Un successo infinito che ancora oggi porta la Salerno, genovese, classe ’68, Miss Lido e Miss Liguria a 15 anni, in giro per il mondo. Mosca, Parigi, Madrid, decine di migliaia di ragazzi che potrebbero essere suoi figli le saltano e ballano sotto al palco al ritmo anni ottanta. Dai social alla politica, Sabrina si racconta
L’intervista a Sabrina Salerno in tempi “non sospetti” (ovvero molto prima che si pensasse a una sua presenza all’Ariston).
“Boys, boys, boys. I’m looking for a good time. Boys, boys, boys. Get ready for my love”. Trent’anni fa Sabrina Salerno con Boys scalò le classifiche italiane e mondiali della dance music bruciando record in Europa come in Sud America, e facendo svenire ogni ragazzino. Un successo infinito che ancora oggi porta la Salerno, genovese, classe ’68, Miss Lido e Miss Liguria a 15 anni, in giro per il mondo. Mosca, Parigi, Madrid, decine di migliaia di ragazzi che potrebbero essere suoi figli le saltano e ballano sotto al palco al ritmo anni ottanta. E lei in forma smagliante continua a cantargli “Everybody, summertime love. Be my lover, be my baby”.
Sono passati trent’anni da quel successo ma vedendola il tempo non sembra sia passato.
“Vi ringrazio, ma i trent’anni si sentono tutti”.
All’epoca si sarebbe mai aspettata un successo così duraturo di Boys, dell’album Sabrina?
“No davvero. Anche perché la musica anni ottanta era considerata “usa e getta”. Che certi brani di quegli anni siano destinati a durare in eterno non ha spiegazione”.
Come nacque la hit Boys?
“Pensate che fu l’ultima canzone ad entrare nell’album. Il disco, Sabrina, era praticamente chiuso e la canzone dell’estate doveva essere Hot Girls, brano che Vittorio Salvetti patron del Festivalbar voleva a tutti i costi. Invece all’improvviso in sala registrazione arrivò Claudio Cecchetto con un nuovo brano. Disse: “Sarà questa la canzone dell’estate”. E come sempre ebbe ragione Claudio. Insomma Boys non era programmata, fu un caso”.
Un video a lanciare il pezzo con pochissime inquadrature, con lei che entra e esce da una piscina, davvero incredibile per la sua semplicità quasi amatoriale.
“Anche su questo vi racconto un retroscena. Quel video in realtà non era stato girato per Boys ma solo come sigla del Festivalbar 1987. Appena iniziò a girare il brano, Boys divenne subito richiestissimo all’estero. Non avevamo un video pronto e allora mandavamo il video del Festivalbar. Poi lo tenemmo perché era molto efficace. Ebbe grandissimo successo. Eppure lo girammo in quindici minuti a Jesolo”.
A chi deve l’intuizione di averla scoperta e lanciata?
“Ci fu una persona di cui non voglio parlare che mi presentò a Cecchetto. Poi, come ha raccontato nella sua biografia, Claudio captò subito lo shining, rimase sorpreso dalla personalità di una ragazzina di 16 anni. In realtà ero morta di paura, ma avevo grinta da vendere, aspetto fondamentale per sfondare.
Il successo e la popolarità arrivati quando era giovanissima le sono pesati?
“Quando vendi milioni di dischi con una produzione italiana o ti trasferisci all’estero, altrimenti è difficile bissare un tale successo. Io ho poi lavorato con grandi produttori e autori come Giorgio Moroder e Stock Aitken Waterman, ma a ripensarci oggi sarei rimasta con Cecchetto”.
Ha iniziato la sua carriera da minorenne, se lo ricorda?
“Ci fu molta incoscienza, soprattutto perché non volevo fare questo mestiere. Feci un provino per sfida con me stessa e venni presa. Io fin da piccola leggevo Freud, Jung, ero appassionata psicanalisi, avrei voluto fare la psicologa. Niente a che vedere con quello che ho scelto. Ero una ragazza tormentata che cercava una spiegazione a propri comportamenti e pensieri. Per questo ero attratta da determinati filosofi. All’epoca facevo il liceo linguistico, le lingue mi sono sempre piaciute e sono tornate utilissime quando a 18 anni mi sono ritrovata all’improvviso a parlare inglese su tutte le tv europee”.
Si parla sempre di bellone senza cervello invece lei parla inglese, francese, spagnolo in grande scioltezza…
“Anche il russo. Vedete questo della bella e stupida è un luogo comune da sfatare. Se una donna arriva al successo delle doti comunque le deve avere. Oggi, anche tra le modelle, soprattutto se si è giovani, è facile perdersi perché non si ha una struttura mentale forte per capire chi hai davanti. Se una persona riesce a rimanere in piedi, sana di mente in un mondo così è un miracolo. Popolarità e successo fanno scattare in te meccanismi non positivi”.
La bellezza è mai stata un peso per lei?
“Sarei vigliacca a dire di sì. La giudico una grande fortuna sempre se la sai gestire. E poi la cosiddetta “bellezza” va mantenuta nel tempo, sia esteriormente che interiormente. Prendersi cura di se stessi è fondamentale per non perdersi mai”.
Alcune istantanee dalla sua carriera. 1991, Siamo donne. Sanremo andava fatto?
