In Calabria è andata come era prevedibile (i sondaggi erano chiari) e come era previsto da quanti conoscono e osservano la politica in quella regione del Sud. Il primo dato, la maggioranza dei calabresi non è andata a votare; il secondo, quel 44,3% che invece ha deciso di entrare nei seggi ha scelto il centrodestra, ma non la Lega.
Vince Jole Santelli con il 55,4%. Deputata da un ventennio e residente a Roma, nei 400mila e passa voti conquistati manca il suo; è la candidata scelta da Berlusconi e gradita a Salvini. Ma soprattutto vince Forza Italia, che qui costruisce il suo fortino: 12,4%, 87mila voti, ai quali però vanno aggiunti quelli della lista della candidata (58472, pari all’8,3%) e di quella che resuscita il marchio Casa delle Libertà, che rastrella 45450 voti, il 6,4%. Un 27% tondo che riporta Berlusconi alle percentuali di un tempo che fu.
Deluso Salvini, che si deve accontentare di un 12,2% nettamente inferiore al 22% che i calabresi gli regalarono alle scorse Europee. Sconfitto Pippo Callipo col 30,2% (222mila voti), e il centrosinistra perde la guida della Regione. Crollano i Cinquestelle di Francesco Aiello (due liste, 7,3%) che franano al 6,2%, risultato lontanissimo anni luce dal 26,6% delle Europee e ancora di più dal 43,49 delle elezioni politiche.
Questo ci raccontano i numeri, mentre la politica ci parla di tanto altro. Il centrodestra a trazione berlusconiana stravince perché riesce a mettere insieme tutti i gruppi e i vari potentati locali che portano voti. Un esempio per tutti, dietro quel 6,4% della lista Casa delle Libertà ci sono i fratelli Gentile di Cosenza, di Pino in modo particolare. Si tratta del consigliere recordman che siede sui banchi della Regione dal 1985 e che oggi può mettere sul piatto il peso dei suoi 45mila e passa voti.
Perde il centrosinistra che aveva la guida della giunta regionale con Mario Oliverio. Una esperienza fallimentare, con l’aggravante delle inchieste giudiziarie che pesano sul capo dell’ex governatore. Il Pd, Zingaretti in modo particolare, è stato molto coraggioso nell’accantonare Oliverio, la sua esperienza di governo e soprattutto il suo sistema di potere, candidando l’imprenditore Pippo Callipo. Ma l’operazione è arrivata tardi, all’ultimo minuto utile e dopo aver “bruciato” altri due nomi, l’editore Rubbettino e il re delle cravatte Talarico, senza la capacità di convincere i Cinquestelle a costruire un fronte unico.
Il partito di Di Maio crolla, i numeri ne certificano l’irrilevanza. Il Movimento si è mostrato diviso: dei 12 deputati e dei 6 senatori eletti alle scorse Politiche non si è avvertita la presenza in campagna elettorale. Un deprimente show del tutti contro tutti, che insieme agli attacchi rivolti al proprio candidato Aiello ha accentuato la disfatta elettorale.
Ora tutti potranno fare il gioco del mezzo punto guadagnato rispetto alle precedenti Regionali, ma un dato è certo: i Cinquestelle non hanno minimamente inciso sulla realtà politica calabrese, la loro folta delegazione parlamentare si è rivelata per quello che è: un gruppo di cacicchi in perenne lotta tra di loro, spaventati dalla ormai certa non rielezione. Ininfluenti, al di fuori dei partiti candidati, anche le Sardine, che qui si sono limitate a lanciare un generico e volenteroso appello all’unità delle forze politiche di sinistra, salvo poi lavarsene le mani. Come si vede, un atteggiamento ben diverso dalle Sardine bolognesi che hanno fortemente inciso sul voto emiliano-romagnolo.
Vince il centrodestra infarcito di una ampia schiera di trasformisti provenienti dal centrosinistra e condizionato dai padroni dei pacchetti di voti. Ora sarà lotta feroce per la scelta degli assessori e soprattutto per la carica di vicepresidente della giunta. Perde un centrosinistra che aveva tentato di rinnovarsi e in parte ci era riuscito, anche nella composizione delle liste. Perdono i calabresi che non sono andati a votare, regalando l’immagine di una realtà immobile che ancora una volta affida il proprio destino ai soliti, immarcescibili gruppi di potere.