Giustizia & Impunità

Blackstone Consulting, la denuncia di chi ha investito: “Attività ecosostenibili con alti rendimenti? Tutto sparito, sede svuotata”

Negli anni la società romana e le sue consociate hanno raccolto senza autorizzazioni milioni di euro da almeno 200 investitori per investire nella coltivazione di materie prime agricole sostenibili in Repubblica Dominicana. Al lavoro le procure di Roma e Ascoli Piceno. Il caso della giornalista romana che ha ceduto tutto il suo patrimonio da 3 milioni di euro. La rete passava per Austria, Usa, Inghilterra e Nuova Zelanda. Coinvolti anche ex dipendenti bancari

Una scrittura privata datata 19 ottobre 2007 per erogare un prestito del valore complessivo di 3 milioni alla società AP Service preceduta, il giorno innanzi, da un primo versamento tramite bonifico bancario da un milione di euro alla stessa AP Service. E poi l’emissione di undici assegni circolari da 10mila euro ciascuno sempre a favore della AP Service. E ancora la vendita di titoli quotati in Borsa, anche a tranche da 50mila euro per singola operazione, per ricavare immediatamente liquidità. Poi altri cinque bonifici bancari per un totale di altri 2 milioni di euro effettuati tra luglio del 2008 e dicembre del 2009.

Con una lunga serie di atti dispositivi compiuti nel giro di due anni, una giornalista romana erede di una famiglia di imprenditori e nobili della Capitale, all’epoca ultrasettantenne, diede mandato alla filiale della banca nel cuore di Roma, dove aveva i suoi conti, di trasferire praticamente tutto il suo patrimonio ad alcune società di Ascoli Piceno. A dicembre del 2008 l’anziana giornalista venne poi condotta a San Marino. Qui alla nobildonna venne intestata per un milione di euro una quota del 5% di Bol Bancorp Ltd, una società finanziaria costituita il 29 gennaio 2009 in Nuova Zelanda, che era amministrata da un personaggio collegato alle imprese marchigiane che erano state beneficiarie dei suoi versamenti, come pure da un dipendente della stessa banca alla quale la giornalista aveva dato mandato di trasferire i suoi beni.

In cambio l’anziana signora ottenne su un foglio di carta intestata della società neozelandese la promessa di un interesse trimestrale del 4% oppure del rimborso entro un anno di due milioni, il doppio del valore conferito. Da questa impresa nel Paese agli antipodi del mondo iniziarono in seguito ad arrivare asseriti “documenti contabili” che si riferivano a conti sui quali, a settembre 2012, risultavano formalmente depositati quasi 13 milioni di euro, con transazioni condotte attraverso “istituti di crediti corrispondenti” in Libano (Lebanese Canadian Bank, Credit Financier) e in Europa (Bnp Paribas, Commerzbank, Barclays, Citibank). La società neozelandese venne chiusa il 24 febbraio 2014. Ma la vicenda non è finita così perché degli sviluppi di quei fatti ora si stanno occupando un paio di procure.

Da quei lontanissimi avvenimenti e da quei primi trasferimenti di fondi, secondo la ricostruzione di alcuni dei protagonisti interpellati da ilfattoquotidiano.it, prende infatti le mosse un turbinìo di operazioni finanziarie realizzate attraverso società e conti bancari collocati in Italia, Austria, Regno Unito, Stati Uniti e Repubblica Dominicana. Dopo una serie di denunce, i magistrati di Roma e di Ascoli Piceno stanno indagando su una rete non autorizzata di raccolta di “investimenti” in attività ecosostenibili e socialmente responsabili gestita per anni dal quartier generale in un ufficio di via Sardegna 38/b a Roma, a due passi dalla via Veneto un tempo teatro della “dolce vita”, che avrebbe trasferito molti milioni di euro dalle tasche di centinaia di risparmiatori italiani in “attività benefiche” collegate alla coltivazione di piante da frutto e ad attività di sostegno alle popolazioni rurali dell’isola caraibica di Hispaniola, nelle Grandi Antille. Una “beneficenza” non del tutto disinteressata, perché nelle “proposte di investimento” attraverso contratti di associazione in partecipazione si promettevano rendimenti lordi dell’84% in sette anni attraverso la sottoscrizione di “certificati di coltivazione” del taglio minimo di 10mila euro l’uno.

