Gli eventi di questa settimana, con l’isolamento del coronavirus da parte dello Spallanzani di Roma, ci hanno ricordato che anche con un investimento pubblico minimo i ricercatori italiani – e più precisamente le ricercatrici del Sud Italia, peraltro precarie – possono fare delle scoperte importanti e rapide. Possiamo immaginarci quanto sarebbe possibile fare con un budget dignitoso destinato alla ricerca, per non parlare degli investimenti pubblici nell’istruzione e nella sanità in generale? Gli investimenti in ricerca non rappresentano un “buco nero” per i soldi pubblici, ma sono un modo per tenere acceso il motore dell’”economia della conoscenza”, un investimento ampiamente redditizio per la nostra salute e per le entrate dello stato.
Secondo i dati Eurostat, nel 2017 l’Italia ha investito nell’istruzione pubblica il 7,9% della sua spesa pubblica totale, classificandola ultima tra gli stati membri dell’Unione europea. Per quanto riguarda il rapporto tra spesa in istruzione e Pil, l’Italia si è posizionata al quintultimo posto in Europa. E se si considera unicamente la spesa per l’educazione terziaria, ci siamo posizionati nuovamente per ultimi. Dal 2009 in poi, c’è stato un disinvestimento progressivo da parte dell’Italia nei confronti dell’istruzione, della ricerca e dello sviluppo.
Per iniziare l’anno, abbiamo chiesto agli utenti di Change.org più coinvolti nelle tematiche di salute e istruzione quali fossero le loro priorità per il Paese in termini di campagne. Più di 9mila persone hanno risposto, dando un segnale forte di quanto determinati temi stiano a cuore alle persone – e dando a noi e alla politica il senso di quali dovrebbero essere le priorità per il 2020 – per il nuovo ministro dell’Università e della Ricerca Gaetano Manfredi, la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina e il ministro della Salute Roberto Speranza, ma non solo.
Per l’istruzione, tra i nostri intervistati ha vinto come priorità l’educazione civica e alla pace nelle scuole (75%), seguita da più fondi per istruzione (63%) e dalla necessità di migliorare la formazione degli insegnanti portando più innovazione nelle scuole (61%). Oltre il 40% degli utenti ha segnalato la necessità di preparare gli studenti a entrare nel mondo del lavoro favorendo il placement dall’università o dagli istituti superiori (47%), di diminuire la dispersione scolastica (44%) e di dare ampio spazio alle tematiche ambientali nel programma scolastico (41%).
Un numero importante di preferenze è stato attribuito anche ai seguenti punti:
1. Cambiare i programmi scolastici per preparare i giovani ad affrontare le sfide del futuro (34%);
2. Pagare di più gli insegnanti (32%);
3. Assumere più docenti (21%);
4. Concentrarsi sul miglioramento delle competenze digitali (15%).
(Segnalo che gli utenti hanno indicato le proprie priorità, non hanno espresso se erano favorevoli o meno alle opzioni proposte).
Sul tema salute, vince la necessità di controlli sull’uso dei soldi pubblici nelle varie Regioni (69%); subito dopo, quella di assicurare un numero adeguato di medici nella sanità pubblica, ad esempio aumentando il numero di borse di studio destinate ai medici specializzandi (67%); al terzo posto l’eliminazione delle disparità tra Regioni nell’accesso dei cittadini ai servizi sanitari essenziali (57%); l’abbattimento delle liste d’attesa nella sanità, ovvero l’eliminazione dell’intramoenia (52%); un sensibile aumento dei fondi pubblici per la sanità (50,3%); impedire la chiusura di reparti e ospedali (42%); infine il pieno accesso al fascicolo sanitario elettronico in tutte le Regioni d’Italia (32%).
Non sorprende che, dopo i tagli effettuati negli ultimi anni, ci sia una forte richiesta di rafforzare gli investimenti sia nella salute che nell’istruzione. E forse neanche la volontà di investire nell’educazione civica e alla pace, visto il degrado del linguaggio politico corrente, il rischio persistente di guerre e la percezione che tanti giovani si sentano poco coinvolti dalla necessità di indirizzare il futuro del proprio Paese.
Sebbene abbiamo raccolto un maggior numero di risposte dal Nord e dal Centro Italia, tutte queste indicano una forte preoccupazione per il divario sanitario tra Nord e Sud. Sulla piattaforma di Change.org nascono spesso petizioni che sollevano nello specifico il tema delle carenze nei servizi sanitari del Sud (ad esempio sulla morte di Loredana ad Agrigento o la morte di Santina in Calabria). La mancanza di un numero adeguato di medici e la chiusura dei reparti e ospedali sono naturalmente tutti legati all’incapacità di certe zone di garantire un’assistenza sanitaria adeguata: su Change.org sono nate diverse petizioni anche riguardo queste tematiche, dalla chiusura dell’ospedale di Noto nel siracusano al reparto ostetrico di Villa Pia a Roma.
Quest’anno gli utenti di Change.org saranno sicuramente attivi, lanciando e sostenendo campagne per l’approvazione di politiche sulla sanità e sull’istruzione che cambieranno la sorte di tanti individui – e magari aiuteranno a far sì che l’Italia non sia più il fanalino di coda in Europa per gli investimenti nel nostro futuro. Abbiamo visto che la qualità delle persone non manca, ma ci vogliono l’organizzazione e gli investimenti giusti per aiutare tutti a godere dei frutti delle competenze italiane.