L'organizzazione per i diritti umani chiede un intervento immediato per liberare il ricercatore egiziano. La Farnesina ha fatto sapere che sta seguendo la vicenda, ma nessuna dichiarazione ufficiale dall'esecutivo. Il prorettore: "Siamo preoccupati e stiamo seguendo attentamente la vicenda in contatto con i ministeri dell’Istruzione e dell’Interno"
Amnesty International chiede che il governo italiano si attivi perché l’attivista egiziano e ricercatore dell’Università di Bologna Patrick George Zakysia, arrestato il 7 febbraio al Cairo, sia liberato. “E’ opportuno che l’Italia si faccia sentire”, è la richiesta dell’organizzazione per la tutela dei diritti umani. Secondo l’ong per la quale lavora il 27enne, Egyptian Iniziative for Personal Rights (Eipr), “è stato picchiato e torturato con l’elettroshock”. Per il momento dall’esecutivo non sono arrivati commenti ufficiali. Fonti della Farnesina hanno fatto sapere di “seguire con attenzione il caso”. Chi si è esposto è stato il presidente della commissione d’inchiesta sulla morte di Giulio Regeni Erasmo Palazzotto (Leu): “Come si fa a considerare ancora l’Egitto un Paese sicuro?“, ha scritto su Twitter. “Il governo italiano non può continuare a far finta di niente nelle relazioni con un Paese che continua a violare i diritti umani in questo modo”. Il riferimento è al ricercato friulano ucciso al Cairo nel 2016 e per la cui morte è in corso l’indagine dell’organismo bicamerale.
Il portavoce di Amnesty Italia Riccardo Noury è stato tra i primi a dare l’allarme e a chiedere la mobilitazione delle autorità italiane: “Ci aspettiamo un susseguirsi di ordini di detenzione di 15 giorni, rinnovabili più volte”, ha detto, “e naturalmente in questa situazione di detenzione prolungata, il rischio è che le condizioni detentive siano equiparabili a tortura, se non la tortura stessa. Se il governo non agisse, sarebbe l’ennesimo segnale che è poco interessato ai diritti e lo è di più a vendere navi all’Egitto”. E ha concluso: “Non sottovalutiamo di aver fatto questo ‘rumore’: è una deterrenza per chi pensa che nessuno nel mondo sappia cosa succede e che quindi crede di poterlo trattare come gli pare, come accaduto con Giulio“.
Intanto si apre anche il caso politico. Ufficialmente il governo italiano non ha rilasciato dichiarazioni, ma alcuni deputati Pd hanno chiesto che “le autorità italiane si interessino della vicenda al più presto”. “Patrick George è uno studente di una università italiana”, ha scritto su Twitter la capogruppo dem in commissione Esteri Lia Quartapelle. “Presenterò una interrogazione per chiedere se il governo italiano ha chiesto informazioni sulle ragioni dell’arresto e se ha protestato”. Stessa posizione tenuta dal deputato Pd di Bologna Andrea De Maria: “Le notizie che provengono da Amnesty International destano grande preoccupazione. A maggior ragione perché si tratta di un attivista che potrebbe essere sottoposto a violazioni dei diritti umani. E importante che tutte le autorità italiane si attivino in merito, come già stanno facendo il Comune e l’Università di Bologna”. Poco prima infatti aveva parlato il primo cittadino Virginio Merola: “Mi associo alle preoccupazioni di Amnesty International e spero che si possano avere presto notizie rassicuranti sullo studente egiziano che sta frequentando un master nell’università di Bologna. Dal balcone del nostro Comune sventola lo striscione giallo per Giulio Regeni, anche per questo non possiamo essere indifferenti a quello che è accaduto”. Anche il presidente dell’Emilia-Romagna Stefano Bonaccini è intervenuto: “Auspico che al più presto si possano avere notizie rassicuranti. Il nostro ministero degli Esteri sta seguendo la vicenda, che non può in alcun modo deviare dal rispetto dei diritti della persona, da procedure trasparenti e dalla piena informazione su quanto stia accadendo”.
Anche l’università di Bologna ha fatto sapere di essersi attivata: “Siamo preoccupati per il nostro studente e stiamo seguendo attentamente la vicenda in contatto con i ministeri dell’Istruzione e dell’Interno”, ha detto all’agenzia Ansa Mirko Degli Esposti, prorettore vicario dell’ateneo. “Quando i nostri studenti vanno all’estero per conto dell’ateneo, possiamo mappare i loro movimenti, ma in questo caso Zaky era tornato in Egitto a visitare la famiglia”, ha detto Degli Esposti, spiegando che “al momento non abbiamo altre informazioni se non quelle che leggiamo dagli organi di stampa”. L’ex ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti ha annunciato un’interrogazione all’esecutivo: “Fatto gravissimo”.
Per cercare di fare pressioni sul governo egiziano, un attivista ha lanciato sul sito Change.org una petizione online. L’appello ha raccolto in poche decine di minuti oltre un migliaio di adesioni. “Patrick George Zaki – si legge – è stato rapito dalle forze di sicurezza dello Stato egiziano all’arrivo all’aeroporto del Cairo per trascorrere nel Paese le vacanze”. Patrick è “scomparso forzatamente per 24 ore” poi è “ricomparso” con le autorità egiziane che “affermano di averlo arrestato a Mansoura, sua città natale” e luogo in cui vive la sua famiglia. “Le forze di sicurezza egiziane – conclude l’appello su Change.org – sono le stesse coinvolte nell’omicidio del ricercatore italiano Giulio Regeni al Cairo nel 2016″.