La fondazione Open, cioè quella che è stata la cassaforte della scalata politica di Matteo Renzi, “ha rimborsato spese a parlamentari e ha messo a loro disposizione carte di credito e bancomat”. Anche per questo motivo “appare aver agito da articolazione di partito politico, in quanto vi sono i riferimenti alle primarie dell’anno 2012, al ‘comitato per Matteo Renzi segretario, alle ricevute di versamento da parlamentari”. Lo scrivono i giudici del Tribunale del Riesame di Firenze nelle motivazioni della sentenza di rigetto del ricorso presentato dai legali di Marco Carrai, indagato per l’ipotesi di reato di finanziamento illecito ai partiti nell’inchiesta della procura toscana sulla medesima fondazione. I giudici in pratica confermano il decreto di perquisizione e sequestro di documenti e supporti informatici disposto dalla procura fiorentina ed eseguito dai militari della guardia di finanza il 26 novembre scorso.
“Gli esiti dell’attività investigativa svolta evidenziano significativi intrecci tra prestazioni professionali rese dall’avvocato Bianchi e da suoi collaboratori e finanziamenti alla Fondazione Open“, pertanto “risultava necessario, al fine di compiutamente vagliare le condotte attribuite all’indagato” Carrai, “accertare quali fossero stati, nel dettaglio, i rapporti instauratisi tra Fondazione Open e i soggetti finanziatori di tale Fondazione“, continuano i giudici. Il passaggio che definisce la fondazione come “articolazione di partito politico” è fondamentale perché a questo è legata l’accusa di finanziamento illecito contestato Carrai, ex membro del cda Open. Per i giudici il ruolo dello storico amico di Matteo Renzi emerge pure da documenti sequestrati all’avvocato Alberto Bianchi, che di Open era presidente ed è indagato nell’inchiesta. Inoltre per il tribunale merge “un’intromissione” di Carrai “nell’adempimento dell’incarico professionale affidato all’avvocato Bianchi dal gruppo Toto”. Pertanto, concludono, perquisizione e sequestri sono legittimi poiché necessari per “ricostruire i rapporti di indagati Carrai e Bianchi coi finanziatori di Open”.
Alcune settimane fa il Riesame aveva rigettato i ricorsi presentati da alcuni imprenditori perquisiti senza essere indagati in qualità di finanziatori della ex cassaforte del Giglio magico. Aveva invece rinunciato a un nuovo ricorso al riesame l’avvocato Antonio D’Avirro, difensore di Bianchi, per il quale la procura fiorentina ipotizza i reati di traffico d’influenze e finanziamento illecito ai partiti. Lo studio di Bianchi era già stato perquisito dalle fiamme gialle lo scorso mese di settembre, e Il 24 ottobre scorso il tribunale aveva respinto la richiesta dissequestro.
Nelle motivazioni di quel provvedimento i magistrati ricostruivano come il gruppo Toto avesse compiuto operazioni “dissimulatorie” per finanziare la fondazione, riferendosi a un incarico per un contenzioso con Autostrade affidato allo studio legale di Bianchi dalla Toto Costruzioni Generali. Secondo i giudici tra i Toto e l’avvocato nel 2016 c’erano “rapporti molto intensi”. Secondo i giudici, Bianchi aveva “girato” alla Fondazione i soldi del gruppo Toto (che nel 2016 aveva versato in chiaro 25 mila euro alla Fondazione tramite la Renexia). “I contributi volontari alla Fondazione Open e al Comitato referendario (entrambi orientati all’appoggio dell’attività politica di Matteo Renzi) – scriveva il Riesame – erano stati elargiti utilizzando la provvista esistente nel conto di Bianchi, che dal settembre 2016 mostrava un saldo attivo pari a 1.095.550, formatosi proprio grazie al versamento effettuato dalla Toto Costruzioni”. Quelle operazioni, “tenuto conto – scrivono i giudici – del loro peculiare profilo temporale e dell’entità delle somme versate alla Open, appaiono dissimulatorie di trasferimento di denaro da Toto Costruzioni Generali” alla Open.