La capogruppo di questo network di società che convogliavano gli investimenti “verdi” in Repubblica Dominicana è la Blackstone Consulting, Limited liability company (Llc, l’equivalente delle Srl italiane) fondata da fiduciari il 18 settembre 2007 a Lewes nel Delaware (Usa). Un nome simile, Blackstone Fund Management Ltd, aveva la società neozelandese così rinominata dopo essere stata chiamata in precedenza Bol Fund Management Ltd (sino al 25 luglio 2010) e ancora prima Bol Bancorp Ltd (nome che aveva tenuto dalla fondazione del 29 gennaio 2009 sino al 9 marzo 2009). Ovviamente quelle due società Blackstone non hanno mai avuto niente a che spartire con l’omonimo gigante del risparmio gestito quotato a Wall Street.

Ma di quella Bol Bancorp Ltd era amministratore, insieme al romano Enrico Negroni, un altro cittadino della Capitale, Alessandro Pitzianti, classe 1957, iscritto dal 2012 al registro Ivass dei broker assicurativi, che di Blackstone Consulting è presidente. Pitzianti negli anni ha (o ha avuto) ruoli in otto società italiane tra cui una impresa individuale di consulenza assicurativa a Bolzano, dove risiede, cancellata a febbraio 2004. Del gruppo di società collegate a Pitzianti fanno capo le italiane Format Srl di San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno), Forma SpA (di Ascoli Piceno), Earth Mother Project Srl (Roma, via Sardegna 38/b), l’austriaca Algi Gmbh di Vienna e la PSX Fruit and Cocoa Srl con sede a Puerto Plata (Repubblica Dominicana).

Il 13 febbraio 2014, con un comunicato simpaticamente intitolato “Provate a prenderci”, la presidenza di Blackstone Consulting informava che Forma SpA avrebbe preso in carico tutti i rapporti commerciali per la vendita della produzione agricola realizzata in Repubblica Dominicana, mentre al ruolo di “advisor” di Forma SpA subentrava Format Srl e la capogruppo Blackstone Fund Management collocata in Nuova Zelanda (che sarà effettivamente chiusa il successivo 24 febbraio) sarà sostituita da Blackstone Consulting Llc, creata nel Delaware. Da notare che tra i tre soci della Format Srl, oltre a Pitzianti, comparivano Maura e Massimo Sansoni, attivi in società dedite al turismo a San Benedetto del Tronto (Ascoli Piceno). Gli stessi Maura e Massimo Sansoni che apparivano tra i manager della Rebol Int. Ltd, società londinese oggi dissolta che forniva servizi come “advisor” per le sue offerte di investimento alla neozelandese Blackstone Fund Management.

Alessandro Pitzianti appariva anche come socio accomandante della società AP Service, dal 21 dicembre 2004 sino allo scioglimento della società datato 9 dicembre 2009. La stessa società AP Service alla quale la nobildonna romana aveva versato tre milioni di euro tra l’ottobre 2007 e, appunto, il dicembre 2009. Così come la neozelandese Bol Bancorp Ltd amministrata da Pitzianti è la stessa società della quale la nobildonna romana, prima ancora che fosse realmente costituita (come avvenne realmente solo il 29 gennaio 2009), il 5 dicembre 2008 aveva “sottoscritto” una quota del 5% versando un milione di euro. Non solo: alla Forma SpA di Ascoli Piceno, attiva nel “trading di cacao” e “advisor” della neozelandese Blackstone Fund Management, il 15 gennaio 2014 l’anziana giornalista aveva versato un “investimento” di 1 milione 260mila euro, con una scrittura privata nella quale veniva indicato un “profitto stimato tra l’8 e il 9% annuo, con un minimo garantito dal certificato agrario rilasciato dalla Psx Fruit e Cocoa” di Puerto Plata, in Repubblica Dominicana.

Pitzianti, oltre che presidente di Blackstone Consulting (che disponeva di un sito internet, un blog e un profilo Facebook – sui quali, tra l’altro, spiegava i rischi delle truffe realizzate con lo “schema Ponzi” – che ora non risultano più attivi) in questi anni non ha lavorato da solo. Con Pitzianti collaboravano quattro “personal financial advisor”: Enzo Avanzato, ex promotore finanziario, Maurizio Bussinello, Alessandro Dell’Ova, agente in attività finanziaria, e Benedetto Fantozzi, ex direttore di agenzie bancarie di Banca di Roma dall’ottobre 1999 a dicembre 2001 e di Banca Carige da gennaio 2002 a dicembre 2005. Ma intorno a loro c’erano anche commercialisti, dirigenti e impiegati.

