Novanta condanne a pene tra i 12 anni e i 16 mesi e una assoluzione. Questa la sentenza del giudice dell’udienza preliminare di Bari Rossana de Cristofaro nell’ambito del processo “Pandora”, con il rito abbreviato, ribattezzato così dal nome del vaso della mitologia greca all’interno del quale sarebbero racchiusi tutti i mali della mafia barese degli ultimi 15 anni.
Alla lettura del dispositivo, nell’aula bunker di Trani, hanno assistito anche il procuratore Giuseppe Volpe, accanto ai pm che hanno coordinato le indagini, Lidia Giorgio e Renato Nitti. Gli imputati, tutti affiliati ai due clan Diomede-Mercante e Capriati di Bari, rispondevano a vario titolo di associazione mafiosa pluriaggravata, tentati omicidi, armi, rapine, furti, lesioni personali, sequestro di persona e violazioni della sorveglianza speciale.
Tra le condanne più elevate ci sono quelle inflitte nei confronti dei presunti boss di Bari e Bitonto Nicola Diomede (11 anni e 4 mesi) e Domenico Conte (10 anni e 8 mesi) e del pregiudicato Gioacchino Baldassarre (12 anni), ritenuti i capi organizzatori dei due gruppi criminali. Il gup ha condannato gli imputati anche al risarcimento danni, da quantificarsi in sede civile, nei confronti delle parti civili costituite nel processo, i Comuni di Bari (assistito dall’avvocato Giuseppe Buquicchio) e di Terlizzi e l’associazione Antiracket di Molfetta.
Le indagini dei Carabinieri del Ros hanno documentato più di un decennio di affari illeciti e le ramificazioni dei due clan, federati tra loro, nell’intera regione, da Bitonto a San Severo, passando per Altamura, Gravina, Valenzano, Triggiano e il Nord Barese, accertando anche collegamenti con le altre organizzazioni criminali pugliesi, oltre a rapporti commerciali (per l’approvvigionamento della droga) con ‘Ndrangheta, Cosa Nostra e Camorra.