Una maxi frode all’Iva da oltre cento milioni sui prodotti petroliferi è stata scoperta dalla Guardia di Finanza di Pavia, che ha eseguito ordinanze di custodia cautelare nei confronti di 13 persone, di cui sette sono state messe agli arresti domiciliari. A capo dell’organizzazione c’erano soggetti vicini alla camorra e alla criminalità romana. L’organizzazione acquistava il prodotto tramite società “cartiere” da operatori con sede in Repubblica Ceca, Cipro, Croazia, Romania e Slovenia. Poi, grazie a un giro di fatture false, lo rivendeva a diversi clienti sparsi sul territorio nazionale o lo immetteva al consumo attraverso distributori stradali in Piemonte, Veneto e Lombardia a prezzi molto più convenienti rispetto a quelli di mercato. I soldi sottratti al fisco venivano riciclati sia in Italia sia all’estero.
Tutto nasce quando, nel gennaio 2019, i finanzieri del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Pavia, sulla base di attività di intelligence e insospettiti da un notevole
aumento del transito di autocisterne con targa slovena o croata dirette a un deposito nel comune di Vigevano, hanno avviato le indagini. La frode danneggiava, oltre all’erario, anche gli operatori che operano nel rispetto della legge. L’organizzazione criminale, secondo gli inquirenti, si stava “rapidamente” espandendo in Italia e all’estero grazie ai guadagni “ingenti” accumulati “in pochissimo tempo” e “al calibro criminale dei suoi vertici”.
I “rilevanti introiti”, ha reso noto la procura, attraverso la falsificazione dei bilanci delle società e il mancato versamento delle imposte da parte delle cartiere venivano riciclati attraverso il reimpiego degli stessi per attività illecite quali il pagamento in nero di stipendi o provvigioni oppure venivano utilizzati per l’acquisto di beni di lusso come orologi del valore di anche 100.000 euro, auto come Porsche, Ferrari e Lamborghini e vacanze a bordo di yacht da 15.000 euro al giorno.
In una telefonata intercettata una delle persone arrestate, nel rispondere alla madre che commentava il costo elevato dello yacht noleggiato, affermava “… tanto c’è zia Iva!!…”, come dire che frodando l’Iva potevano permettersi ogni lusso. In un’altra conversazione fra due indagati che discutono dei bonifici da fare per dividersi il denaro
accumulato illecitamente, uno dei due afferma “… poi è arrivato il Patek (Patek Philippe, nota marca di orologi n.d.r.) così ho fatto un bonifico di 50.400”.
I vertici dell’organizzazione non erano semplici “colletti bianchi”. A capo del sodalizio vi erano pluripregiudicati i cui nomi sono ben noti alle cronache nazionali. Vincenzo Lamusta, chiamato dagli altri soggetti il “semidio” o “Gesù”, era “la mente pensante del gruppo”, che si occupava a 360 gradi della gestione operativa. Nicandro Di Guglielmi detto “Romeo” e Stanislao De Biase detto “Stefano” napoletano di 47 anni, fratello di un soggetto organico al clan camorristico Polverino attivo nei comuni a nord di Napoli, erano “i veri promotori dell’associazione”. Per tutti e tre è stata disposta la custodia cautelare in carcere. Erano amministratori di fatto e soci occulti della società al centro delle indagini e di molte altre società coinvolte e avevano il ruolo di dare “copertura criminale” e di ripulire il denaro sporco riciclando i proventi illeciti tramite delle società non direttamente a loro riconducibili per poi dividerlo in parti uguali.
“Un bel risultato, in un settore in cui stiamo lavorando molto”, ha commentato il vice ministro dell’Economia e delle Finanze, Laura Castelli. “E su cui, durante questa esperienza di Governo, sto intervenendo con fermezza per dare a chi opera gli strumenti necessari. Nel Decreto Fiscale, approvato alla fine dello scorso anno, abbiamo introdotto ulteriori disposizioni normative, che inaspriscono le sanzioni per l’evasione fiscale, e sono utili a favorire le azioni di contrasto alle frodi carosello che, la Guardia di Finanza, in modo sempre più stringente, sta portando avanti”.