Dopo il boom di “Amen” e “Occidentali’s Karma”, Francesco Gabbani ha tirato il freno a mano del successo per riflettere su quanto accaduto in soli due anni, vissuti pericolosamente senza mai fermarsi. Ecco che arriva l’album “Viceversa”, in uscita il 14 febbraio, che è una sorta di autoanalisi sincera. Gabbani è l’unico artista ad aver vinto due volte consecutivamente Sanremo sia nella sezione Nuove Proposte che con i Big, porta quest’anno sul palco dell’Ariston “Viceversa”, un inno alla condivisione e all’abbandono dell’individualismo.
Perché hai scelto proprio “Viceversa”, come brano da portare al Festival?
Il disco era quasi completato, questa canzone è nata lo scorso settembre ed, ad un tratto, mi è sembrato chiaro che fosse il brano che volevo portare a Sanremo.
È una dichiarazione d’amore universale, come mai hai sentito l’urgenza di comunicarlo?
Mi piacerebbe che arrivasse concetto amore universale, inerente a qualsiasi tipo di rapporto emozionale, sentimentale, a un rapporto di coppia uomo-uomo, donna-donna e donna-uomo, ma parla anche di amicizia verso un animale, verso una pianta e le vibrazioni della natura. insomma tutto ciò che è concepibile come rapporto d’amore che sia un dare e avere. Mi sembra sia il contesto più giusto a Sanremo per sottolineare questo concetto, in un contesto sociale dove la realtà diffusa è l’affermazione di se stessi, in modo individualista a discapito degli altri. C’è la lotta del ‘sono più figo, intelligente e forte e tu no’. Invece quando c’è una condivisione e una accettazione di quelle che sono le differenze in un rapporto, c’è l’equilibrio e la sinergia che provengono da tutti, anche da chi è diverso da noi. Questa canzone rappresenta me e la mia faccia, il mio modo di fare musica e arriva dopo il successo nazionalpopolare di ‘Occidentali’s Karma‘, che però non rinnego ma che ho la sensazione non sia stata compresa fino in fondo.
A distanza di tre anni da “Magellano”, arriva il disco “Viceversa”. Quante cose sono cambiate?
Queste sono canzoni e riflessioni che nascono dopo il grande successo, improvviso e inaspettato. Questa canzoni partono da una analisi abbastanza introspettiva per andare alla ricerca di chi sono. In quel momento ognuno di noi si pone in relazione alla collettività sul tema del rapporto da individuo e collettività. Parte dallo sviluppo del disco è orientato alla ricerca serenità e dell’equilibrio, indipendentemente da come ti guardano o giudicano gli altri.
Come hai gestito la popolarità enorme dei due Sanremo vinti, l’Eurovision e di ‘Occidentali’s Karma‘?
Dopo il boom di ‘Occidentali’s Karma‘, a quello schiaffo super-positivo ho cercato di vivere pienamente la mia espressione musicale, non in funziona di mantenere tutti i costi il successo dei numeri. Successivamente mi sono occupato di capirmi da solo, ho aspettato del tempo prima di chiudere il disco perché mi interessava di più stare bene con me stesso. Quello che è successo mi ha sconvolto, è inevitabile. Io non solo quello che la gente pensa, io voglio essere in modo sincero e onesto quello che sono e non avere vergogna nell’esprimere nel fatto che io per primo sono alla ricerca di me stesso e sto cercando di esprimermi con un processo di analisi di me stesso, mettendo a confronto le contrapposizioni, la verità della persona e l’equilibrio tra gli opposti.
Oggi chi è Gabbani?
Non sono ipocrita, mi presento in un modo sereno e in pace con me stesso, in linea con la canzone che rappresenta al meglio la mia dimensione emozionale e genuina. Quindi non eviterò di essere frainteso, affronto questa esperienza con la voglia di emozionarmi e sono contento di cantarla. Non sono al Festival con l’idea di vincere, può sembrare ipocrita ma è così. Voglio solo capire come il pubblico accoglierà il Gabbani minimalista.