Il Comitato, che finora ha raccolto attorno a sé titoli per circa 100 milioni di euro, contesta quella che definisce una “grave violazione della par condicio tra le diverse categorie di creditori”. Accelerare la chiusura dell'operazione con Cdp, è la loro posizione, non lascia il tempo - stabilito per legge - per valutare l'offerta. A breve una nuova missiva ai commissari
Il Comitato obbligazionisti Astaldi denuncia una grave discriminazione fra i creditori e va allo scontro sulla proposta di concordato presentata da Salini-Impregilo per la società di costruzioni. Dopo aver già contestato i numeri dell’offerta, il gruppo di obbligazionisti chiede ad Astaldi, ai commissari giudiziali e al Tribunale di Roma la revoca delle assemblee convocate per il 25 febbraio e il 24 marzo. Per gli obbligazionisti, le due riunioni in questione rappresentano l’ennesima beffa per i risparmiatori. Tentano di accelerare la chiusura dell’operazione senza lasciare il tempo, stabilito per legge, per valutare l’offerta. E, in questo modo, giocano a favore delle banche creditrici e di Salini-Impregilo che punta a conquistare Astaldi per creare un campione nazionale degli appalti con il supporto di Cassa Depositi e Prestiti.
Come se non bastasse, secondo il Comitato, che finora ha raccolto attorno a sé titoli per circa 100 milioni di euro, in questa delicata fase molti intermediari bancari e finanziari stanno già contattando i clienti chiedendo di esprimere il voto per l’assemblea senza attendere il deposito della relazione che illustra i dettagli del progetto. Per gli obbligazionisti, si stanno superando i limiti in una storia su cui la Procura di Roma ha in corso un’indagine per corruzione che coinvolge gli ormai ex commissari.
Nel dettaglio, il Comitato, che sta tentando di compattare il fronte del no, ha evidenziato che le assemblee non potranno decidere a maggioranza qualificata come previsto nell’avviso di convocazione. Pena l’illegittimità. Il motivo? Siccome il piano stabilisce che una parte dei titoli vengano trasformati in azioni, la legge richiede l’assenso di ogni obbligazionista. Tutto questo per tutelare maggiormente il piccolo investitore che, se dovesse accettare la proposta, perderebbe anche la possibilità di insinuarsi al passivo in caso di un successivo fallimento della società.
“La trasformazione del rapporto obbligazionario in un rapporto azionario esclude la possibilità che si possa vincolare l’obbligazionista dissenziente alla volontà della maggioranza”, si legge nella lettera. In realtà, l’assemblea degli obbligazionisti “non ha competenza a decidere, nemmeno con la maggioranza qualificata (…) su quelle modifiche che incidono sulla natura del rapporto” prosegue la lettera che evidenzia peraltro i tempi strettissimi concessi ai piccoli risparmiatori per esaminare la relazione dei commissari giudiziali. Se infatti le banche creditrici avranno circa un mese e mezzo di tempo, i proprietari di obbligazioni Astaldi avranno invece a disposizione appena 27 giorni contro i 45 previsti dalla legge.
Non si tratta di un dato da poco se si pensa che la relazione è un documento complesso che il Comitato intende analizzare dettagliatamente. L’attuale proposta mette sul piatto per gli obbligazionisti il 38% del valore del credito. Ma, secondo il Comitato, la percentuale sarebbe in realtà molto più bassa (fra il 20 e il 25%) discriminando i piccoli investitori rispetto alle banche creditrici. In sintesi, c’è una “grave violazione della par condicio tra le diverse categorie di creditori” come spiega una nota che annuncia a breve una nuova missiva ai Commissari corredata dell’attestazione dello Studio Muneghina.