e l’arresto di un ebreo su cinque, senza contare la possibilità di potere uccidere un ebreo e restare impuniti.
Alla vigilia del conflitto, nel gennaio del 1939, Hitler annuncia lo sterminio degli ebrei in caso di scoppio di una nuova guerra mondiale. Nella pratica significa che il nemico non è solo l’esercito, ma anche la popolazione inerme. Una dichiarazione alla quale il resto del mondo, per diverso tempo, non ha dato il giusto peso, nonostante i segnali diventassero sempre più eloquenti.