Partiva sola con una telecamera e pubblicava sui social i primi video delle manifestazioni che hanno portato alla caduta dell’ex presidente tunisino, Zine El-Abidine Ben Ali. Lina Ben Mhenni, blogger, attivista per i diritti umani e professoressa universitaria alla facoltà di Scienze Sociali, simbolo della rivoluzione del 2011, è deceduta a soli 36 anni a causa di una malattia cronica. Ma nel paese il suo ricordo resta vivo. “Non mi considero una militante ma, nel mio piccolo, un’attivista per i diritti umani. La mia modesta esperienza mi ha fatto capire che le lacrime non sono una soluzione. Bisogna prender la vita a morsi, fare quello che si ama. Bisogna essere felici per poter aiutare gli altri”, scriveva sul suo blog A Tunisian Girl, dove ha raccontato scrivendo, fotografando e filmando la storia recente del suo Paese, dall’epoca della dittatura a oggi.
L’impegno di Lina, infatti, non inizia con la rivoluzione. Già nel 2007, quando nasce il suo sito, all’inizio soltanto un “diario personale”, denunciava a viso aperto la censura sfidando il regime di Ben Ali. A quei tempi, la polizia le bussava alla porta di casa per sequestrare il materiale, la sua connessione internet spesso veniva interrotta. Più volte l’accesso al suo blog è stato bloccato: “Ho vissuto l’ingiustizia della repressione. Quando si vive l’oppressione, si accumula coraggio”, raccontava allora. Figlia di un ex prigioniero politico sotto Habib Bourguiba, la blogger non si è lasciata intimorire e ha continuato a scrivere e a viaggiare nelle regioni svantaggiate del Paese per raccontare e partecipare alle prime proteste.
Era presente quando, il 17 dicembre 2010, il giovane disoccupato Mohamed Bouazizi si è immolato con il fuoco sulla piazza di Sidi Bouzid, assistendo così all’inizio della fine del regime: “Gli abitanti di Sidi Bouzid sono scesi per le strade spontaneamente per esprimere la loro collera”, raccontava in diretta dall’entroterra, anticipando un cambiamento che in pochi hanno visto arrivare. “Quando ho visto i tunisini riversarsi in Avenue Bourguiba (principale viale di Tunisi) ho pianto di gioia”, scriveva dopo la rivoluzione, rifiutandosi sempre di definirla “dei Gelsomini” per rispetto di chi ha perso la vita in quei giorni che hanno cambiato il destino dei tunisini.
Spina nella gola degli oppressori
In quello stesso anno, il 2011, il suo blog si è trasformato in un libro e il suo nome circolava tra i possibili vincitori del Nobel per la Pace. Anche in Italia la cyberdissidente ha ricevuto numerosi riconoscimenti tra cui il Premio di Roma per la Pace e l’Azione umanitaria e il Premio internazionale di giornalismo di Ischia. Da allora, Lina non ha mai smesso di lottare per i diritti dei più deboli. La sua popolarità non ha fatto che aumentare con la diffusione dei social network: contava ormai quasi 95mila follower su Facebook – dove si presentava come “sopravvissuta” e “spina nella gola di ogni oppressore” – e più di 350mila su Twitter. “Lina Ben Mhenni è ancora un esempio per tanti giovanissimi”, ricorda oggi la stampa locale.
Da sempre militante per i diritti delle donne, ha partecipato recentemente alla campagna mediatica #EnaZeda (#MeToo in dialetto tunisino) per denunciare violenze e aggressioni subite impunemente da tante concittadine: “Succede a Tunisi, non ad Hollywood. Non c’è una sola donna in Tunisia che non abbia subito soprusi. Mi auguro che #EnaZeda possa essere un primo passo verso un cambio reale di mentalità”, spiegava a ilfattoquotidiano.it lo scorso ottobre. Nel frattempo, Lina Ben Mhenni stava lavorando a un progetto per garantire migliori condizioni di detenzione ai prigionieri tunisini. L’attivista ha raccolto negli ultimi mesi più di 45mila libri destinati alle carceri del Paese per permettere a chi sta dietro le sbarre “di leggere almeno un libro”.
Il suo ultimo articolo intitolato Solo una mia opinione, pubblicato poche ore prima della sua morte sul blog A Tunisian Girl, è un monito al Paese: “Siamo un popolo con la memoria corta”, scriveva domenica commentando con preoccupazione l’attualità politica in Tunisia. Il 28 gennaio, Lina Ben Mhenni avrà diritto a funerali nazionali come richiesto dalla famiglia: “Chiediamo inoltre la partecipazione delle forze politiche democratiche e progressiste tunisine e internazionali, in memoria dell’impegno di nostra figlia”.