Nel mezzo delle proteste che stanno scuotendo ormai da tre mesi il Cile, c’è una nuova figura che sta emergendo nel guidare lo scontento: è Victor Chanfreau, il portavoce dell’Assemblea coordinatrice degli studenti delle scuole superiori (Aces). Capelli a zazzera, sguardo fiero e indomito, con addosso magliette tre taglie più grandi della sua, fisicamente dimostra meno dei suoi 18 anni appena compiuti. Ma non nella determinazione. In poche settimane è riuscito, insieme alla sua collega Ayelen Salgado, non solo ad aprire un altro fronte di protesta, ma a far annullare e rimandare la Psu, cioè la prova nazionale di ammissione all’università, a cui gli studenti cileni iniziano ad essere preparati dall’inizio della scuola superiore. Un esame, questa l’accusa, che continua a riprodurre le disuguaglianze sociali, pilastro fondamentale dell’educazione di mercato che vige nel paese dall’epoca della dittatura.
Da due anni ha iniziato ad anteporre il suo cognome materno a quello paterno (Harambour) in omaggio al nonno Alfonso Chanfreau, militante del Mir, (Movimento della Sinistra Rivoluzionaria) arrestato nel 1974 dalla polizia segreta di Pinochet, torturato nel centro Londres 38 insieme alla compagna, e poi desaparecido. Ed è anche per questo suo vissuto familiare che si è dichiarato contrario all’accordo con cui lo scorso novembre è stato proclamato il referendum per la nuova Costituzione, firmato anche dall’Udi (Unione democratica indipendente, partito di destra che raccoglie le idee di Pinochet), “gli stessi che sono stati complici di assassini di tanti compagni durante la dittatura”.
Secondo Chanfreau “la soluzione non è la falsa pace dell’accordo, ma la lotta per le strade. Con le istituzioni che abbiamo, i cambiamenti non saranno reali, né sostanziali”. Così, dopo aver chiesto, senza risposta, che venisse cancellato l’esame nazionale di ammissione all’università previsto per il 6 e 7 gennaio, ha fatto in modo che ci fossero attacchi, disturbi e proteste nelle due giornate delle prove, tanto che il 20 per cento degli studenti non è riuscito a completarle. Inoltre – ancora è da accertare come – sono filtrate fuori le domande della prova di storia, che è stata così annullata e non verrà ripetuta, mentre le altre verranno rifatte il 27 e 28 gennaio. La ministra dell’Educazione, Marcela Cubillos, una delle più odiate del governo Piñera, che ha mantenuto la linea dura del non dialogo, nel pieno delle proteste ha detto che Chanfreau dovrebbe essere escluso dal processo di ammissione all’università per il 2020, così come tutti coloro che hanno impedito agli altri di dare l’esame. Non solo. Lo ha definito anche un privilegiato, perché dopo le sue dichiarazioni, il rettore della facoltà di Pedagogia dell’Università Australe del Cile gli aveva offerto l’ammissione nella facoltà senza dover passare per la Psu. Offerta che comunque il ragazzo ha subito rispedito al mittente, “perché i privilegi o sono per tutti, o per nessuno. Finché non vedremo soluzioni concrete, non smetteremo di adoperarci e lottare contro questa prova universitaria che produce segregazione”, ha assicurato Chanfreau, che ha anche chiesto alla ministra, quando smetterà di “minacciare e reprimere gli studenti” e inizierà a “parlare di educazione”.
La lotta non si ferma dunque e i membri della Aces hanno già deciso di continuare con il boicottaggio della Psu anche nelle nuove date fissate per fine gennaio. “Porre fine alla Psu non è un atto di violenza, ma di giustizia – hanno annunciato, anche se il ministro dell’Interno ha già detto che verranno usate le nuove sanzioni più rigide previste dalla Legge antisaccheggi appena approvata -. Continueremo finché non recupereremo la dignità che ci è stata rubata. Siamo il ricambio della generazione che ha visto la fine dei suoi sogni col golpe del ’73. Non abbiamo paura e niente da perdere”.