Ma come funzionava la “proposta commerciale” di questa rete di società per investire in “certificati” su materie prime agricole attraverso contratti di associazione in partecipazione che offrivano “rendimenti” elevati? In un documento di Blackstone Consulting appare una tabella che riassume “durata e interessi sull’investimento” in “certificati agricoli” del taglio unitario di 10mila euro: nel giro di sette anni si prometteva un ritorno dell’84% lordo dai raccolti ottenuti su quote di terreni coltivati in Repubblica Dominicana da società che promettevano “il rispetto dei diritti umani, in particolare dell’infanzia”. Blackstone Consulting, tra l’altro, diceva di sostenere la Fundacion Infantil Jesus està conmigo di Puerto Plata. Da questi “investimenti” sarebbero derivate “operazioni di trading commerciale solido e sicuro basato sul controllo e la produzione di materie prime, nonché sui processi di semilavorazione e commercializzazione dei prodotti finiti”.

In Repubblica Dominicana, secondo quanto scriveva nel 2015 la Blackstone Consulting, veniva condotta “un’attività agricola etica e innovativa. Alcune società di questo gruppo eterogeneo possiedono migliaia di ettari nei quali coltiviamo cacao, ananas, papaya, chinola, moringa, platanos, acacia, palme, eucalipto. Alcune tipologie di contratto associativo prevedono che i terreni oggetto del singolo contratto vengano rogitati in favore dell’associato per il periodo contrattuale”. Quanto ai “signori Avanzato, Bussinello, Dell’Ova, Fantozzi”, secondo Blackstone Consulting erano “liberi professionisti, alcuni anche associati, sostenitori e non membri della Fundacion Infantil Jesus està conmigo che non è collegata a queste società ma ha beneficiato, come altre, di beneficenza”.

Fatto sta che negli anni il tam tam delle “proposte” di Blackstone Consulting ha fatto il giro d’Italia e ha attratto centinaia di risparmiatori: tra questi commercialisti, imprenditori, medici, professionisti. In una mailing list in possesso de ilfattoquotidiano.it si contano oltre duecento nomi. Giravano email di questo tenore: “Ti invio una tabella riassuntiva dei tassi di interesse che variano a seconda degli anni per i quali si investe. Alla colonna dell’interesse lordo annuo per 7 anni che è il 12% devi sottrarre il 26% di tasse che la Blackstone paga allo Stato. Quindi verrà l’8,88% netto. La quota interessi ti verrà accreditata sul tuo conto corrente bancario, con cadenza annuale per investimenti fino a 20mila euro, semestrale per investimenti compresi tra 20 e 50mila euro, mensile per investimenti da 50mila euro in su. La quota minima è di 10mila euro e può essere integrata con versamenti successivi. Il cliente riceve un certificato agricolo di proprietà del terreno. Al termine del periodo, il terreno torna alla Blackstone e il cliente riprende il capitale. L’operazione non va in denuncia dei redditi, non è soggetta a successione. Noi ci mettiamo la faccia e la reputazione oltre che i nostri capitali. Il cliente deve avere tutte le garanzie. Possiamo intanto incontrarci noi o andare insieme in sede a via Veneto”. I fondi venivano raccolti inizialmente dagli “investitori” attraverso bonifici sui conti delle società aperti nelle banche di Ascoli Piceno, tra i quali Ubi, poi direttamente sul conto viennese di Bank Austria della Algi Gmbh.

Ultimamente molti “clienti” della Blackstone Consulting nella sede di via Sardegna 38/b a Roma ci sono andati davvero. Ma al posto degli sfarzosi uffici di un tempo, dove Pitzianti e colleghi ricevevano gli “investitori”, non hanno però trovato più nulla, nemmeno la targa sulla porta dei vecchi uffici amministrativi. Il portiere del palazzo ha mostrato pacchi di corrispondenza ricevuta per la società, tra cui molte raccomandate, mai ritirata.

Difficile calcolare la somma raccolta negli anni dalla Blackstone Consulting e dalle sue società collegate: secondo stime approssimative raccolte tra gli investitori si collocherebbe nell’ordine dei milioni di euro. Nel frattempo però le società del gruppo continuano a inviare email ai risparmiatori, alcune anche nei giorni scorsi, in cui affermano di avere in corso una corposa riorganizzazione con l’inserimento di figure di garanzia, tra le quali comitati di creditori.

Già anni fa alla Consob non risultavano autorizzazioni a Blackstone Consulting. Pitzianti, Avanzato, Bussinello, Dell’Ova e Fantozzi non risultano iscritti all’Albo dei promotori finanziari. Dell’Ova risulta iscritto nei registri dell’Ivass, l’agenzia di vigilanza sul settore delle assicurazioni. Da qui la decisione di una pattuglia di investitori romani di Blackstone Consulting e delle sue società collegate che nei giorni scorsi hanno presentato denuncia per abusivismo finanziario alla Guardia di Finanza e alla Procura di Roma, da dove il fascicolo è passato poi nelle mani della Procura di Ascoli Piceno.