Il magistrato (ora in pensione) si riferisce al fatto che i condannati italiani avevano già cominciato a scontare la pena, mentre i tedeschi erano liberi: "Non era giusto". "È una notizia che alimenta la speranza di giustizia, ma troppe volte sono riusciti a trovare il modo di non scontare la pena" dice Graziella Rodinò, mamma di uno degli operai morti
La notizia del rigetto del ricorso dei due manager tedeschi, condannati in via definitiva per il rogo della Thyssenkrupp e che ora dovranno scontare 5 anni, viene commentata sia da chi sostenne l’accusa, sia da chi era parte civile. “Era una ferita da rimarginare” dice Raffaele Guariniello, pubblico ministero del caso. Il magistrato (ora in pensione) si riferisce al fatto che i condannati italiani avevano già cominciato a scontare la pena, mentre i tedeschi erano liberi. “Non era giusto. Ma un’altra cosa importante da sottolineare – aggiunge Guariniello – è che la pronuncia dei magistrati di Hamm conferma che il processo Thyssenkrupp fu un processo giusto“.
Bisogna ricordare che il 14 novembre scorso la Corte europea dei diritti dell’uomo aveva aperto fascicolo contro Italia e Germania perché i manager condannati erano ancora liberi. Erano stati i parenti delle vittime e uno dei sopravvissuti, Antonio Boccuzzi, a rivolgersi alla Corte di Strasburgo, accusando i due governi di aver violato i loro diritti, in particolare quello al rispetto della vita, perché nonostante la sentenza di condanna della Corte di Cassazione pronunciata nel 2016 nei confronti due manager tedeschi, questi erano rimasti in libertà.
“Giustizia sarà fatta quando saranno realmente in galera – dice Graziella Rodinò, mamma di Rosario, uno dei sette operai morti nell’incendio della Thyssen – È una notizia che alimenta la speranza di giustizia, ma troppe volte sono riusciti a trovare il modo di non scontare la pena. Quando saranno dietro le sbarre, allora ci crederemo…”. “La sentenza è un ulteriore passo in avanti anche frutto del nostro intervento sulla Corte europea. L’unica preoccupazione, più che legittima dopo quasi quattro anni dalla sentenza definitiva, è che possano esistere altre istanze che i due condannati tedeschi possano far valere – dice all’Adnkronos Antonio Boccuzzi, l’unico operaio scampato al rogo – L’auspicio è che finalmente il percorso chiuso in Italia nel maggio del 2016 si traduca con l’unico epilogo possibile, che le porte del carcere si aprano per i due manager tedeschi”.