Scaricato dalla Yahama, Valentino Rossi dovrà ora capire se la stagione 2020 sarà l’ultima da pilota della MotoGp. La casa motociclistica giapponese ha deciso di puntare per il 2021 su due giovani, rinnovando il contratto a Vinales (classe 1995) e inserendo Quartararo (classe 1999) nella squadra principale. A Valentino, che il 16 febbraio festeggerà 41 anni, hanno prospettato una moto ufficiale ma nel team Petronas. Nei prossimi mesi deciderà il suo futuro, ma quello che inizia a breve potrebbe essere davvero il suo tour d’addio. Nove titoli mondiali nel suo palmares (in tutte le categorie: 125, 250, 500 e MotoGp), insegue il decimo dal lontano 2009. Un Gran Premio non lo vince da giugno 2017. L’addio poteva arrivare anche prima, ma Rossi è stato uno dei più grandi motociclisti di tutti i tempi e ancora oggi muove nel settore un indotto spaventoso. Avrà molte cose da fare, proprietario di un team lo è già, ha un fratello che potrebbe iniziare a competere nella massima categoria di moto, ha una capacità comunicativa invidiabile che lo trasformerebbe in un uomo ancor più di successo dal punto di vista manageriale. Ma smettere, trovando anche il timing giusto, per un campionissimo non è così semplice.
Gigi Buffon ha un anno più di Valentino. In estate è rincasato alla Juventus dopo una stagione in chiaroscuro al Paris Saint-Germain. È tornato da secondo per fare qualche partita in Coppa Italia e battere il record di 647 presenze in A di Paolo Maldini (eguagliato a dicembre con la Sampdoria). Al momento Sarri gli ha regalato 7 partite con squadre di bassa cilindrata, scelta abbastanza triste (anche per gli avversari tutto sommato) per un campionissimo che tra le altre cose ha vinto nove scudetti in bianconero, il campionato del mondo con la Nazionale e che avrebbe meritato un Pallone d’Oro (nel 2006 è arrivato secondo dietro a Cannavaro). Lui vorrebbe continuare anche la prossima stagione. Ma la Juve non si è mai fatta troppi scrupoli quando è stata ora di mettere alla porta qualcuno. Il suo contratto scade a fine giugno e il suo futuro appare in bilico.
Roger Federer è più giovane dei due, ne farà 39 ad agosto. Ha raggiunto questa settimana la semifinale agli Australian Open, la numero 46 nei tornei del Grande Slam. Gioca ancora a livelli altissimi, chissà come gestirà il suo declino (che in ogni caso è già iniziato) e il suo addio… Quello di Francesco Totti è stato bellissimo. Commovente vedere l’amore con cui uno stadio intero lo ha salutato dopo la sua ultima partita con la Roma nel 2017. Meno bello era stato vedere come fosse stato messo, a quarant’anni suonati, ai margini del progetto Spalletti. A giugno Totti ha dovuto da dirigente salutare una seconda volta la Roma. Ma probabilmente questo è stato più un arrivederci. Anche l’addio di Gigi Riva è stato tormentato. In Serie B col Cagliari nella stagione 1976-77 si era lentamente ripreso dopo l’ennesimo infortunio, ma il nuovo allenatore Lauro Toneatto non lo prese mai in considerazione nemmeno da guarito. Riva sbatté la porta e non giocò più una partita neanche con gli amici. Chiuse con il calcio senza alcuna gara celebrativa. “Ad un certo punto finirà anche per me la favola del calcio. Lo so e non ne farò un dramma. L’importante è sapersi ritirare senza complessi”, aveva dichiarato qualche anno prima, quand’era stato un suo vecchio compagno a dire basta.
La storia degli addii dei campionissimi è piena di ripensamenti. Mai dire mai con i fenomeni come Valentino. Sono ritornati dopo aver smesso Diego Maradona, Michael Jordan, Bjorn Borg e Muhammad Ali (il pugilato è pieno di biografie del genere, anche George Foreman è salito di nuovo sul ring). Pure il nostro Pietro Mennea si è rimesso in gioco una seconda volta dopo aver smesso. Non è per tutti abituarsi a fare i pensionati. Alcuni poi sentono più di altri la mancanza dei bonifici di prima. Uno che non ha voluto invecchiare in campo è stato invece Michel Platini. Il 17 maggio 1987 con la Juve ha giocato la sua ultima partita da calciatore. Aveva solo 32 anni e il talento nei piedi e nella testa per giocarne chissà quanti altri ancora. Ma non volle che fossero altri a dirgli, o a fargli capire senza parlare che forse è peggio ancora, quando mollare. Lui sui suoi passi non è più tornato.