Arriva in Cassazione il processo sulla morte di Marco Vannini che vede imputata l’intera famiglia Ciontoli, padre, madre e due figli. Il procedimento di Appello, a Roma, si è chiuso nel gennaio del 2019 con la pena del principale imputato, Antonio Ciontoli, passata da 14 a 5 anni, e la condanna a tre anni, come in primo grado, per la moglie, il figlio e la figlia del militare che nel 2015 sparò, in circostanze mai del tutto chiarite, al 21enne di Cerveteri. Il ragazzo morì, dissanguato, dopo una lunga agonia, portato in ospedale quasi due ore dopo lo sparo, perché Ciontoli nel timore di perdere il lavoro aveva cercato di nascondere quanto accaduto. I fatti risalgono al 18 maggio 2015: Marco Vannini venne colpito dal proiettile sparato da una pistola che Ciontoli, padre della fidanzata del giovane, gli stava (forse) mostrando. La vittima venne portata in ambulanza al punto di primo soccorso di Ladispoli, quando le sue condizioni erano disperate: il proiettile infatti, aveva provocato gravi ferite interne.

Oggi il procuratore generale ha chiesto di annullare la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Roma, definendo “gravissima e quasi disumana” la vicenda. Per il pg sono da annullare anche le condanne a tre anni di reclusione per i familiari di Ciontoli. In Appello l’omicidio volontario era stato derubricato in omicidio colposo.

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Marco Vannini, il pg della Cassazione: “Vicenda gravissima e quasi disumana. Fu omicidio volontario”

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