L’obbligo di firma è una misura “appena sufficiente a mantenere un controllo su di lei per prevenire il pericolo di reiterazione del reato”. È quanto sostenuto dal tribunale del Riesame di Roma nelle motivazioni con cui il 19 dicembre scorso ha ribadito l’obbligo di firma per Anastasia Kylemnyk, la fidanzata di Luca Sacchi, accusata del tentativo di acquisto di un ingente quantitativo di droga. I giudici della Libertà, si legge, hanno preso “atto della misura applicata dal gip su richiesta del pm (motivata con l’assenza di pregressi coinvolgimenti in episodi inerenti stupefacenti)” e per loro “sussistono pacificamente gravi indizi anche a carico di Anastasia in ordine al reato a lei ascritto”. Per la fidanzata di Sacchi e per Giovanni Princi, oltre che per altre tre persone, tra cui Marcello Del Grosso e Paolo Pirino, ritenuti gli autori materiali dell’omicidio, la Procura ha chiesto ed ottenuto il giudizio immediato.
Ritornando alla posizione di Anastasia e degli altri imputati, i giudici del Riesame hanno sottolineato che “sussiste un concreto pericolo di reiterazione del reato in ragione delle modalità del fatto e della personalità degli indagati – hanno scritto – Anche a prescindere dagli esiti drammatici di quanto accaduto quella sera, l’acquisto di ben 15 kg di marijuana denota uno stabile inserimento negli ambienti della droga da parte degli indagati che evidentemente riforniscono ad una larga clientela, tenuto conto dell’ingente quantitativo della droga acquistata. Si tratta – hanno spiegato i giudici – di un’attività che certo non è episodica ma che viene svolta con abitualità“.
Non solo. Per il Riesame, Giovanni Princi (arrestato nella vicenda dell’omicidio) poteva contare “su solidi canali di rifornimento” della droga. L’attività di spaccio di Princi è svolta “in maniera professionale da molto tempo e con ampia disponibilità. Princi – hanno specificato i giudici – ha dimostrato scaltrezza e professionalità nelle precedenti vicende nelle quali è rimasto coinvolto, si consideri a tal proposito la cautela adottata anche con i clienti da Princi che non solo ha invitato un ‘clienta’ ad utilizzare una chat criptata per contattarlo ma ha rifiutato anche di dargli il suo numero”. E ancora: “Le pregresse vicende inducono a ritenere plausibile che Princi – hanno aggiunto i giudici – abbia avuto un ruolo se non di leader, di certo di promotore della trattativa e della conclusione dell’affare”. L’indagato “ha dimostrato, legittimamente avvalendosi della facoltà di non rispondere, di non voler interrompere i rapporti con gli ambienti criminali di riferimento, in prospettiva di futuri affari”.