Una condanna a 10 anni e 8 mesi di reclusione, oltre alla confisca di beni per 2,4 milioni di euro. È la richiesta della Procura di Lecce per l’ex pm tranese Antonio Savasta nel corso del processo con rito abbreviato in corso davanti al gup del Tribunale salentino sul “sistema Trani”, con accuse di sentenze pilotate in cambio di mazzette avvenute tra il 2014 e il 2018. Savasta fu arrestato nel gennaio 2019 assieme al collega Michele Nardi: associazione per delinquere, corruzione in atti giudiziari, falso ideologico e materiale sono i capi d’accusa. Chiesta la condanna anche per l’altro ex pm tranese Luigi Scimé (4 anni e 4 mesi), per l’avvocato Ruggiero Sfrecola (4 anni e mesi 4) e per l’avvocato Giacomo Ragno (2 anni e 8 mesi). Un’altra richiesta di 4 anni di reclusione riguarda l’imprenditore Luigi Dagostino, ex socio di Tiziano Renzi, il padre del leader di Italia Viva. Sia i genitori di Matteo Renzi che l’immobiliarista di origini pugliesi sono stati condannati in primo grado nell’ambito del processo per le fatture false in corso a Firenze. Dagostino, sempre nel capoluogo toscano, è stato condannato anche a un anno e 11 mesi in un altro processo con rito abbreviato che lo vedeva imputato sempre per fatture false.
I due magistrati Savasta e Nardi (che è a giudizio con rito ordinario) sono accusati di aver garantito esiti processuali favorevoli in diverse vicende giudiziarie e tributarie in favore degli imprenditori coinvolti nelle indagini in cambio di somme di denaro e, in alcuni casi, di gioielli e diamanti. Assieme a loro fu arrestato l’ispettore di Polizia Vincenzo Di Chiaro, a giudizio davanti al Tribunale assieme a Nardi. Le accuse risalgono al periodo compreso tra il 2014 e il 2018. Al momento dell’arresto Savasta e Nardi erano in servizio al Tribunale di Roma. Successivamente Savasta si è dimesso dalla magistratura. La Procura di Lecce, al termine della requisitoria, ha chiesto anche la confisca del presunto vantaggio patrimoniale conseguito dagli imputati. Vantaggio che è stato appunto quantificato in 2,4 milioni di euro per Savasta. Chiesta anche la confisca dei beni per gli altri imputati: per Scimè di 75mila euro, per Sfrecola e D’Agostino di 53mila euro ciascuno, per Ragno di 224mila euro.
Nel provvedimento di chiusura indagini della Procura di Lecce è stato descritto il “sistema Trani“, con a capo secondo i sostituti procuratori Roberta Licci e Giovanni Gallone l’ex gip di Trani Nardi – “promotore e organizzatore dell’associazione” – l’ex pm Savasta e l’ispettore Di Chiaro. A Savasta e Nardi viene contestata anche l’associazione a delinquere perché, si legge nel provvedimento, “si associavano tra di loro al fine di compiere plurimi delitti contro la pubblica amministrazione, contro la fede pubblica e contro l’autorità giudiziaria, avvalendosi di volta in volta della collaborazione di soggetti non facenti parte dell’associazione, per la realizzazione di specifici obiettivi mirati finalizzati a conseguire guadagni illeciti a mezzo dello sfruttamento di disponibilità economiche da parte per lo più di soggetti esercenti attività imprenditoriali coinvolti in vicende giudiziarie che venivano gestite secondo modalità operative consolidate nel tempo ed elaborate in particolare dai due magistrati sin da quando entrambi esercitavano le funzioni nel circondario di Trani”.
Il re degli outlet Dagostino è coinvolto nell’inchiesta perché, secondo l’accusa dei magistrati salentini, Savasta lo avrebbe favorito evitando di fare “i dovuti approfondimenti sul suo conto” mentre stava indagando su di lui a Trani in cambio di denaro. Secondo quanto ricostruito dal gip Giovanni Gallo nell’ordinanza che ha portato alle misure cautelari, l’allora pm di Trani riuscì insieme a Dagostino a incontrare l’allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Luca Lotti, il 17 giugno 2015 a Palazzo Chigi. Interrogato nell’aprile 2018, Dagostino riferì di aver avuto quell’incontro “tramite Tiziano Renzi”. In cambio, secondo l’accusa, Savasta non indagò mai Dagostino nell’ambito dell’indagine per false fatturazioni per circa 5-6 milioni di euro relative proprio alle sue imprese.