Non ce l’ha fatta ad avere giustizia Domizio Bergamini prima di morire. Il padre di Denis, il giocatore del Cosenza ucciso nel 1989, si è spento nella sua casa di Boccalone di Argenta, in provincia di Ferrara. Per 30 anni ha lottato per conoscere la verità sulla morte del figlio per la quale ci sono stati un processo, all’inizio degli anni Novanta, concluso con l’assoluzione del camionista, una seconda inchiesta archiviata nel 2014 e una terza indagine ancora in corso con tre persone iscritte nel registro degli indagati per omicidio volontario.
Con dignità e senza mai mollare, dal 1989 Domizio Bergamini ha urlato che il figlio era stato ucciso. Per questo, con la figlia Donata, Domizio aveva chiesto e ottenuto la riapertura del fascicolo dopo l’ultima archiviazione. I familiari del calciatore, infatti, non hanno mai creduto alla versione che Denis Bergamini sia tolto la vita facendosi travolgere da un camion sulla statale 106, all’altezza di Roseto Capo Spulico.
Stando a quanto è trapelato dagli ambienti giudiziari, la Procura di Castrovillari ipotizza che si sia trattato di un omicidio per il quale risultano indagati l’allora fidanzata di Bergamini, Isabella Internò, e l’autista del camion Raffaele Pisano. In un’intervista a Raisport rilasciata nel 2017, dopo aver riaperto l’inchiesta, l’ex procuratore di Castrovillari Eugenio Facciolla aveva detto che “non è stato un suicidio”.
“Vogliamo approfondire, con le tecniche di cui oggi si dispone – erano state le parole del magistrato, oggi trasferito dal Csm a Potenza perché indagato per corruzione – tutti i possibili aspetti di quello che non è un suicidio. Emerge un mix di questioni sentimentali e di questioni legate ad altre tematiche”. Secondo la Procura di Castrovillari, il sospetto è che Bergamini fosse già morto quando fu investito dal camion in un’incidente stradale del quale l’unica testimone oculare è l’ex fidanzata del giocatore del Cosenza.
Denis non avrebbe avuto alcun motivo di suicidarsi. In quel momento era il punto di riferimento del Cosenza in serie B e l’anno successivo avrebbe avuto la possibilità di giocare con il Parma o con la Fiorentina. Eppure, la fidanzata raccontò il contrario, descrivendo gli attimi in cui Bergamini scese dalla sua Maserati e si lancio sotto le ruote del camion di Pisano: “Voleva lasciare il calcio. L’ho sentito dire: ‘Ti lascio il mio cuore, ma non il mio corpo’. E poi si è tuffato”.
Per i legali della famiglia Bergamini, quella è stata sempre una versione di comodo che non hanno mai accettato. Secondo gli avvocati di Domizio e Donata Bergamini, invece, le perizie di parte dimostrerebbero che Denis sarebbe morto per un’emorragia dovuta alla recisione dell’arteria femorale. Solo in un secondo momento, infatti, il camion sarebbe passato sul suo corpo rimasto stranamente quasi intatto, con i vestiti puliti e con l’orologio perfettamente funzionante.
Un paio d’anni fa, la Procura di Castrovillari ha fatto riesumare la salma e l’indagine è ancora in corso. Domizio Bergamini non potrà più conoscere la verità sulla morte del figlio, il numero 8 rossoblù la cui maglia è stata ritirata dal Cosenza in segno di rispetto per il centrocampista. Non sarà data a nessuno fino a quando non ci sarà piena luce su cosa è successo a Denis. “Il presidente Eugenio Guarascio e la Società Cosenza Calcio – si legge in una nota stampa – esprimono profondo cordoglio per la morte di Domizio Bergamini, padre di Denis, il compianto centrocampista rossoblù. Domizio e la sua famiglia si sono battuti per far emergere la verità sulla morte del numero otto del Cosenza. Alla figlia Donata e all’intera famiglia le nostre condoglianze”.