Un intero comune in fibrillazione, quello di Calatafimi, in provincia di Trapani. Mentre a Pozzallo, in provincia di Ragusa, il circolo di Legambiente ha deciso di autosciogliersi. Sono gli effetti di due progetti per la costruzione di impianti di biogas, attualmente in discussione ai due poli opposti della Sicilia. Tutto cio mentre i pm antimafia di Palermo indagano sul piano regionale per i rifiuti, da anni in calendario e ancora non approvato. E i due progetti privati stridono proprio con quel piano – che prevede una rete di strutture pubbliche – tuttora fermo. Il 28 gennaio i pm hanno ascoltato l’assessore all’energia, Alberto Pierobon. “Spero di avere definitivamente chiarito ogni aspetto che mi riguarda. Ho un progetto da portare avanti e farò di tutto per andare fino in fondo”, ha detto l’assessore ai giornalisti al termine dell’interrogatorio. L’inchiesta riguarda un affare di oltre 15 milioni con al centro l’imprenditore mafioso Vito Nicastri e il faccendiere Paolo Arata, arrestati insieme ai rispettivi figli e ai due funzionari della Regione che avrebbero preso le tangenti, e accusati, a vario titolo, di corruzione e intestazione fittizia di beni. Da questa inchiesta è nato il filone d’indagine, inviata a Roma per competenza territoriale, sulla presunta tangente pagata da Arata all’allora sottosegretario leghista Armando Siri. Per la procura di Palermo il professore genovese era socio occulto di Nicastri, a sua volta indicato come vicino al latitante Matteo Messina Denaro. Proprio Arata cercava di ottenere le autorizzazioni per due impianti di biogas. E uno doveva sorgere a Calatafimi, dove adesso si discute di un altro progetto, presentato da una società dopo che i piani di Nicastri e Arata si sono arenati.
“Con questa riforma toglieremo il business dalle mani dei privati“, disse il presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci, presentando la riforma dei rifiuti in aula. Soffermandosi proprio sul progetto di un impianto pubblico di compostaggio, già appaltato “proprio lì dove c’erano gli interessi di Arata e company”. E invece dell’impianto citato non c’è ancora traccia e in città si discute di un progetto privato per il trattamento dei rifiuti urbani, “con produzione di bio-metano e compost di qualità”. Il carteggio risale all’estate 2018, ma nel frattempo all’ombra dei templi di Segesta è stato eletto il nuovo sindaco. Che lo scorso 28 dicembre ha convocato un consiglio comunale aperto, su pressione delle associazioni ambientaliste. L’impianto dovrebbe sorgere in località Gallitello – a due passi dall’autostrada – proprio come quello presentato dalla Solgesta riferibile al duo Arata-Nicastri, formalmente intestata a dei prestanome. Ed è singolare che i dati del vecchio progetto vengano espressamente comparati nel nuovo, tra i documenti presentati alla Regione per ottenere la Via (valutazione d’impatto ambientale). E se dal “calcolo matriciale” – ottenuto dalla sommatoria di 12 parametri – quello della Solgesta aveva un impatto ambientali pari a 41, l’impianto adesso in esame si ferma a 40.
Il nuovo progetto è stato presentato dalla Owac srl, una società palermitana operativa “nel recupero di energia dai rifiuti“, amministrata dall’ingegnere Rocco Martello. Un nome emerso dalle indagini della Procura di Palermo sulla discarica della Oikos che lo individuarono “quale consulente ambientale” di Antonino Leonardi della Sicula Trasporti, proprietaria della più grande discarica siciliana a Grotte San Giorgio (tra Catania e Lentini). E in effetti – nel portfolio della Owac – sono molti i progetti sviluppati per la società catanese specializzata nel ciclo dei rifiuti. “Noi ci chiediamo perchè questo impianto deve essere fatto a Calatafimi, visto che qui la raccolta differenziata da anni sfiora quasi il 70%, perchè sottoporci all’arrivo di camion e rifiuti da tutta la Sicilia?”, si chiede l’ambientalista Salvatore Gucciardo. “Poi nel progetto viene evidenziata la distanza dell’impianto da due aree sotto tutela a dieci e dodici chilometri – aggiunge – ma ce ne sono altri più vicini che non vengono citati”. E si tratta di un sito d’interesse comunitario lontano solo 2 chilometri, il bosco Angimbè a 5 km e un bosco di lecceta a 8 km di distanza.
Una situazione simile si sta verificando dall’altra parte della Sicilia, tra Pozzallo e Modica. Nella Sicilia sud orientale si discute di un impianto di biometano alimentato “solo da scarti e sottoprodotti dell’agricoltura”. A partire da quelli provenienti dagli allevamenti di pollame della Avimecc di Michele Leocata, amministratore anche della “Biometano Ibleo società agricola“, società titolare del progetto presentato al comune di Modica. Che lo ha accettato, scatenando al disapprovazione dei cittadini della vicina Pozzallo. L’impianto – che tra i soci vede anche l’ex europarlamentare Giovanni La Via – dovrebbe essere costruito in contrada Zimmardo-Bellamagna, in territorio modicano, ma a 700 metri di distanza dal primo nucleo abitato di Pozzallo. “La delocalizzazione dell’impianto rimane, dunque, prioritaria e fondamentale per i soci e per il direttivo del Circolo”, si legge in una nota degli attivisti di Legambiente Pozzallo, che in rottura con i vertici nazionali dell’associazione, ha deciso di autosciogliersi. “Tale posizione è stata però valutata come incompatibile con quella ufficiale di Legambiente – prosegue la nota -, essendo comunque determinati a difendere e portare avanti la nostra linea, ma, nello stesso tempo, non intendendo infrangere le regole dell’Associazione, così come ci è stato restituito dai vertici di Legambiente riteniamo più opportuno liberarci dal vincolo associativo”. Il caso inoltre è stato discusso la scorsa settimana in commissione Ambiente all’Ars e nel frattempo anche il sindaco Roberto Ammatuna – dopo un consiglio comunale aperto a novembre – si è opposto al progetto, presentando ricorso al Tar.