“Da un lato direi di sì perché il brano era un inno alla donna. Dall’altro col senno di poi, fu un po’ darsi una zappa sui piedi. Venivo dal mondo della dance e cantare in italiano a Sanremo non è stata una grande idea, mi conveniva continuare sulla dance. Dopo Sanremo contattai un grande produttore come Nile Rodgers per fare un disco, e lui accettò anche, ma il mio ex produttore me lo proibì. Quest’uomo mi ha in parte rovinato la carriera. Quando sei giovane ti si affiancano personaggi che se ne approfittano. Da una parte mi scovò e mi portò da Cecchetto ma dall’altro mi ha imposto scelte sbagliate. È morto da tempo e quindi non vi sto a dire il nome perché non ne vale la pena, ma tra le altre cose mi fece rifiutare un contratto offertomi dalla grande Sire Records”.
2010, Call Me, Samantha Fox.
“Ero stufa di sentirmi dire che ero la rivale di Samantha, come se negli anni ci fossimo sempre azzuffate. Invece a me piace lavorare con le donne. Tendo ad essere protettiva con l’universo femminile e sto molto bene con le donne. Quando l’ho incontrata le ho detto: “E’ ora che la gente capisca, zittiamo queste voci, questi pettegolezzi che hanno giovato ad entrambe all’epoca, ma che oggi non hanno più senso”. Ho avuto un percorso di vita simile al suo, mi rivedo in lei. Samantha ha avuto grande coraggio: da sex symbol quale era fare outing e sposarsi con una donna non era da tutti. Nel mondo ancora oggi persone vivono l’omosessualità come qualcosa da nascondere. Lei è stata un esempio”.
In un video di un vostro live di Call Me vi date anche una sorta di bacetto saffico…
“Fu per divertirci. Io sono sposata, ho un figlio, non ho tendenze lesbiche, ma sono sempre stata molto gay friendly”.
Altro momento sexy, a Sanremo mentre c’è il ritornello di Siamo donne sbottona la giacca e rimane in due pezzi, se lo ricorda?
“Era una provocazione. Cantavamo “oltre le gambe c’è di più”, e io apposta mostravo il fisico. Non tutti lo capirono, e forse nemmeno oggi”.
Rispetto agli anni ottanta le donne come stanno rispetto agli uomini?
“C’è ancora un fortissimo maschilismo in molti settori. Le donne sono diventate un po’ più dure e incavolate. Comunque questi confini trasparenti non si sono rotti definitivamente e chissà quando succederà, anche se credo fondamentalmente che il potere è donna.
A proposito di maschi, ma un sex symbol come lei ha avuto una vita intima normalissima.
“È stato il mio più grande successo. Mantenere la stessa relazione per così tanti anni è essere stati davvero controcorrente. Io, oltretutto, da ragazzina cercavo tante cose contemporaneamente, c’era grande confusione in me, volevo fare tre figli e averne solo uno è un po’ un rimpianto. E comunque alla soglia dei 50 anni sono sempre alla ricerca di me stessa”.
Oggi per sfondare parteciperebbe a un talent?
“I talent per quelli che li fanno sono senz’altro un trampolino di lancio. Ma oggi rispetto agli anni settanta/ottanta c’è un’esuberanza incredibile di prodotti musicali. Moltissimi cantanti nascono e muoiono in un pochi mesi. Inoltre con il web è stato rivoluzionato totalmente il marketing. I talent show all’epoca erano i provini in cui ci facevano cantare e ballare. Pensate che il primo provino della mia vita fu con Johnny Dorelli e Nino Manfredi per Premiatissima. Avevo sedici anni, ero una outsider, e con quell’età lì ero la più giovane di tutte le esordienti. Oggi non è più così”.
Il cinema non è mai stato un suo obiettivo professionale.
“Non è mai capitata l’occasione giusta. Anche se in Francia lavoro moltissimo, ad esempio sono interprete di due film popolari come Stars 80, 1 e 2, con Richard Anconina. Non è escluso che a breve faccia l’attrice per un titolo importante ma non in Italia”.
Le faccio un nome: Michela Sauli, Fratelli d’Italia (1989)
“Un cult. Non dico altro”.
Lei è attivissima sui social, soprattutto con le foto su Instagram.
“I social sono fondamentali, sta però a noi dargli l’indirizzo che vogliamo. Possono essere pericolosissimi, ma per un personaggio pubblico sono una manna”.
Oramai twittano tutti: da Trump a Renzi…le capita mai di farsi una risata a leggere i tweet dei politici?
“Sì, seguo e leggo tanto sui social per capire in che mondo viviamo. Solo che dentro di noi abbiamo il male che prevale sul bene, e tendiamo a distruggere il nostro pianeta. Per il dio denaro siamo diventati tutti schiavi. Ed è questo che muove la politica. Libero è chi riesce ad essere libero dai soldi. Un’utopia”.
C’è un politico oggi in Italia che le sembra in gamba?
“No, anche perché c’è stata una persona simpatica ultimamente ma se dico il cognome si capisce la mia linea politica e non voglio condividerla col pubblico. Ci sono persone che stimo di più ma è oggi difficilissimo seguirle per lungo tempo, perché appena segui qualcuno e ne condividi le idee arriva un avviso di garanzia e vanno a finire male”.
Tra l’altro lei viene da Genova, la città di Grillo.
“Beppe lo adoro. Lo conosco da quando sono ragazzina e lo stimo. Un grandissimo comico, una bella testa. Non posso non sostenere un genovese, è la mia città”.