I possedimenti del compositore lucchese erano stati ereditati dal maggiordomo del conte Livio dell'Anna, Pasquale Belladonna, che alla sua morte aveva diviso tutto tra i 22 nipoti: da qui si è aperta una lunga battaglia legale
C’è poco di musicale nella “guerra” legale scoppiata nelle ultime ore sull’asse Milano-Liechtenstein per la ricchissima eredità del maestro Giacomo Puccini. Non si parla dell’algida principessa Turandot o dell’esotica Madama Butterfly, soggetti che ispirarono i suoi capolavori, ma di un patrimonio conteso tra gli eredi di oltre 5,5 milioni di euro in beni immobili. Nello specifico, la pietra della discordia sono due case a Monte Carlo, contesa per la quale sono state depositate in tribunale a Milano e in Liechtenstein due querele con l’accusa di tentata truffa aggravata in concorso. Una faccenda che ha origini molto antiche, che dalla morte del compositore ha intrecciato cause legali, testamenti spuntati dal nulla, eredi e maggiordomi.
Andando con ordine: l’eredità di Puccini era stata trasferita nelle mani del maggiordomo Pasquale Belladonna, tuttofare in casa del conte Livio Dell’Anna, che a sua volta li aveva ereditati dalla sorella Rita Dell’Anna, vedova di Antonio Puccini, figlio del maestro Giacomo Puccini, morto il 29 novembre del 1924. Un’eredità cospicua, stimata in circa 8 milioni di euro in contanti e titoli, due immobili a Monte Carlo, uno a Milano, quadri d’autore e altri beni mobili non quantificabili. Il conte Dell’Anna era famoso per lo stile di vita eccentrico e dispendioso, e alla sua morte ha lasciato l’eredità del compositore a Belladonna. Il maggiordomo nel 1999 fece testamento nominando eredi tutti i nipoti (22 in tutto), compresi i tre che, assistiti dagli avvocati Elena Franzoni e Maurizio Bozzetti, hanno sporto querela contro i due che si sono attribuiti la proprietà degli immobili, sulla base di un documento controverso, che le parti offese non considerano valido.
Si tratta di alloggi di lusso riconducibili alla Cervina Anstalt, società con sede a Vaduz che detiene il 100% dei due immobili di Monte Carlo. “Il 16 aprile del 2011 – contestano gli avvocati – Pasquale Belladonna muore, si apre la successione e magicamente compare un testamento pubblico rilasciato dal defunto in data 29 dicembre dal quale risulta un unico testamentario. Gli altri nipoti instaurano la causa la cui sentenza del 2016 annulla per incapacità di intendere e volere il testamento dichiarando valido quello del 1999”. Guerra finita? Neanche per idea. Si apre il nuovo fronte con i due lussuosi appartamenti del condominio Chateau Petigord. Viene raggiunto un accordo sulla loro vendita nel maggio del 2019 per 5 milioni e 660mila euro. Due nipoti, quelli accusati della tentata truffa, il 16 maggio del 2019, secondo la ricostruzione delle tre parti offese, esibirono un certificato azionario della Cervina Anstalt datato 2 ottobre 1989 che era stato però oggetto di denuncia di smarrimento in Italia e poi riemesso.
“Sono surreali – hanno detto i legali – le modalità descritte con le quali uno dei due sarebbe venuto in possesso del certificato. Riferisce di aver ricevuto a mano da una signora una busta bianca sigillata con dentro il certificato e che la signora a sua volta l’aveva ricevuta direttamente dallo zio Pasquale Belladonna. Secondo lui il possessore di quel certificato sarebbe l’unico avente diritto a riscuotere la vendita degli immobili monegaschi. Ovviamente ciò non risponde al vero, poiché il certificato del 1989 non ha alcun valore legale essendo stato sostituito, dopo una denuncia di smarrimento, da uno del 2008 che risulta depositato in uno studio notarile a Lugano”. E aggiungono: “È palese il tentativo di truffa: non si spiegherebbe il motivo per cui i due eredi, contro cui abbiamo fatto querela, non abbiano ritenuto di mostrare il certificato originale prima della messa in vendita degli immobili, ma solo successivamente, così da poter agire di nascosto senza avvertire nessuno degli eredi legittimi”. Le parti offese hanno chiesto alle autorità giudiziarie di sequestrare il conto corrente intestato alla Cervina Anstalt a Vaduz per evitare che il consiglio di amministrazione deliberi di liquidare l’intera somma in favore dei due eredi denunciati. Anche perché nel frattempo nel consiglio di amministrazione è entrato anche l’avvocato che nel maggio del 2019 aveva accompagnato uno dei due eredi all’incontro nel quale era spuntato il certificato ‘incriminato’ che attribuiva loro la titolarità dei due immobili sulla Costa Azzurra. Da qui la nuova battaglia legale a colpi di carte bollate su un’eredità molto tormentata, degna dell’intreccio di un’opera di Puccini.