Che la religione nel corso dell’evoluzione umana sia stata il motore principale di eventi storici, conquiste coloniali, e persino rivoluzioni è un fatto acquisito. Il Medio Oriente è condizionato da jihadismo e teocrazie sciite, così come Israele non sarebbe determinante nelle scelte geopolitiche delle varie amministrazioni Usa, senza la sua presenza capillare nel tessuto religioso e civile della società americana.
Se sionismo e islamismo si contrappongono nello scacchiere medio-orientale (con alle spalle i colossi statunitensi e russi) muovendo ognuno le proprie pedine, ciò è causato dal timore reverenziale che le società laiche hanno nei confronti del fondamentalismo religioso. E nell’impossibilità di gestirlo, queste preferiscono allearsi con i loro leader per limitare i danni.
Nello scenario latino-americano il profondo cambiamento in corso dell’assetto sociale boliviano non è altro che l’ulteriore conferma della potenza politica della Chiesa monoteista, che mal sopporta l’emancipazione dei popoli dai suoi dettami e imposizioni: e il cristianesimo non è certo da meno dei suoi “rivali”, musulmani o ebrei che siano.
La Bibbia contro Madre Terra
Quando la presidente pro tempore, Jeanine Áñez, alzò con fare enfatico una voluminosa Bibbia verso il cielo dal balcone del Quemado Palace di La Paz, apparve chiaro a tutti che la cacciata di Evo Morales – costretto a riparare in Messico in esilio – non era solo una vendetta politica nei confronti di un demagogo che limitava i privilegi dei benestanti, bensì la rivendicazione della supremazia di una minoranza bianca di stampo conservatore e cristiano sui cholos, quei campesinos indios che si erano allargati troppo, in ben 13 anni di socialismo indigenista, finalmente con un loro uomo alla guida del paese.
Un affronto insopportabile per i Wasp sudamericani, specie ora che hanno a che fare non più con dei morti di fame, ma con una borghesia ricca, quella dei commercianti dell’etnia Aymara (da cui proviene Morales) che osa calcare le passerelle più prestigiose della capitale quali il Paseo del Prado con i suoi lussuosi locali.
E non solo: costoro hanno abbandonato le gelide topaie della periferia di El Alto per trasferirsi in palazzi riscaldati e sfarzosi, di stile eccentrico-Naïve, arrivando persino a intrufolarsi nelle roccaforti bianche della vallata di San Miguel. Basta così!
Una Santa Alleanza tra pastori protestanti e preti cattolici oltranzisti, la National Christian Council, si erge ora a baluardo della religione “giusta”, oltraggiata da riti pagani e animisti, quali il culto andino per eccellenza della Madre Terra – Pachamama – che gli sciamani indios celebrano durante i loro riti. Il pretesto perfetto per scatenare una novella crociata contro il paganesimo indio.
D’altra parte le persecuzioni ai danni degli indigeni con il pretesto dell’eresia sono una costante fin dai primi sbarchi degli europei nel Nuovo Mondo. I portoghesi sterminarono gran parte dei Tupinambás in Brasile perché sostenevano fossero cannibali; le atrocità cattoliche vennero poi eguagliate negli anni della dittatura militare proprio dai funzionari preposti alla tutela delle etnie, corrotti dai latifondisti dell’agro-business con la copertura dei missionari protestanti.
La Chiesa brasiliana, lungi dal punire i complici dei massacri, proibì invece il culto dei morti, parte del rituale indio. Paradossalmente fu proprio il ministro della Giustizia di allora ad aprire un dossier sui crimini perpetrati.
Non dimentichiamoci che Jair Bolsonaro ha vinto le elezioni dello scorso anno con l’appoggio decisivo della Chiesa Evangelica, che in Brasile ha perlomeno raddoppiato i suoi proseliti a scapito dei concorrenza cattolica. Seppure bisogna aggiungere che l’imprevedibile presidente ha poi avviato un percorso post elettorale tutto suo, anche a livello di riforme, tra cui quella fiscale che ha ridotto i privilegi proprio della casta militare a cui egli stesso appartiene.
Nei Caraibi, i sermoni dei Testimoni di Geova e degli Avventisti del settimo giorno, impregnati di integralismo e omofobia, condizionano la società giamaicana e persino la legge: il Buggery Act mantiene la persecuzione degli omosessuali anche nel privato.
Solo Cuba è praticamente rimasta impermeabile alle sollecitazioni religiose che si sono alternate in oltre mezzo secolo dalla rivoluzione castrista, sia per l’insofferenza che il regime ha sempre mostrato nei confronti di qualsiasi culto professato all’interno del Paese, sia per il senso pratico dei cubani, allergici agli estremi sudamericani, a cui preferiscono invece la tradizione afro della Santeria.
La stessa visita di Karol Wojtyla nel 1998 non ha sortito risultati tangibili se non quello di allentare i veti che Fidel Castro aveva imposto alle pratiche cattoliche. Eppure il Papa polacco è stato il principale artefice della caduta del comunismo nell’Europa dell’Est. Però a Cuba il miracolo non è avvenuto, nonostante la santità postuma.