Chiamate promozionali indesiderate fatte a milioni di clienti che avevano esplicitamente negato il proprio consenso alla pubblicità, perfino da chi era iscritto nelle blacklist. Fino al caso più grave: un utente chiamato 155 volte in un mese. Per queste violazioni nel trattamento dei dati degli utenti Tim è stata sanzionata dal Garante della privacy: dovrà pagare 27.802.946 euro “per numerosi trattamenti illeciti di dati legati all’attività di marketing” che hanno interessato “alcuni milioni di persone”. Dal 2017 al 2019, sono pervenute all’Autorità centinaia di segnalazioni relative, in particolare, alla ricezione di chiamate promozionali indesiderate effettuate senza consenso o nonostante l’iscrizione delle utenze telefoniche nel Registro pubblico delle opposizioni. Diversi utenti venivano chiamati nonostante avessero espresso la volontà di non ricevere telefonate promozionali. Irregolarità nel trattamento dei dati venivano lamentate anche rispetto concorsi a premi e nei moduli sottoposti da Tim agli utenti.
“Persone contattate senza il loro consenso” – “Le indagini anche con il contributo del Nucleo Speciale Tutela Privacy e Frodi Tecnologiche della Guardia di Finanza, sono emerse numerose e gravi violazioni della disciplina in materia di protezione dei dati personali. Tim – prosegue la nota – ha dimostrato di non avere sufficiente contezza di fondamentali aspetti dei trattamenti di dati effettuati (accountability)”. Tra i milioni di telefonate promozionali effettuate in sei mesi nei confronti di “non clienti” l’Autorità ha accertato che le società di call center incaricate da Tim hanno in molti casi contattato gli interessati senza il loro consenso. Una persona è stata chiamata 155 volte in un mese. In circa duecentomila casi sono state contattate anche numerazioni “fuori lista”, cioè non presenti negli elenchi delle persone contattabili di Tim.
Oltre alla sanzione, l’Autorità ha imposto a Tim 20 misure correttive, tra divieti e prescrizioni. In particolare, ha vietato a Tim l’uso dei dati a fini di marketing di chi aveva espresso ai call center il proprio diniego a ricevere telefonate promozionali, dei soggetti presenti in black list e dei “non clienti” che non avevano dato il consenso. La società non potrà più utilizzare neanche i dati della clientela raccolti mediante le app “My Tim”, “Tim Personal” e “Tim Smart Kid’’ per finalità diverse dall’erogazione dei servizi senza un consenso libero e specifico.
Fra le prescrizioni, il Garante ha ingiunto a Tim di verificare la consistenza delle black list utilizzate e di acquisire tempestivamente quelle eventualmente formate dai call center per riversarle nella propria black list. Tim dovrà inoltre rivedere il programma “Tim Party” e consentire l’accesso dei clienti a sconti e concorsi a premi eliminando il consenso obbligato al marketing. L’azienda dovrà anche verificare la procedura per l’attivazione di tutte le app, specificare sempre, con linguaggio chiaro e comprensibile, i trattamenti svolti con l’indicazione delle finalità perseguite e delle modalità di trattamento utilizzate, nonché acquisire un valido consenso. La società dovrà inoltre implementare le misure tecniche ed organizzative relative alla gestione delle istanze di esercizio dei diritti degli interessati e rafforzare le misure volte ad assicurare la qualità, l’esattezza e il tempestivo aggiornamento dei dati personali trattati dai diversi sistemi della società.
“Pagamento entro 30 giorni” – “Le misure e le implementazioni richieste – conclude il Garante per la Privacy– dovranno essere introdotte e comunicate all’Autorità in tempi stabiliti, mentre il pagamento della sanzione dovrà essere effettuato entro trenta giorni“. “Sono state rilevate poi -prosegue la nota- altre condotte illecite come l’assenza di controllo da parte della società sull’operato di alcuni call center; l’errata gestione e il mancato aggiornamento delle black list dove vengono registrate le persone che non vogliono ricevere pubblicità; l’acquisizione obbligata del consenso a fini promozionali per poter aderire al programma “Tim Party” con i suoi sconti e premi”.
“Nella gestione di alcune app destinate alla clientela, inoltre, sono state fornite informazioni non corrette e non trasparenti sul trattamento dei dati e sono state adottate modalità di acquisizione del consenso non valide. In alcuni casi è stata utilizzata modulistica cartacea con richiesta di un unico consenso per diverse finalità, inclusa quella di marketing”. La gestione dei data breach “non è poi risultata efficiente, così come inadeguate sono risultate l’implementazione e la gestione da parte della Società dei sistemi che trattano dati personali (con violazione del principio di privacy by design).
Disallineamenti sono emersi tra le black list di Tim e quelle dei call center incaricati, così come per le registrazioni audio dei contratti stipulati telefonicamente (verbal order). Le utenze di clienti di altri operatori, detenute da Tim in quanto gestore delle Reti, sono state conservate per un tempo superiore ai limiti di legge e inserite, senza il consenso degli interessati, in alcune campagne promozionali”.