Uccise 10 persone dai raid russi e governativi nella regione nord-occidentale occupata dai ribelli sostenuti dalla Turchia. Scuole, dispensari medici, cliniche e ospedali sono stati distrutti o danneggiati dai bombardamenti e sono inagibili
Raid di aerei russi e governativi continuano ad abbattersi su Idlib, la regione nord-occidentale della Siria che è sotto il controllo delle forze ribelli anti-Assad sostenute dalla Turchia. Negli ultimi due mesi 390mila civili siriani sono stati sfollati: secondo quanto diramato dall’ufficio dell’Onu per il coordinamento umanitario (Ocha) si tratta in gran parte donne e bambini provenienti da un’area dove scuole, dispensari medici, cliniche e ospedali sono stati distrutti o danneggiati dai bombardamenti e sono inagibili. E dove oggi sono ammassati circa 3 milioni di civili con urgente aiuto di sostegno umanitario in una situazione aggravata dalla rigidità dell’inverno e dalla perdurante svalutazione della lira siriana.
L’Onu ricorda che i civili sfollati dal 15 gennaio hanno abbandonato le loro case o i campi profughi più di una volta nel giro di poco tempo, e questo aumenta la loro vulnerabilità in un’area dove il conflitto è ancora in corso e dove da dicembre forze russe e governative siriane stanno portando avanti un’intensa campagna militare aerea e di terra. I siriani, intanto, a Idlib continuano a morire, spiega l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria (Ondus) che dà conto di dieci civili, di cui sette sfollati, uccisi nelle ultime ore dai raid sulla città di Ariha, a sud di Idlib.
Le forze governative siriane, appoggiate da quelle russe, sono inoltre arrivate a ridosso del sito archeologico di Ebla, risalente al terzo millennio a.C., a Tell Mardikh. Nel sito di Ebla la missione archeologica italiana, guidata da Paolo Matthiae dell’Università di Roma “La Sapienza”, aveva rinvenuto migliaia di tavolette cuneiformi dell’archivio di Stato di una delle più importanti civiltà dell’antichità. La zona di Tell Mardikh è dal 2012 sotto controllo delle opposizioni siriane. Gran parte dei siti archeologici e dei musei archeologici dell’area sono stati protetti dalle autorità locali che hanno continuato a operare fuori dal controllo di Damasco.