Libano, Iraq, Giordania e Lega Araba bocciano il piano per la pace proposto da Donald Trump per il Medio Oriente, che prevede “due stati e Gerusalemme capitale indivisa del Paese”. E che, in sostanza, piace soltanto a Stati Uniti e Israele. E un altro no deciso, di peso, arriva dalla Turchia: per il presidente Recep Tayyip Erdogan, che ha definito il suo “un Paese centrale in Medioriente”, “è inaccettabile”, perché “ignora i diritti dei palestinesi e mira a legittimare l’occupazione israeliana. Non servirà né alla pace né alla ricerca di una soluzione”. E soprattutto Gerusalemme non può cadere sotto la giurisdizione di Israele perché “è sacra per i musulmani”. Non arriva invece un no perentorio da Mosca, che sta analizzando il piano e attende ulteriori informazioni dal primo ministro israeliano. “Continuiamo ad analizzare le informazioni e studiare il piano preparato dall’amministrazione Usa – ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. – domani si svolgerà un incontro con Netanyahu e verranno ricevute informazioni di prima mano”. Interviene anche la Francia, che insiste per una soluzione dei due stati che rispetti il diritto internazionale.
Il mondo arabo contro la proposta di Trump – In una nota diffusa dal suo ufficio, la massima autorità religiosa sciita dell’Iraq, il Grande Ayatollah Ali al-Sistani, ha parlato di piano “destinato al fallimento” e il primo ministro libanese Hassan Diab , sulla stessa linea, ha espresso la sua solidarietà alla ”causa palestinese”. Su Twitter, Diab ha scritto che “Gerusalemme resterà la bussola e la Palestina rimarrà la causa” mentre la Lega Araba ha denunciato che il piano implica “un gran numero di violazioni dei diritti dei palestinesi” e che “molte delle idee di compromesso” proposte dalla roadmap messa a punto dagli Usa sono “inaccettabili”.
L’Arabia Saudita, pur esprimendo “apprezzamento” per gli sforzi di Trump e incoraggiando “l’avvio di negoziati di pace diretti tra israeliani e palestinesi”, ha sottolineato che si adopererà per salvaguardare i diritti del popolo palestinese. “La vostra causa è la nostra causa e la causa del popolo arabo e musulmano. Noi siamo con voi”, ha detto re Salman al presidente dell’Autorità nazionale palestinese Mahmoud Abbas, che ha ringraziato il re saudita per la sua posizione a favore di uno Stato palestinese indipendente all’interno dei confini del 1967 con Gerusalemme est come capitale. Da ricordare però che solo due giorni fa il ministro degli Esteri di Riad, il principe Faisal bin Farhan, ha puntualizzato che i cittadini israeliani non sono i benvenuti in Arabia Saudita. “La nostra politica è chiara – ha detto-. Non abbiamo rapporti con Israele e i titolari di passaporto israeliano non possono al momento recarsi in visita nel Regno”.
Cosa prevede il piano per la pace di Trump – La carta per tentare di sbloccare la questione mediorientale è la “soluzione dei due stati”, prima ripudiata da Donald Trump, ora rimessa in gioco dal presidente americano nella speranza di mettere in difficoltà i responsabili palestinesi, e costringerli ad accettare un piano che il tycoon sogna passi alla storia. La proposta è dettagliata in 80 pagine messe a punto in tre anni di lavoro coordinato dal genero del presidente, Jared Kushner. L’orizzonte fissato per raggiungere “l’accordo del secolo” è di quattro anni.
La soluzione dei due Stati – Rispolverata dalla Casa Bianca, prevede la nascita di uno stato della Palestina a fianco dello stato Israele che dovrà essere riconosciuto dai palestinesi. Una posizione da sempre appoggiata da gran parte della comunità internazionale a partire dall’Europa.
L’ambiguità su Gerusalemme – Il piano di pace targato Trump non è scevro di contraddizioni. E se da un lato il presidente americano apre alla possibilità di Gerusalemme est capitale del futuro stato della Palestina, con tanto di apertura di un’ambasciata Usa, dall’altro si afferma che “Gerusalemme resta e resterà la capitale indivisa di Israele”.
Gli aiuti ai palestinesi – La promessa è quella di convogliare almeno 50 miliardi di dollari in investimenti, con ben 30 pagine delle 80 del piano Trump dedicate ai progetti economici per i palestinesi. “Ci sono molti Stati pronti a investire”, ha assicurato il presidente americano.
Stop alle colonie per 4 anni – I progetti per i nuovi insediamenti israeliani in Cisgiordania e negli altri territori palestinesi vengono congelati per tutto l’arco di tempo in cui sono previsti i negoziati. La promessa è quella di raddoppiare la porzione di territorio sotto il controllo palestinese.
Annessione della Valle del Giordano – Il piano Trump prevede la sovranità di Israele sulla Valle del Giordano. Il premier israeliano Netanyahu domenica chiederà al governo di votare l’annessione.
Stop al terrorismo – Il piano Trump condiziona l’accordo di pace a un serio impegno di smilitarizzazione e disarmo da parte palestinese e contro il terrorismo.