Bisogna varare prima possibile la riforma del processo penale che accelera i tempi delle indagini preliminari e dei procedimenti. Il motivo? Con la riforma della prescrizione, in vigore dell’1 gennaio del 2020, aumenterà il carico di lavoro della corte di Cassazione. Lo ha detto il Primo presidente della Suprema corte Giovanni Mammone nel giorno dell’inaugurazione dell’ anno giudiziario, presso la corte di Cassazione alla presenza del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Sono intervenuti anche il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, David Ermini, il procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, il presidente del Consiglio nazionale forense, Andrea Mascherin e l’Avvocato generale dello Stato, Gabriella Palmieri. Presenti anche il premier Giuseppe Conte, il presidente del Senato Elisabetta Casellati e il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede. A proposito di prescrizione il pg Salvi ha spiegato che è “necessario operare per respingere gli effetti negativi di una prescrizione che giunge mentre è intenso lo sforzo di accertamento della responsabilità, preservando al contempo il valore di garanzia dell’istituto”.

“Varare leggi per velocizzare i processi” – Mammone ha spiegato cosa succederà con la riforma che blocca la prescrizione dopo il primo grado di gudizio se l’esecutivo non dovesse approvare in tempi stretti la riforma del processo penale. “Nel momento in cui sul dato delle prescrizioni non ha ancora inciso la disciplina della sospensione dopo la sentenza di primo grado, è utile evidenziare quali conseguenze potrebbero derivare da tale innovazione al giudizio di legittimità, una volta entrata a regime e perciò non prima di cinque anni, tale essendo il termine di prescrizione per i reati contravvenzionali puniti in modo meno grave”, ha detto il presidente della Suprema corte. “Accanto ad un’auspicabile riduzione delle pendenze in grado di appello derivante dall’attesa diminuzione delle impugnazioni meramente dilatorie, si prospetta un incremento del carico di lavoro della Corte di cassazione di circa 20.000-25.000 processi per anno, corrispondente al quantitativo medio dei procedimenti che negli ultimi anni si è estinto per prescrizione in secondo grado. Ne deriverebbe un significativo incremento del carico penale (vicino al 50%) che difficilmente potrebbe essere tempestivamente trattato, nonostante l’efficienza delle Sezioni penali della Corte di cassazione, le quali definiscono già attualmente circa 50.000 procedimenti annui. Risulta, pertanto, necessario porre allo studio e attuare le più opportune soluzioni normative, strutturali e organizzative tali da scongiurare la prevedibile crisi che ne deriverebbe al giudizio di legittimità“, ha spiegato Mammone.

“Cassazione gravata da ricorsi migranti”- In pratica l’alto magistrato ha chiesto al legislatore di studiare “misure legislative in grado di accelerare il processo, in quanto ferma è la convinzione che sia la conformazione stessa del giudizio penale a dilatare oltremodo i tempi processuali“. Ma non è solo il processo che deve essere più veloce. “È necessario che le concrete misure acceleratorie vengano adottate non solo nella parte del processo successiva al primo grado, ora non più coperta dalla prescrizione, ma anche in quella anteriore, soprattutto nelle fasi dell’indagine e dell’udienza preliminare, in cui si verificano le maggiori criticità che determinano la dispersione dei tempi e la maturazione della prescrizione. Mammone poi ha lanciato un altro allarme: Per effetto del “decreto legge 17 febbraio 2017 n. 13”, cosiddetta riforma Minniti, “le impugnazioni in materia di protezione internazionale“, “prima diluite tra le Corti di appello, sono affluite tutte in Cassazione, gravando oltre modo la corte di legittimità”. Questi ricorsi erano 856 (2,8% dei ricorsi civili) nel 2017, passati a 5221 (14,1%) nel 2018, per lievitare a 10366 (26,7%) nel 2019.

Salvi: “Respingere effetti negativi della prescrizione” – Ha parlato di prescrizione anche il procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, ricordando che “è un istituto di garanzia correlato all’inerzia dei pubblici poteri e alle loro inefficienze, a presidio del diritto all’oblio” che non è “assoluto e non è senza bilanciamenti”, ed è “correlata anche al contrapposto diritto alla conoscenza e alla statuizione riparatoria sulla verità”. Ad avviso del pg, “è dunque necessario operare per respingere gli effetti negativi di una prescrizione che giunge mentre è intenso lo sforzo di accertamento della responsabilità, preservando al contempo il valore di garanzia dell’istituto”. Pur senza entrare “nel merito delle scelte attuali del Legislatore”, il Pg indica quello che ritiene “un punto critico di quel bilanciamento: la parificazione della sentenza di condanna a quella di assoluzione, ai fini degli effetti sul decorso della prescrizione”.

