I carabinieri di Castello di Cisterna hanno notificato questa mattina gli arresti domiciliari a cinque loro colleghi, accusati di corruzione. Le indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli e condotte dal Nucleo investigativo dell’Arma, hanno fatto emergere “un vero e proprio asservimento nei confronti dei clan della zona di Sant’Antimo (Napoli), i Puca” che consentiva, secondo gli investigatori, l’immunità alla camorra locale. Il gip di Napoli ha disposto i domiciliari anche per il boss Pasquale Puca – che però è già detenuto al 41 bis – e per l’ex presidente del consiglio comunale di Sant’Antimo, Francesco Di Lorenzo. Il giudice però ha escluso per tutti l’aggravante mafiosa. Altri tre carabinieri sono stati sospesi per un anno dall’esercizio del pubblico ufficio.

La Procura di Napoli ha chiesto la misura cautelare anche per concorso esterno in associazione mafiosa e altre ipotesi di reato nei confronti dei carabinieri arrestati oggi, ma la richiesta non è stata accolta dal giudice. La Procura però ha proposto appello. La ricostruzione dei fatti, risalenti al 2017, è stata avviata grazie alle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia e le indagini hanno evidenziato la sistematicità e la spregiudicatezza delle condotte, ritenute dall’accusa particolarmente gravi. È emerso l’asservimento al boss Pasquale Puca, anche da parte dell’ex consigliere comunale Francesco di Lorenzo. Ma è stata scoperta dalle indagini della Dda pure un’attività di dossieraggio e un vero e proprio attentato nei confronti di un maresciallo, Giuseppe Membrino, che si opponeva al clan Puca.

Il maresciallo, particolarmente attivo nella lotta alla camorra di Sant’Antimo, venne pedinato e ripreso mentre si incontrava con una donna, sua informatrice. Le registrazioni vennero poi fatte recapitare nella cassetta della posta della casa del militare. Ciononostante l’attività del maresciallo è continuata con la stessa intensità. Ed è stato così che il clan ha poi deciso di far esplodere sotto la vettura del carabiniere una potente bomba carta. Questo episodio ha indotto l’Arma dei Carabinieri a disporre il trasferimento del maresciallo, per tutelare la sua incolumità.

I carabinieri agli arresti domiciliari con l’accusa di corruzione sono Michele Mancuso, Angelo Pelliccia, Raffaele Martucci, Vincenzo Palmisano e Corrado Puzzo. La misura interdittiva di un anno è stata disposta invece per Vincenzo Di Marino, indagato per rivelazione del segreto d’ufficio e omissione, il capitano Daniele Perrotta, che deve difendersi dall’accusa di omissione di atti d’ufficio, e Carmine Dovere, indagato per abuso d’ufficio.

“La fiducia nei confronti dell’Arma dei carabinieri è stata sempre massima e intatta“, ha spiegato il procuratore di Napoli, Giovanni Melillo, commentando le condotte ritenute “infedeli” di otto militari, quand’erano in servizio nella zona di Sant’Antimo. Il generale Canio Giuseppe La Gala, comandante provinciale dei carabinieri di Napoli, ha aggiunto: “La condotta dei carabinieri arrestati non ha inficiato l’azione di contrasto alla camorra dell’Arma”. “I fatti sono un po’ datati (risalgono al 2017) – ha spiegato La Gala – e alcuni militari non sono più in servizio a Napoli. Grazie agli anticorpi dell’arma siamo riusciti a fare luce sulle azioni infedeli dei carabinieri”, ha concluso il generale.

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