La fase due del governo Pd-M5s, quella inaugurata con la sconfitta di Matteo Salvini alle Regionali in Emilia-Romagna e partita con il lancio da parte del premier Giuseppe Conte dell’agenda 2023, è già davanti ai primi ostacoli. Alla Camera è iniziato l’esame del decreto Milleproroghe, ma sul tavolo dell’esecutivo rimangono ancora alcuni nodi da sciogliere: il rinvio di Plastic e sugar tax, la prescrizione e la revoca della concessione ad Autostrade. E pure la questione della stabilizzazione di 1600 precari della ricerca. Il 3 febbraio hanno iniziato ad affrontare i primi voti, ma ritardando la discussione su alcune delle questioni cruciali.
Le prossime 72 ore saranno decisive per mediare e, ipotizza l’agenzia Ansa, potrebbero essere convocati due vertici forse già mercoledì: uno sul decreto, chiesto dal Pd e invocato da Italia viva per sbloccare l’impasse sul provvedimento, e uno eventualmente sulla prescrizione, se si arrivasse a elaborare una bozza di mediazione e accantonare così l’emendamento della renziana Lucia Annibali. Sul Milleproroghe ci si tornerà a vedere per sciogliere i tanti nodi aperti, da Plastic e Sugar tax alla nuova normativa sui monopattini elettrici, fino alle concessioni autostradali. Sulla revoca della concessione ad Atlantia, secondo fonti di maggioranza, si starebbe valutando l’ipotesi di una revoca limitata alla Liguria e quindi parziale. Ma su questo come sugli altri punti controversi peserà la decisione del premier Conte, cui è affidata una mediazione nella maggioranza. Intanto in serata l’Aiscat, che riunisce le concessionarie, ha annunciato di aver ritirato il ricorso contro il provvedimento. “L’Aiscat”, ha fatto sapere l’associazione delle concessionarie in merito ad indiscrezione di stampa in serata, “d’intesa con i suoi legali ha deciso di ritirare il ricorso al Tar” contro l’articolo 35 del Milleproroghe sulle concessioni autostradali, “confidando in una soluzione positiva della complessa problematica in essere”.
Molto alta rimane la tensione anche sulla prescrizione, anche se sul fronte della maggioranza si segnalano numerosi tentativi di arrivare a una mediazione. Contatti si sono segnalati in giornata “ai più alti livelli” e in particolare tra i capi delegazione, per decidere come procedere dopo le minacce di Matteo Renzi e dei suoi di non votare il provvedimento. Ufficialmente è continuato lo scontro: il vicesegretario Pd Andrea Orlando ha stigmatizzato la “politicizzazione” messa in campo da Italia viva per ragioni di “visibilità”, convinto che alzare i toni nei fatti avrebbe consentito al ministro Bonafede di non rispondere alle “obiezioni” che gli sono state mosse anche dal mondo della giustizia. A quel punto Renzi ha replicato via Facebook dicendo che “le scelte di Italia viva rispondono puramente al buon senso”. Bonafede, ora anche capodelegazione al governo, si sarebbe comunque detto aperto al dialogo: la riforma viene modificata di continuo, è un “cantiere aperto”. Il Guardasigilli avrebbe incaricato dunque gli uffici di lavorare ad una possibile soluzione che vada anche oltre il “lodo Conte“. Le strade possibili, spiegano fonti Pd all’agenzia Ansa, sono diverse e punterebbero a recepire le osservazioni mosse dai magistrati lo scorso weekend in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. Tra le idee sul tavolo ci sono non solo quella di fissare dei paletti temporali, magari diversi per condannati e assolti, alla sospensione in primo o secondo grado, ma anche quella di distinguere le fattispecie di reato, bloccando ad esempio la prescrizione per i reati corruttivi. Siglare un’intesa per il Pd è dunque possibile ma – avverte il segretario Nicola Zingaretti – in alternativa “andremo avanti con la nostra legge”.
Se Bonafede arriverà a una proposta di mediazione in grado di avere il via libera di Leu e Pd, potrebbe essere convocato un vertice di governo per siglare la nuova intesa, che sarebbe scritta nella riforma del processo penale. Ma Italia Viva non sembra disposta a fare dietrofront: l’emendamento Annibali, che sospende per un anno l’efficacia della legge dell’attuale Guardasigilli, su cui il governo in commissione sarebbe intenzionato a dare parere negativo non sarà ritirato. E qualora fosse bocciato alla Camera, il partito di Matteo Renzi è pronto a ripresentarlo al Senato dove conta di avere i numeri per farlo passare. Domani 4 febbraio, sempre a Montecitorio, intanto Leu proverà ad aprire – nel caso fallisse la mediazione nel governo – una via di uscita parlamentare chiedendo di abbinare la propria proposta di legge di riforma della prescrizione a quella di Forza Italia, che dovrebbe tornare in Aula alla Camera il 24 febbraio. “Se pensano di fermarci si sbagliano”, ha detto oggi il forzista Enrico Costa che si dice convinto che i 5 Stelle e il Pd abbiano “una fifa blu di andare sotto in Aula”.
Per quanto riguarda invece il capitolo precari, il premier Giuseppe Conte ha dato alcune garanzie in serata. “Conosco bene il mondo della ricerca”, ha scritto in un post su Facebook in serata, “e io stesso ho sperimentato, prima di passare nei ruoli stabili dell’Università, la pazienza, la tenacia, il sacrificio e la passione che occorrono per perseverare nelle attività di ricerca e la preoccupazione dovuta all’incertezza di prospettive. Quello della precarietà è un problema sociale che va affrontato e che metterò al centro del confronto tra le forze di maggioranza. L’assunzione di 1600 ricercatori, che intendiamo disporre con apposito emendamento da inserire già in sede di conversione del decreto Milleproroghe, è solo il primo passo in questa direzione. Insieme al ministro Manfredi stiamo lavorando a un piano articolato in tal senso”.