All'imputato, all’epoca dei fatti presidente della Commissione Bilancio del Senato, ha inflitto un anno e tre mesi. Assolto dai reati di induzione indebita a dare o promettere utilità e di bancarotta fraudolenta patrimoniale "perché il fatto non sussist
Poco più di un mese fa aveva incassato un’assoluzione per un’altra vicenda, quella del porto di Molfetta. Oggi invece il Tribunale di Trani ha condannato l’ex senatore di Forza Italia Antonio Azzollini ad 1 anno e 3 mesi di reclusione (pena sospesa) per il reato di concorso in bancarotta semplice per mancata tempestiva richiesta di fallimento, con l’aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità, al termine del processo sul crac da 500 mila euro dell’ente ecclesiastico Casa della Divina Provvidenza di Bisceglie, ora in regime di amministrazione straordinaria. Azzollini, all’epoca dei fatti presidente della Commissione Bilancio del Senato, è stato assolto dai reati di induzione indebita a dare o promettere utilità e di bancarotta fraudolenta patrimoniale “perché il fatto non sussiste“. Come pena accessoria Azzollini – per cui nel 2015 c’era stata una richiesta d’arresto che fu rigettata da Palazzo Madama e annullata dal Tribunale del Riesame di Bari – è stato dichiarato “inabilitato all’esercizio di una impresa commerciale” per sei mesi e “incapace per la stessa durata ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa”. Oltre Azzollini, altri dieci imputati sono stati condannati a pene comprese tra i 7 anni e gli 8 mesi di reclusione.
La condanna più elevata, alla pena di 7 anni di reclusione, è stata inflitta nei confronti di suor Assunta Puzzello, a capo dell’ente Casa di Procura Istituto Ancelle della Divina Provvidenza, ritenuta responsabile del reato di bancarotta fraudolenta e documentale in concorso. La religiosa è stata assolta da altre accuse di bancarotta fraudolenta e impropria e dal reato di associazione per delinquere, come gli allora amministratori e consulenti dell’ente ecclesiastico Antonio Battiante e Dario Rizzi, condannati a 6 anni di reclusione. Anche nei loro confronti è stata disposta l’interdizione all’esercizio di una impresa commerciale e ad esercitare uffici direttivi presso qualsiasi azienda, per la durata di 6 anni e 6 mesi suor Puzzello e 5 anni e 6 mesi gli altri due.
Per la bancarotta il Tribunale ha poi condannato gli altri ex direttori generali dell’ente Antonio Albano (5 anni e 6 mesi di reclusione e interdizione per 5 anni) e Giuseppe D’Alessandro (3 anni di reclusione e interdizione per 2 anni e 8 mesi), il consulente Rocco Di Terlizzi (1 anno e 6 mesi di reclusione e interdizione di 1 anno), l’ex presidente del consiglio comunale di Bisceglie Angelo Belsito (1 anno di reclusione e 6 mesi di interdizione), la dipendente della Cdp di Foggia Adrijana Vasiljevic (2 anni e 4 mesi di reclusione e 1 anno e 4 mesi di interdizione) e il commercialista barese Augusto Toscani (2 anni e 6 mesi di reclusione e 1 anno e 6 mesi di interdizione). Condanna anche per l’ex direttore amministrativo della sede di Foggia Lorenzo Lombardi a 8 mesi di reclusione per favoreggiamento personale. Gli imputati – tutti tranne Azzollini, Albano e Lombardi – sono stati inoltre condannati a risarcire in solido tra loro la costituita parte civile Congregazione Ancelle della Divina Provvidenza, con pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva di 500mila euro. Per un dodicesimo imputato, suor Rita Cesa, è stato dichiarato il non doversi procedere perché deceduta.
La congregazione Ancelle della Divina Provvidenza aveva cessato la propria attività d’impresa ma due anni fa le strutture ospedaliere di Bisceglie, Foggia e Potenza, i 1.500 lavoratori per oltre 25mila pazienti assistiti, erano stati salvati. Il crac accertato dalla gestione commissariale ammontava ad oltre 500 milioni di euro nei confronti di più di 2mila creditori. Sul caso nell’ottobre del 2018 erano state emesse le prime condanne. Prima verità processuale sul crac da 500 milioni di euro causato dalla vecchia gestione della Casa della Divina Provvidenza di Bisceglie. Il giudice per l’udienza preliminare di Trani aveva emesso tre sentenze di condanna e un’assoluzione al termine del processo-stralcio con rito abbreviato chiesto da 4 dei 17 imputati. Il giudice aveva condannato a due anni di reclusione l’allora rappresentante sindacale aziendale dell’ente Michele Perrone; a un anno di reclusione l’ex consulente fiscale della casa di cura, Antonio Damascelli, e Luciano Di Vincenzo, amministratore di Ambrosia Technologies, società che forniva i pasti ai degenti della struttura. Il gup, inoltre, aveva concesso ai tre la sospensione della pena e li ha condannati al risarcimento dei danni da liquidarsi in sede civile, in favore della Congregazione Ancelle Divina Provvidenza, parte civile nel processo. Il gup Angela Schiralli aveva invece assolto Agatino Lino Mancusi, ex vicepresidente del Consiglio regionale della Basilicata “perché il fatto non sussiste”. L’indagine partì subito dopo la richiesta di fallimento dell’ospedale, arrivata anche grazie al nuovo corso di Papa Francesco sulla trasparenza dei conti vaticani e alla collaborazione dello Ior.
Il Tribunale ha anche ordinato la trasmissione degli atti alla Procura per falsa testimonianza a carico di quattro persone, dipendenti e consulenti della struttura sentiti durante il processo e che, secondo i giudici, avrebbero mentito. Si tratta di Antonio e Attilio Lo Gatto, padre e figlio, Ciro Dattoli, tutti e tre ex dipendenti dell’ente ecclesiastico e dell’ex consulente Nicola Pappalettera. In particolare, i Lo Gatto erano ritenuti i grandi accusatori dell’ex senatore assolto dalla bancarotta fraudolenta e dal reato di induzione indebita. Quest’ultima accusa riguardava un presunto “atteggiamento di prevaricazione” dalla “portata intimidatoria” di Azzollini sull’allora madre superiora, con la frase “da oggi in poi comando io, se no, vi piscio in bocca” che – stando al racconto dei due testimoni Lo Gatto – sarebbe stata pronunciata nel 2009 dall’ex senatore di Forza Italia. Vicenda che oggi il Tribunale ha giudicato insussistente, assolvendo Azzollini in questo caso.