Nel carcere di Taranto mancano i letti per i detenuti, ma è facile trovare droga e telefonini. È quanto emerge da una serie di inchieste aperte dalla procura della città pugliese e dalle denunce presentate dai sindacati della Polizia penitenziaria nel corso degli ultimi mesi. Telefonate con parenti, amici o tra detenuti ospitati in celle diverse. Parlano di tutto: vita privata, sport, ma soprattutto droga. Gestiscono gli affari fuori dalle mura del carcere, ma studiano sistemi per portarla all’interno dell’istituto penitenziario.
L’ultima operazione risale a pochi giorni fa: sono stati i carabinieri di Taranto a eseguire una serie di perquisizioni nelle celle del carcere ritrovando droga e soprattutto telefonini coi i quali i detenuti non solo comunicavano con i parenti, ma formulavano richieste di approvvigionamento di stupefacenti. Cocaina e hashish arrivavano tramite i parenti che visitavano detenuti e non sono pochi le donne e gli uomini, familiari di carcerati, coinvolti nell’inchiesta perché pizzicati con droga poco prima di essere ammessi ai colloqui all’interno dell’istituto. Madri, mogli e amici dei detenuti sono finiti nel mirino degli investigatori: complessivamente sono 17 le persone indagate solo nell’ultima inchiesta. Ma in passato gli stupefacenti erano arrivati anche attraverso dei droni.
È accaduto a ottobre scorso quando una donna, dall’esterno della struttura, ha guidato il piccolo velivolo fino alla finestra della cella nella quale si trovava rinchiuso il suo convivente. A mandare all’aria il piano, però, è stato un cavo utilizzato dai detenuti per stendere la biancheria: le eliche del drone si sono scontrate contro il cavo e il mezzo è precipitato. Gli agenti hanno così ritrovato il piccolo, ma prezioso carico: 280 grammi circa di hashish, poco più di 2 grammi di cocaina e due mini telefoni cellulari. Strumenti evidentemente fondamentali per chi si ritrovato ristretto in carcere: al punto che stando a quanto raccontano le carte dell’inchiesta, i dispositivi e soprattutto le sim card, spesso intestate a ignari cittadini extra comunitari, vengono sostituiti con cadenza settimanale. Nelle carte dell’ultima inchiesta i carabinieri hanno scritto che dalle indagini condotte sinora si può affermare che “numerosi detenuti di alcune sezioni del carcere di Taranto hanno in uso o nella loro disponibilità diversi telefoni cellulari introdotti da parenti”.
Tutto questo nel carcere per i sindacati è l’istituto in percentuale più affollato di Italia. Già perché la casa circondariale dedicata a “Carmelo Magli”, agente ucciso il 18 novembre 1994 da alcuni sicari dei clan che in quegli anni dominavano il capoluogo ionico, è ritenuto dagli addetti ai lavori la struttura che presenta il maggiore sovraffollamento: fino a pochi mesi fa ospitava oltre 600 detenuti a fronte di una capienza di circa 300 posti. Il doppio delle sue capacità quindi secondo i dati diffusi dal Sappe, il sindacato autonomo della polizia penitenziaria. Ed è stato proprio il Sappe in numerose occasioni l’allarme: in una nota Federico Pilagati, segretario nazionale del Sappe, ha ricordato come l’organico a Taranto sia “estremamente inferiore alle necessità” e che “i controlli non possono essere fatti come si vorrebbe proprio perché il personale è scarso; e dalla caduta del drone nulla si è fatto per annullare gli effetti devastanti di tale tecnologia per cui all’interno del carcere si potrebbe trovare di tutto. Ci dicono – ha aggiunto – che non ci vorrebbero tanti soldi per schermare il carcere per rendere inutilizzabili telefonini e droni, ma ciò non sembra interessare nessuno”.
Ma prima di arrivare alle tecnologie più avanzate, il Sappe ha posto nelle scorse settimane questioni molto più pratiche: il rischio che con 640 detenuti rispetto alla regolamentare di 310 posti nel carcere di Taranto ci sia il rischio di reperire letti e materassi per tutti. “A seguito del grande sovraffollamento che sembra non finire mai – scriveva il sindacato in una nota – ci sarebbero difficoltà anche a reperire letti e materassi, per cui il carcere di Taranto il più affollato della nazione, non può più ospitare detenuti, se non facendoli dormire per terra”. Una questione che, con le dovute proporzioni, riguarderebbe anche le altre carceri di Puglia: a Bari ci sono 461 detenuti per 299 posti, a Trani 364 per 227 posti, a Foggia 623 per 365 posti e infine a Lecce 1099 per 610 posti. Un quadro che, insomma, appare ancor più preoccupante alla luce delle diverse bocciature emesse dall’Europa.