Irricevibile. Il Consiglio superiore della magistratura rispedisce al mittente la richiesta di revocare la designazione dell'ex pm di Mani pulite a rappresentare l'organo autogoverno delle toghe all’inaugurazione dell’anno giudiziario nel distretto del capoluogo lombardo
Irricevibile. Il Consiglio superiore della magistratura rispedisce al mittente la richiesta di revocare la designazione del consigliere Piercamillo Davigo a rappresentare l’organo autogoverno delle toghe all’inaugurazione dell’anno giudiziario nel distretto di Milano. Una richiesta che va respinta sia “per i suoi contenuti, volti a sanzionare la libera manifestazione del pensiero, sia perché irrispettosa delle prerogative di un organo istituzionale”. Il Comitato di presidenza del Csm ha quindi risposto no alla Camera penale di Milano che chiedeva che l’ex pm di Mani Pulite a Milano, poi presidente di sezione in Cassazione e ora componente del Csm non presenziasse il primo febbraio nel capoluogo lombardo. “Stupisce che venga proprio da una associazione di avvocati – si legge in una lettera inviata dal vertice del Csm al presidente dei penalisti milanesi Andrea Soliani – la richiesta di censurare la libera manifestazione del pensiero“. Davigo è finito nel mirino degli avvocati dopo l’intervista rilasciata al Fatto Quotidiano sul tema della prescrizione e in generale sulla riforma della giustizia.
La richiesta degli avvocati era fondata sulle opinioni più volte espresse dal Consigliere Davigo, da ultimo ribadite in una intervista. Per la Camera penale di Milano le “esternazioni” di Davigo “negano i fondamenti costituzionali del giusto processo, della presunzione di innocenza e del ruolo dell’Avvocato nel processo penale” e “tali dichiarazioni pubbliche da parte di un magistrato sarebbero di per sé gravi, ma diventano inaccettabili se pronunciate, come nel caso del Consigliere Davigo, da un magistrato che riveste l’alta funzionale istituzionale di Consigliere del Csm”. Nella lettera inviata ieri, tra gli altri anche al presidente della Repubblica e presidente del Csm Sergio Mattarella e al vicepresidente David Ermini, per chiedere una “rivalutazione della designazione” di Davigo, si ricordava anche che “sono già state da altri sottoposte all’attenzione dell’organo titolare dell’esercizio dell’azione per eventuali profili di responsabilità disciplinare”.
Alla richiesta degli avvocati aveva replicato il Coordinamento di Area (il gruppo delle toghe progressiste), che critica l’iniziativa. “Non ci ritroviamo in diverse sue posizioni, e anzi in più occasioni le abbiamo confutate pubblicamente. Tuttavia, riteniamo inaccettabile e contrario alle regole fondamentali del vivere democratico discriminare chiunque in base alle opinioni espresse, e ancor di più tentare di privarlo del diritto di parola. Le idee non condivise si contrastano con argomenti nell’ambito del confronto e del dibattito. Tutto il resto è frutto della degenerazione culturale che il nostro Paese sta vivendo, e gli avvocati italiani dovrebbero esserne ben consapevoli”.
Dura la reazione anche di Autonomia e Indipendenza, la corrente di Davigo. “Abbiamo creduto che si trattasse di uno scherzo. Poi ci hanno detto che era tutto vero. Coloro difendono il sacro principio del contraddittorio non sopportano che un magistrato esprima una propria opinione tecnica e pretendono che venga zittito, scacciato dal suo ruolo istituzionale che ogni giorno interpreta con onore. Coloro che asseritamente si battono per il giusto processo e la presunzione d’innocenza hanno già emesso un verdetto di condanna disciplinare. Certo, siccome il Consigliere Davigo pensa e, addirittura parla, deve essere ‘tolto di mezzo’. La lettura della nota prova una triste verità: gli avvocati della Camera Penale non vogliono confrontarsi con lealtà e correttezza sulle spinose difficoltà (quelle vere) che impediscono il funzionamento della giustizia; non hanno alcuna volontà di concorrere a rendere la giustizia italiana più efficiente e più giusta trovando assai più comodo giocare il ruolo degli offesi (da cosa non si sa). Abbiamo sempre pensato che l’Avvocatura dovesse rendersi interprete del diritto di difesa costituzionalmente garantito. Oggi abbiamo capito che, nella realtà, non è così. Ma noi magistrati non ci perdiamo d’animo e continueremo nella nostra incessante opera di tutela dei principi fondanti della giurisdizione. Insieme con Piercamillo Davigo, e orgogliosamente al suo fianco”.
Anche l’ordine degli avvocati di Torino aveva protestato contro le posizioni del magistrato chiedendo che Procura generale presso la Cassazione aprisse immediatamente un procedimento disciplinare.