L’economia mondiale non è mai stata tanto solida. Nonostante le molte fragilità strutturali, la liquidità iniettata dalle banche centrali stabilizza i consumi e gli investimenti, e àncora le aspettative di crescita. Molti in questi anni hanno lanciato un “allarme recessione”: sbagliando. Solo un grande shock può squilibrare questa economia globale. Difficile da immaginare? Non più. Il nuovo coronavirus è il cigno nero che non aspettavamo. I governi e le borse ne sottovalutano l’impatto sull’economia.
Del virus si sa che è meno letale di altri: il tasso di mortalità dei contagiati sembra essere pari al 2% (Sars 9.6%). Il contagio è veloce e difficile da contrastare senza vaccini, se è vero che avviene prima che compaiano i sintomi. I vaccini non saranno disponibili prima del 2021. I casi rilevati fino alle ore 16 del 6 febbraio erano 28.344: di questi, 565 sono deceduti, 1382 guariti. Il grosso dei contagi è in Cina (28.085), Giappone (45), Singapore (28), Thailandia (25), Corea (24), Unione Europea (24), Hong-Kong (21), Australia (14), Taiwan (13), Usa (12).
I dati ufficiali sono però sottostimati. In Cina diversi malati non trovano posto negli ospedali e non sono diagnosticati; quanti restano a casa? In Africa non si segnalano casi, nonostante l’intensa presenza cinese: qualche dubbio è lecito. In prospettiva, lo scarso sviluppo dei sistemi sanitari locali potrebbe trasformare il continente africano in un secondo grande incubatore del virus. La buona notizia è che se una parte dei contagi, ma non dei decessi, sfugge alle statistiche, il tasso di mortalità è più basso. D’altra parte, essendo l’epidemia recente, molti decessi devono ancora avvenire: il tasso di mortalità potrebbe salire nei prossimi giorni. Per l’economia conta di più il numero dei contagi, fortemente correlato con le misure di sospensione delle attività economiche. E i dati ufficiali confermano che l’epidemia si sta allargando, in modo lievemente esponenziale: potrebbe essere solo l’inizio.
Se il contagio nel resto del mondo si fermerà, quale impatto economico avrà l’attuale epidemia? L’economia cinese (almeno la parte integrata nell’economia globale) è quasi ferma. Moltissime aziende multinazionali (Ikea, General Motors, Samsung) e locali hanno sospeso le attività produttive, prolungando le vacanze del capodanno cinese fino al 9 febbraio: perciò il governo cinese prevede quest’anno un rallentamento della crescita dal 6,6% al 2,5%.
Al tempo della Sars la Cina rappresentava il 4% dell’economia globale, oggi ne rappresenta il 16%: i grandi modelli econometrici dell’economia globale segnalano che per ogni 1% di crescita cinese che se ne va, la frenata nel resto del mondo è pari a 0,3-0,4%. Ciò implicherebbe una frenata dell’economia globale dal 3,3% all’1,8%. Ma in realtà non è chiaro cosa succederà in Cina a partire da lunedì: la crescita nel 2020 potrebbe facilmente azzerarsi, o peggio. Inoltre, le economie asiatiche sono più integrate che in passato con quella cinese: i ritardi produttivi cinesi stanno già sottraendo alle imprese in altri paesi componenti fondamentali per la produzione: ad esempio, in Corea; emergono le prime evidenze di un effetto domino. Se poi l’epidemia si diffondesse in altri Paesi, il cigno si trasformerebbe in… condor.
Le borse certamente soffriranno nelle prossime settimane/mesi. Qualcuno però sarà beneficato dalla crisi: i giochi on line; le consegne a domicilio di prodotti alimentari; l’e-commerce; alcune aziende farmaceutiche; i titoli di stato dei paesi più solidi; il franco svizzero.
L’economia reale ha due lati: quello dei produttori e quello dei consumatori acquirenti; entrambi i lati soffriranno. Dal lato dei produttori, occorre mettere la popolazione nelle condizioni di continuare l’attività produttiva anche in caso di epidemia, approntando le difese possibili (mascherine, lavoro a domicilio, campagne di informazione e prevenzione). Dal lato dei consumi, per evitare che un eventuale panico provochi un’impennata di risparmio precauzionale e il tracollo della spesa delle famiglie, i governi dovrebbero chiedere alle banche centrali un tempestivo annuncio (che orienti le aspettative) di interventi straordinari (anche di natura para-fiscale) in caso di necessità, a sostegno dell’economia e del welfare. Queste cose si pianificano per tempo: dopo, è tardi.