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Brexit, via libera del Parlamento europeo all’accordo di recesso. Sassoli: “Abbiamo molto più in comune di quanto ci divide”

Domani la ratifica del Consiglio Ue poi la mezzanotte del 31 gennaio segnerà il punto di non ritorno. Entro il 31 dicembre Uk e Ue dovranno raggiungere l'accordo per le relazioni future e le discussioni con Londra inizieranno i primi di marzo. Capo negoziatore sarà Michel Barnier. Ma la strada è in salita

Il Parlamento europeo ha approvato a larga maggioranza – su 683 voti validi 621 sì, 49 no e 13 astenuti- l’accordo di uscita del Regno Unito dall’Ue (“mozione Verhofstadt”) e domani Brexit sarà formalizzata col passaggio in Consiglio europeo. Il voto è arrivato dopo un lungo dibattito in aula, tra le lacrime e la rabbia chi era contrario all’uscita, colorato di sciarpe con bandiere europee e Union Jack e la scritta “always united” e un canto scozzese intonato per mano. L’accordo entrerà in vigore alla mezzanotte del 31 gennaio, sancendo la definitiva separazione che avverrà con un processo di transizione e negoziazione con Bruxelles che si concluderà il 31 dicembre 2020.

Gli eurodeputati cantano per mano – Dopo il voto il presidente dell’Europarlamento Davide Sassoli ha citato le parole di Joe Cox, l’europarlamentare laburista anti Brexit uccisa al grido di “Britain first”: “Cari amici britannici – ha detto -, addio è una parola troppo definitiva, ed è per questo che insieme a tutti i colleghi vi dico soltanto arrivederci. E voglio salutarvi con le parole di Jo Cox, la deputata britannica uccisa durante una campagnaelettorale: abbiamo molto di più in comune di quanto ci divide”. Sassoli ha poi firmato la lettera che trasmette al Consiglio l’approvazione dell’Eurocamera alla conclusione dell’accordo di divorzio del Regno Unito dall’Ue.

Dopo il voto gli eurodeputati si sono tenuti mano nella mano e hanno cantato una canzone tradizionale scozzese ‘Auld Lang Syne‘, nota come il valzer delle candele, canto di fratellanza che si intona tradizionalmente, nei Paesi di lingua inglese, in occasione degli addii (si canta anche alla mezzanotte del 31 dicembre per salutare l’anno che se ne va). Dopo il voto è intervenuto anche il capo negoziatore Michel Barnier che si è detto “toccato da questo dibattito che è stato in certi momento emozionante e ha avuto toni gravi. Siamo addolorati dal risultato del referendum ma lo rispettiamo”, ha proseguito, ricordando il compito della commissione che “è stato quello di organizzare questo recesso ed un ritiro ordinato”. Barnier ha poi promesso che in futuro si procederà con “lo stesso spirito senza aggressività ma difendendo gli interessi dell’Unione e seguendo principi ricordati da presidente von der Leyen“. Il negoziato Ue ha poi detto che “si può essere patrioti del proprio paese ma anche europei ed europeisti” e al Regno Unito ha fatto i suoi migliori auguri.

Cosa succede dal 31 gennaio – La mezzanotte di venerdì segnerà il punto di non ritorno: il Regno Unito sarà fuori dall’Unione europea, ma per Londra e l’Ue inizierà una nuova strada di trattative tutte in salita, per regolare i rapporti futuri. Nell’immediato della Brexit non si prevedono sconvolgimenti, ma le ripercussioni arriveranno, ed è inutile farsi illusioni: “Saranno conseguenze negative per tutti”, anche se i più colpiti saranno i britannici, ha evidenziato il commissario Ue all’Economia, Paolo Gentiloni. Fino a che punto i danni potranno essere limitati, dipenderà dall’accordo sulle relazioni future, che i 27 e Regno Unito dovranno raggiungere in dieci mesi. Sarà una maratona piena di insidie, hanno messo in guardia da più parti, a Bruxelles. Data la mole di questioni sul tavolo, dopo 47 anni di vita in comune, occorrerà scegliere le priorità e portarle avanti su tavoli paralleli, per non ritrovarsi ad impasse dell’ultima ora. D’altra parte il premier britannico Boris Johnson ha già annunciato di non voler chiedere un’estensione del periodo di transizione, che terminerà il 31 gennaio 2020 (un’eventuale proroga dovrebbe essere attivata entro il primo luglio).

Il pericolo di un nuovo mancato accordo resta chiaramente dietro l’angolo, anche se in questo caso a mitigare il suo effetto ci sarebbe l’Intesa di recesso, che tutela cittadini, imprese e le questioni sull’isola di Irlanda. E a complicare ulteriormente la partita, potrebbe esservi poi, la necessità di un via libera anche da parte dei 27 Parlamenti nazionali (ma è ancora presto per dire se ci sarà questa esigenza). Quello che è certo è che il 3 febbraio la Commissione Ue adotterà il mandato a trattare per il capo negoziatore Michel Barnier, a cui il Consiglio affari generali del 25 febbraio dovrebbe dare l’ok definitivo. Le discussioni con Londra inizieranno subito dopo, il 2 o il 3 marzo. Ambizione di Barnier è condurre round negoziali ogni tre settimane. Le principali linee rosse dell’Ue restano l’integrità del mercato unico, e pari condizioni di gioco (per evitare dumping di qualsiasi genere). L’obiettivo è raggiungere un Accordo commerciale di libero scambio, un’intesa sulla sicurezza, e concordare una struttura di governance. Ma in Ue avvertono: non sarà a qualsiasi costo.