La lunga marcia per trovare l’accordo tra le parti – dopo gli scontri iniziali e la difficile trattativa – sembra arrivata al traguardo o quasi. Dal 20 dicembre, quando il giudice del Tribunale di Milano Claudio Marangoni concesse il tempo richiesto dopo la firma del preaccordo, sono stati fatti “significativi passi in avanti“. Gli avvocati, i commissari dell’ex Ilva e l’ad di ArcelorMittal, entrano ed escono dall’aula al terzo piano del palazzo di Giustizia di Milano in meno di dieci minuti. Fiorisce qualche sorriso e sì è la risposta alla domanda sulla negoziazione: andrà avanti fino a fine febbraio e il magistrato ha fissato a 6 marzo la nuova udienza. Per permettere di concludere la lunga e tormentata trattativa in cui la posta in gioco è il lavoro di 14mila operai, la salute dei tarantini e l’1% del pil italiano. Prima dell’udienza l’avvocato Ferdinando Emanuele, legale del gruppo franco-indiano, aveva spiegato che la richiesta di rinvio era congiunta. Nel frattempo ArcelorMittal manterrà la produzione nello stabilimento siderurgico di Taranto. Al termine dell’udienza l’altro legale di ArcelorMittal Roberto Bonsignore, insieme all’amministratore delegato Lucia Morselli, ha detto che è stato “mantenuto l’impegno a continuare la produzione“. In attesa dell’accordo scritto sul nuovo piano di rilancio industriale.

“In queste settimane – ha aggiunto Bonsignore – è stato fatto un lavoro importante e molto costruttivo. Ed è un bene perché ci consente di passare alla fase legale per la messa a punto della fase contrattuale. Ci sono le basi per arrivare a un accordo”. Nel caso le due parti arrivassero all’intesa definitiva, Mittal ritirerebbe il suo atto di citazione con cui ha chiesto l’accertamento del recesso dal contratto, annunciato a novembre, e i commissari ritirerebbero il durissimo ricorso cautelare d’urgenza contro l’addio del gruppo. In questo modo la causa in corso verrebbe di fatto cancellata. ArcelorMittal “ha grande rispetto del Governo e del presidente del consiglio come lo abbiamo noi avvocati. Pur avendo esercitato il diritto di recesso, ritiene che – ha spiegato l’avvocato Emanuele – la soluzione transattiva, bonaria e industriale sia la migliore per tutti”. E a dimostrazione di questo, afferma, “nonostante la pendenza di questo ricorso cautelare, ha continuato a mantenere in funzionamento gli impianti e a produrre in ossequio a un invito del presidente del Tribunale e del presidente del consiglio”. Inoltre non trova nessuna conferma l’ipotesi che il gruppo lasci l’Italia: “La soluzione negoziale resta la migliore”.

Il termine del 28/29 febbraio per continuare a trattare, secondo i commissari dell’Ilva, è l’ultima possibilità per trovare un accordo con ArcelorMittal. Non ci potranno essere altri rinvii o proroghe del procedimento al tribunale di Milano. Se non si troverà l’intesa, i legali dei commissari chiederanno di discutere i termini del loro ricorso nell’udienza del 6 marzo prossimo. Se, invece, come tutte le parti confidano, si troverà un accordo definitivo allora i legali chiederanno di chiudere il procedimento e l’udienza potrebbe essere annullata ancora prima di svolgersi. Fino a oggi il giudice Marangoni ha concesso tre rinvii alle parti per dare loro tempo di portare avanti la trattativa. Una prima udienza era stata fissata il 27 novembre 2019, poi rinviata al 20 dicembre. Individuati i punti di principio, ognuno di questi andrà dettagliato per arrivare alla stesura di un addendum al contratto che era stato siglato da ArcelorMittal per l’affitto del ramo d’azienda (finalizzato all’acquisto) dell’Ilva in amministrazione straordinaria.
Tra i nodi su cui si continuerà a trattare ci sono quello dell’occupazione – il numero degli esuberi in particolare – e l’ingresso di terzi o nel capitale di ArcelorMittal Italia o per la creazione di una newco per la gestione di una parte degli impianti, in modo da accompagnare la transizione energetica dello stabilimento di Taranto. In merito alla clausola di uscita che potrebbe venire riconosciuta ad ArcelorMittal, di cui sono emerse indiscrezioni sulla stampa, le discussioni sono aperte e, secondo fonti vicine ai commissari, è relativa agli impegni che prenderanno o meno i soggetti terzi e comunque non prevede da parte dell’amministrazione straordinaria riconoscimenti economici al colosso dell’acciaio.
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