Vi sono immagini che parlano più delle parole. E lo fanno con l’immediata potenza espressiva che è propria dell’ambito della visione. Tra queste immagini può, con diritto, essere annoverata quella che più di tutte ha circolato per la rete in questi giorni.
Essa mostra il leader delle Sardine alla corte degli United colors dei Benetton, in presenza del vate Oliviero Toscani, il fotografo ufficiale del mondialismo infelice e della sua classe di riferimento. Una magnifica foto di famiglia, che immortala padroni e ciambellani, ancelle e servizievoli manovali del potere a forma di sardine.
Una foto non certo “rubata”, come usa dire nel lessico fotografico: i protagonisti sorridono e sono in posa, fieri di rappresentare il lato buono della storia, quello dello sviluppo capitalistico, del progresso tecnico e del verbo unico politicamente corretto.
Uniti, felici e in sontuosi luoghi patrizi, a distanza di sicurezza dalle vili plebi italiche, che ancora sono dedite a volgari problemi come la casa e il lavoro: e che, per ciò stesso, con la loro barbarie connaturata non si aprono al sogno degli United colors della mondializzazione e della openness cosmopolitica dei flussi di desideri, di merci e di esseri umani mercificati. United colors che, a ben vedere, sono quelli che nascondono il “monocromatismo assoluto” (Hegel) del mercato pantoclasta e senza confini.
Curiosamente la foto ci mostra anche un altissimo muro, che separa i privilegiati della corte dei Benetton dal resto del mondo: esso simboleggia magnificamente il modus operandi dei padroni del vapore, che lottano contro tutti i muri in nome della libera circolazione, e insieme innalzano muri ogni giorno più alti per separare ermeticamente i primi dagli ultimi, gli oppressori dagli oppressi, i padroni dai servi.
La posizione assunta dai patrizi protagonisti della foto è rivelativa: una sorta di “primo stato” privilegiato e facoltoso, che, fermo nel prato verdeggiante, si gode la cornucopia di beni e opportunità che la globalizzazione offre loro nell’atto stesso con cui sottrae il necessario per esistere alla maggior parte del genere umano. Le sfide e le sfighe della globalizzazione coesistono, iniquamente divise tra servi e padroni, tra chi ha l’accesso al giardino segreto dei signori e chi ne è escluso.
Nella foto il leader ittico tiene la mano sul petto: quasi a segnalare partecipazione emotiva per quell’incontro così importante, che rivela il tanto bramato riconoscimento da parte di quelli che davvero contano, i padroni del vapore. Quelli per i quali tanto i sardinici manifestanti si erano spesi nei mesi scorsi, nel tentativo di arginare il rischio populista e, con esso, il possibile ritorno della decisione sovrana democratica contro gli automatismi tecnocratici di quei mercati speculativi che sempre devono avere ragione.
Come se non bastasse, dopo la foto è giunta anche la benedizione di George Soros, che sul Corriere della Sera ha celebrato le Sardine e il loro nuotare seguendo le correnti della open society.
Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei, si diceva un tempo. A questo motto, sagace e sempre attuale, se ne può aggiungere uno ulteriore e convergente: dimmi come ti tratta il potere e ti dirò chi sei realmente.
Avete ancora dubbi sull’identità delle Sardine? Sulla reale essenza di questi “pesci pagliaccio” che, senza lisca e spina dorsale, si muovono sempre secondo le correnti globalisticamente corrette, opponendosi a tutto ciò che alla globalizzazione neofeudale possa opporsi? Gli United colors delle Sardine sappiamo quali sono: il fucsia delle sinistre sbiadite, passate dalla parte dei padroni; e l’arcobaleno sgargiante, dietro il quale si nasconde il grigio del nichilismo oppressivo della società del mercato globale.