Roberto Benigni cantore della Bibbia. Dopo i dieci comandamenti che avevano registrato un clamoroso successo, il Premio Oscar è tornato a presentare un testo dell’Antico Testamento. Nella terza serata del Festival di Sanremo, Benigni ha commentato il Cantico dei cantici, un vero e proprio inno all’amore fisico, molto spesso sconosciuto dagli stessi credenti e oggetto di tabù da parte delle gerarchie ecclesiastiche per i suoi riferimenti abbastanza espliciti al sesso. E invece Benigni, infiammando l’Ariston e i social, ha svelato il volto poetico di uno dei componimenti amorosi più belli che siano mai stati scritti, definendolo “la canzone delle canzoni”, “la più bella canzone del mondo”.
Sul palco dell’Ariston il comico toscano l’ha proposta nella versione originale, “primitiva”, non quella contenuta nella Bibbia, declamando il testo precedente a tutte le revisioni che hanno attenuato i termini erotici. Un poema antichissimo, attribuito al re Salomone, che nei secoli ha suscitato il maggior numero di interpretazioni divergenti tra tutti i libri dell’Antico Testamento. L’attore ha spiegato che il Cantico dei cantici “è una canzone d’amore, parla d’amore fisico di due ragazzi che cantano ognuno l’amore per l’altro. Non c’è canzone più ardente. È come avere Imagine o Yesterday dei Beatles e nessuno l’hai mai fatta in tv”. Un grave danno al quale il comico toscano ha posto rimedio sul palco dell’Ariston.
“Il Cantico – ha sottolineato Benigni – esalta l’amore fisico. È la vetta della poesia di tutti i tempi. Talmente bello che è diventato sacro anche se la sua presenza nella Bibbia è strana: dentro ci sono corpi nudi frementi, erotismo, baci. Cose molto molto forti”. “Puro diamante” lo ha definito il Premio Oscar, facendo l’esegesi del testo in diretta tv. Per l’attore il Cantico dei cantici è un vero e proprio “inno all’amore che è l’infinito messo alla portata di ognuno di noi. Noi che abbiamo avuto in sorte questo scherzo grandioso di essere al mondo, glorioso, ora lo sappiamo perché, per amore. E di amore ne facciamo sempre poco, – ha aggiunto il comico toscano con una battuta – anche i giovani che ne parlano tanto non è che fanno tanto all’amore. Sarei per farne di più, anche stasera all’Ariston, in diretta, tutti a fare l’amore diretti da Vessicchio e come va va, sarebbe una serata bellissima”.
Per il Premio Oscar, quella narrata poeticamente nel Cantico dei cantici non “è la storia di una coppia, lei e lui che si amano, ma è la storia di tutte le coppie del mondo, la donna con il suo uomo, la donna con la sua donna, l’uomo con il suo uomo, addirittura ogni persona umana che ama per amare”. Nella sua esegesi del testo, Benigni ha citato anche il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura, e biblista di fama mondiale. “Il Cantico dei cantici – ha sottolineato l’attore – è la canzone più bella che sia mai stata scritta nella storia dell’umanità. Non è facile trovare una versione che vada bene per tutti, così mi sono fatto aiutare da grandi poeti come Cesare Angelini e Gianfranco Ravasi”.
Immediata la risposta entusiasta del porporato che sul suo profilo Twitter ha subito rilanciato il libro nel quale commenta integralmente il Cantico dei cantici. Ma Ravasi è anche un grande appassionato del Festival di Sanremo. E, come ogni anno, anche nell’edizione targata Amadeus ha twittato alcuni versi delle canzoni in gara che lo hanno maggiormente colpito per i loro testi: Rosso di rabbia di Anastasio, Dov’è delle Vibrazioni e Viceversa di Francesco Gabbani.
«Il Cantico dei cantici è la canzone più bella che sia mai stata scritta nella storia dell'umanità. Non è facile trovare una versione che vada bene per tutti, così mi sono fatto aiutare da grandi poeti come Cesare Angelini e Gianfranco Ravasi» (R. Benigni)
— Gianfranco Ravasi (@CardRavasi) February 7, 2020
Viene da chiedersi perché un testo così erotico sia contenuto nella Bibbia. L’interpretazione maggiormente accettata dagli esegeti è quella di applicare il Cantico dei cantici alle relazioni di Gesù Cristo con la sua sposa, ovvero la Chiesa, o con ciascuno dei singoli credenti. Un rabbino del II secolo dopo Cristo diceva: “L’universo intero non vale il giorno in cui Israele ebbe il Cantico dei cantici”. Non c’è dunque da scandalizzarsi davanti a questo componimento poetico dell’amore fisico. Francesco ha affermato che “la sessualità, il sesso, è un dono di Dio. Niente tabù. È un dono di Dio, un dono che il Signore ci dà. Ha due scopi: amarsi e generare vita. È una passione, è l’amore appassionato. Il vero amore è appassionato”.
Benedetto XVI nella sua prima enciclica, Deus caritas est, scrive che “oggi non di rado si rimprovera al cristianesimo del passato di esser stato avversario della corporeità; di fatto, tendenze in questo senso ci sono sempre state. Ma il modo di esaltare il corpo, a cui noi oggi assistiamo, è ingannevole. L’eros degradato a puro ‘sesso’ diventa merce, una semplice ‘cosa’ che si può comprare e vendere, anzi, l’uomo stesso diventa merce. In realtà, questo non è proprio il grande sì dell’uomo al suo corpo. Al contrario, egli ora considera il corpo e la sessualità come la parte soltanto materiale di sé da adoperare e sfruttare con calcolo. Una parte, peraltro, che egli non vede come un ambito della sua libertà, bensì come un qualcosa che, a modo suo, tenta di rendere insieme piacevole ed innocuo”.
Per Ratzinger, in questo modo “ci troviamo di fronte ad una degradazione del corpo umano, che non è più integrato nel tutto della libertà della nostra esistenza, non è più espressione viva della totalità del nostro essere, ma viene come respinto nel campo puramente biologico. L’apparente esaltazione del corpo può ben presto convertirsi in odio verso la corporeità. La fede cristiana, al contrario, ha considerato l’uomo sempre come essere uni-duale, nel quale spirito e materia si compenetrano a vicenda sperimentando proprio così ambedue una nuova nobiltà. Sì, l’eros vuole sollevarci ‘in estasi’ verso il divino, condurci al di là di noi stessi, ma proprio per questo richiede un cammino di ascesa, di rinunce, di purificazioni e di guarigioni”. Quindi eros e agape come due facce complementari della stessa medaglia che è appunto l’amore.