I soldi del clan Tagliavia erano finiti in Toscana. La Guardia di Finanza, coordinata dalla direzione distrettuale antimafia di Firenze, ha arrestato 12 persone con l’accusa di associazione a delinquere, riciclaggio, autoriciclaggio, emissione di fatture per operazioni inesistenti, intestazione fittizia di beni, contraffazione di documenti di identità e sostituzione di persona, aggravate dall’aver favorito Cosa nostra. In totale sono 60 gli indagati. Il sodalizio riciclava proventi degli affari criminali della “famiglia mafiosa di Corso dei Mille di Palermo, capeggiata da Pietro Tagliavia, figlio di Francesco Tagliavia, condannato all’ergastolo per le stragi di via d’Amelio a Palermo e via dè Georgofili a Firenze.
Il flusso illecito di denaro ricostruito dagli inquirenti ammonata a circa 150 milioni di euro, di cui 39 provenienti direttamente da soggetti di Palermo legati alla mafia. L’associazione a delinquere avrebbe immesso nel circuito economico denaro di provenienza illecita attraverso le creazione di una galassia di 33 imprese con sedi in tutta Italia, in particolare in Toscana, Sicilia e Lazio, tutte aventi per oggetto sociale il commercio dei pallets, le pedane in legno usate per il trasporto e la movimentazione di materiale. Le fatture inesistenti venivano emesse sia tra aziende interne al gruppo criminale, sia a favore di aziende ad esso estranee, che usufruendo del servizio illegale si garantivano vantaggi fiscali. Le imprese ‘sane’ versavano tramite bonifico alle cartiere facenti capo al gruppo criminale il corrispettivo degli importi falsamente fatturati (per consegne di pallets mai avvenute), che poi veniva restituito in contanti, decurtato del 10%. Lo scopo del sodalizio illecito era, dunque, riciclare, ostacolando l’identificazione della provenienza delittuosa.
In particolare, secondo gli inquirenti, gli indagati si erano messi a completa disposizione di Pietro Tagliavia nel periodo in cui egli era detenuto presso la casa circondariale di Prato, tanto da reperirgli nel 2017 un’abitazione in Campi Bisenzio, in provincia di Firenze, dove aveva scontato gli arresti domiciliari e fornirgli, clandestinamente un telefono con cui mantenere contatti anche con i propri sodali in Sicilia. Sulla presenza di Tagliavia e dei suoi possibili fiancheggiatori a Campi Bisenzio proseguono gli accertamenti. Emergono in particolare due gruppi familiari di origine siciliana, imparentati tra loro, trasferitisi nel Lazio e in Toscana. Sono state 120 le perquisizioni eseguite questa mattina dalle Fiamme gialle, nel corso delle quali sono stati sequestrati anche denaro e armi. Sequestrate, inoltre, 15 aziende e 86 conti correnti. I destinatari degli arresti sono originari della Sicilia e della Puglia. Risultano residenti a Palermo, Prato , Campi Bisenzio e Sesto Fiorentino. Negli stessi territori gravitano le altre decine di indagati dell’inchiesta denominata “Golden Wood”.
“Voglio ringraziare la procura antimafia, la Direzione distrettuale antimafia di Firenze e la Guardia di Finanza di Prato per questo notevole risultato, la vasta operazione di indagine partita da Prato è esempio evidente dell’impegno di tutte le istituzioni e le forze dell’ordine nel tutelare la legalità ed impedire che le organizzazioni mafiose riescano ad infiltrarsi nel tessuto economico locale. E il nostro territorio ha dimostrato ancora una volta di avere gli anticorpi per contrastare chi agisce fuori dalle regole e dal quadro normativo”, dice il sindaco di Prato Matteo Biffoni.