Gli scudetti si vincono contro le piccole. E con le piccole si perdono. Lo sa Carlo Ancelotti, che quindici anni fa, in un avvio d’anno orribile, perdeva tutte le chances di bissare lo scudetto vinto l’anno precedente col suo Milan. Inutile dire che i rossoneri fossero una parata di stelle: alla squadra dell’anno prima, già fortissima con Cafu, Nesta, Maldini, Pirlo, Gattuso, Kakà, Rui Costa e Sheva si erano aggiunti pure Crespo e Jaap Stam. Una gioielleria del calcio insomma. Una squadra fortissima che macina punti e bel gioco quella di Ancelotti: l’albero di Natale con Pirlo riscoperto vertice basso, Kakà sbocciato meravigliosamente e nel pieno del suo splendore, Sheva che segna a raffica.

Assi che regalano vittorie travolgenti in Italia e in Europa, subendo qualche intoppo di troppo con le squadre impegnate nella lotta salvezza, specialmente a San Siro. La stagione da campioni in carica parte infatti con un pareggio clamoroso col Livorno all’esordio (coi tifosi toscani sugli spalti tutti in bandana per prendere in giro Berlusconi), una sconfitta a Milano col Messina: punti mancanti che mandano al vertice la Juve di Capello. I rossoneri però tornano a macinare vittorie rifacendosi sotto, fino a inizio 2005, anno che si preannuncia nefasto. Prima uno 0 a 0 a Palermo, poi la vittoria casalinga con l’Udinese a illudere e poi una settimana pazzesca: la sconfitta al Picchi di Livorno per 1 a 0 (gol di Colombo) che i tifosi locali celebrano con grandi festeggiamenti anche per il suo sapore politico con sfottò a Berlusconi, all’epoca premier.

E ad allontanare ulteriormente Carletto dallo scudetto, una settimana dopo Livorno, esattamente il 30 gennaio 2005 è un altro Carletto: Mazzone, all’epoca allenatore del Bologna. In epoca pre-guardiolista e con Mazzone in panchina emblema del zero fronzoli (è sempre il mister che fermò la corsa di Carboni ricordandogli di avere fatto solo un gol in carriera) i rossoblu si presentano a San Siro consci di affrontare una corazzata e badando a difendersi e ripartire in contropiede. Scelta giusta: Pagliuca e i difensori emiliani respingono gli attacchi rossoneri mentre su un contropiede la mente illuminatissima del greco Zagorakis trova con un tacco splendido l’ex Thomas Locatelli che d’esterno fredda Dida.

Finirà così: Sheva esce infortunato, Kakà, Crespo e compagni sono imprecisi o neutralizzati da difesa e portiere rossoblù e il Milan non riesce a segnare. Una sconfitta che sembrerà porre fine alle velleità di scudetto, con la Juve che andrà a +8 sui rossoneri. Nel prosieguo però, complice il rallentamento dei bianconeri, il Milan avrà ancora l’occasione di rientrare in gioco, vanificando tutto però ancora con le piccole: in un’altra settimana orribile subendo un pareggio e una sconfitta in rimonta, prima col Brescia e poi col Siena. Lo scontro diretto vinto dalla Juventus a San Siro a 3 gare dal termine metterà la parola fine sulla stagione e sullo scudetto. E nel classico caso di studio del chi comincia male finisce peggio, il 2005 rossonero iniziato con le sconfitte decisive in chiave scudetto termina con Istabul, il Liverpool, il 3 a 0 che diventa 3 a 3, i rigori, Dudek e la Champions persa.

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