La prima giornata di isolamento dei 56 italiani rientrati da Wuhan, che ora si trovano nella città militare della Cecchignola a Roma, è passata tra partite di calcetto, sfide al tavolo da ping pong e jogging all’alba intorno al campo da calcio. Il gruppo, ospite di un campus nella struttura sorvegliata dai militari, viene sottoposto a controlli della temperatura per tre volte al giorno: sono tutti in buone condizioni di salute e nessuno ha presentato i sintomi dell’infezione da coronavirus. Stasera riapriranno le cucine del centro: fino a questo momento i pasti sono stati serviti in monoporzioni sigillate, ma nei prossimi giorni saranno i cuochi della mensa a prepararli, accettando qualche richiesta degli ospiti. Per festeggiare il ritorno in Italia il gruppo non ha avuto dubbi: pizza per tutti.

Dopo l’atterraggio dell’aereo militare all’aeroporto di Pratica di Mare, i passeggeri sono stati visitati e poi, in pullman, hanno raggiunto la struttura. Gli ospiti sono stati sistemate in stanze attrezzate per ogni esigenza: ragazzi, famiglie con bambini e qualche neonato per cui sono state allestite culle e lettini. Al di là dei contatti telefonici, nessuno di loro ha avuto modo di incontrare i propri familiari. Anche i contatti con i militari che si occupano delle loro esigenze, i soldati dell’8o° reggimento trasporti “Casilina”, sono stati ridotti al minimo. A mensa i primi pasti sono stati serviti indossando tute, occhiali e mascherine, portando i pasti in contenitori e con posate rigorosamente monouso. Adesso invece gli ospiti avranno a disposizione le cucine della struttura, e potranno avanzare qualche desiderio particolare, specialmente per i bambini. Alessia Bartolini, studentessa marchigiana di 25 anni, conferma: “Stiamo tutti bene, stiamo ricevendo un trattamento ottimo, sono tutti gentili, professionali e disponibili. Mi sento grata”. La ragazza però chiede di “ridurre il più possibile questa attenzione mediatica“.

“Il vero nemico è la noia” racconta Michel Talignani, 45enne modenese rientrato da Wuhan. Si cerca di organizzare qualsiasi attività per far passare più velocemente 14 giorni di attesa forzata, che facilmente scivolando nell’inedia. C’è chi prova a lavorare al computer e chi chiede i libri per studiare. Per passare il tempo si usano le attrezzature sportive: c’è chi corre al mattino presto, chi si sfida a ping pong e chi gioca a pallone. Sempre, tassativamente, indossando la mascherina e i guanti. Per i bambini sono state allestite aree giochi dedicate, un canestro per il mini-basket e tavoli con album da disegno e matite colorate. Il gruppo ha accesso a tutte le aree delimitate nell’arco di un perimetro sorvegliato dai militari: “I militari sono molto gentili e con un semplice cenno ci fanno capire quali sono le zone che non dobbiamo oltrepassare. Loro giustamente non partecipano minimamente alle nostre attività sportive semplicemente perché sono in servizio e non possono – spiega Talignani – Per noi, invece, l’unico fastidio è dover usare le mascherine durante l’attività fisica e con il fiatone non è il massimo. Entro la fine di questa quarantena proveremo ad organizzare, quando tutto sarà finito, una partitella amichevole di calcetto ‘militari contro appestati”, conclude scherzando.

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