Salvi: “Magistrato sia moderato nelle dichiarazoni” – Salvi ha anche parlato dello scandalo nomine che ha travolto il Csm: “Il danno che il mercimonio della funzione determina all’amministrazione della giustizia è incalcolabile. Abbiamo dovuto assistere, anche in questi giorni, a farti di particolare gravità che hanno portato all’adozione, nel processo penale, delle più rigorose misure cautelari nei confronti di magistrati. Queste condotte devono trovare adeguata sanzione anche disciplinare”. Il procuratore generale della Cassazione, che è il titolare dell’azione disciplinare sui magistrati, ha lanciato un appello alle toghe: “È ricorrente la polemica circa le dichiarazioni rese dai magistrati del pubblico ministero. La moderazione nelle dichiarazioni, resa necessaria dalla precarietà dell’accertamento non ancora sottoposto alla piena verifica del contraddittorio, è manifestazione della professionalità del Capo dell’Ufficio. La comunicazione, nei toni misurati e consapevoli, deve essere tale da evitare anche solo il sospetto che non la fiducia della pubblica opinione sia ricercata, ma il suo consenso. Questa sarebbe la fine dell’indipendenza del pubblico ministero”. Il pg ha concluso la sua relazione con una considerazione: “Affidare esclusivamente al diritto penale l’orientamento valoriale di un aggregato sociale, oltre a snaturare la funzione propria del diritto penale, reca con sé rischi preoccupanti. Si esigerebbe dalla giurisdizione che le sentenze dei giudici non applichino solo norme, ma veicolino contenuti ritenuti “giusti” e tali perché ricavati non dalla Carta fondamentale ma dalla discussione mediatica. Ciò può portare a spostare le politiche pubbliche, dal fenomeno e dalla sua complessità ai soli suoi risvolti punitivi. La tentazione del ‘governo della paura‘, ha riflessi anche sul pubblico ministero”. Secondo il pg: “Dal desiderio di assecondare la rassicurazione sociale, all’idea di proporsi come inquirente senza macchia e senza paura, che esporta il conflitto sociale e combatte il nemico, il passo non è poi troppo lungo”.

Anm: “Riforma prescrizione disincentiva ricorsi”- Il presidente dell’Associazione nazionale magistrati, Luca Poniz, dal canto suo ha auspicato che “la riforma della prescrizione possa disincentivare ricorsi strumentali”. Al contrario, il sindacato delle toghe non intende scendere ad alcuna mediazione sull’ipotesi di sanzioni ai magistrati che sforano i tempi dei processi. Su questo ”siamo e saremo radicalmente contrapposti” alle posizioni del ministro della Giustizia. “E una grave distonia che muove dà presupposti sbagliati – denuncia Poniz – contraddetta anche dalla stessa visione e del ministro, che dà atto del lavoro dei magistrati “. Il ministro, è l’invito di Poniz “non ceda a una visione compensativa per cui la riforma della prescrizione è bilanciata dalle sanzioni ai magistrati”.

Bonafede: “Riforma prescrizione è conquista di civiltà” – Proprio sul fronte della riforma del processo penale, il ministro Bonafede ha spiegato come sia “noto a tutti che esistono divergenze, soprattutto per quanto concerne il nuovo regime della prescrizione entrato in vigore dal primo gennaio che io considero, personalmente, una conquista di civiltà. Ciò premesso, è in atto un confronto serrato all’interno della maggioranza per superare le divergenze e consegnare ai cittadini un processo idoneo a rispondere alle loro istanze di giustizia, garantendo tempi certi ed eliminando ogni spazio di impunità”. Il guardasigilli ha aggiunto che “contemporaneamente ci stiamo confrontando su un progetto di riforma ordinamentale della magistratura che mira a rafforzarne l’autonomia e l’indipendenza incidendo, da un lato sulla recisione di ogni possibile commistione con la politica; dall’altro lato sulla necessaria eliminazione delle cosiddette degenerazioni del correntismo”.

Bonafede: “Investimenti in assunzioni”- Ma il problema della giustizia si risolve soprattutto con nuove assunzioni. A questo proposito Bonafede ha ricordato “l’aumento di 70 magistrati nella pianta organica della Corte di Cassazione, la cui solenne attività è cruciale per il sistema giustizia e merita di essere supportata con le adeguate risorse”. Mentre per quanto riguarda gli uffici di merito, “la proposta attualmente all’esame del Consiglio Superiore della Magistratura prevede l’ampliamento delle piante organiche nel quadro quindi di una complessiva distribuzione di 600 nuovi magistrati”. Continuano, parallelamente, gli investimenti nell’edilizia penitenziaria e i lavori per far fronte al sovraffollamento carcerario e per migliorare le condizioni di lavoro del personale civile e di polizia. “Abbiamo continuato ad investire sul lavoro dei detenuti come forma principale di rieducazione, sviluppando circa 70 protocolli con vari enti per i lavori di pubblica utilità, nonché istituendo un ufficio centrale che coordina e promuove tutti i progetti in questo ambito. Nell’ultima legge di bilancio, tra l’altro, è stato dato un forte e nuovo impulso al settore dell’esecuzione penale esterna e dei minori”, ha aggiunto Bonafede. Il ministro ha poi spiegato che “è importante guardare la giustizia attraverso gli occhi dei cittadini e non solo degli addetti ai lavori: ho aperto le porte del Ministero agli operatori dei vari settori dell’economia e della società, ma anche a tanti familiari delle vittime di reati che chiedono, non vendetta, ma una risposta di giustizia”.

Ermini: “Magistrati siano disponibili a trasferirsi in sedi giudiziarie disagiate” – . Il vicepresidente del Csm, Ermini, invece ha lanciato un appello alle toghe: “Perché si raggiunga la totale copertura dei posti vacanti occorre, oltre al rigoroso e tempestivo lavoro del Csm, anche la disponibilità dei magistrati a trasferirsi nelle sedi giudiziarie che versano in situazione di difficoltà o che sono gravate da particolari carichi di lavoro”. Il vicepresidente ha poi ricordato la “gestione della mobilità ordinaria” da parte del Consiglio “frutto del lavoro congiunto di diverse commissioni, che ha consentito non solo di dare copertura a 421 posti sui 556 vacanti, ma anche di approvare il parere sul disegno di legge istitutivo delle cosiddette piante organiche flessibili”.

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