“Il ministero dell’Università si è subito attivato insieme all’ateneo di Bologna per ricostruire la situazione dello studente Patrick George Zaky“. Mentre il dicastero dell’Interno del Cairo ha confermato l’arresto del ricercatore egiziano, il primo esponente del governo italiano a esporsi ufficialmente è stato Gateano Manfredi che in una nota ha fatto sapere che “insieme al ministro Luigi Di Maio” stanno “operando tramite i canali diplomatici per reperire informazioni certe e trasparenti e verificare la situazione in maniera accurata nel rispetto dei diritti della persona”. Più tardi Fabio Massimo Castaldo, europarlamentare del Movimento 5 Stelle e vicepresidente del Parlamento europeo, ha chiesto “il rilascio immediato di Patrick e che il governo egiziano renda note le circostanze che hanno portato all’arresto”. “Noi non permetteremo che ci sia un nuovo caso Regeni”, scrive Castaldo su facebook. “Dobbiamo agire adesso, prima che sia troppo tardi”.
L’esponente M5s ricorda che “secondo i suoi legali, nelle 24 ore intercorse dall’arresto al trasferimento in una struttura di detenzione a Mansoura, a 120 chilometri dalla capitale, il giovane sarebbe stato ‘picchiato, sottoposto a elettro shock, minacciato e interrogato su diverse questioni legate al suo lavoro e al suo attivismo’. Secondo quando spiegato dalle autorità, l’arresto è avvenuto in esecuzione di un mandato di cattura emesso nel 2019, del quale Zaki non era a conoscenza. Questo è un fatto gravissimo, e lo è per due ragioni: anzitutto, non si conoscono i motivi che hanno portato all’arresto di Patrick. Di quale colpa sarebbe reo? Inoltre, le parole rilasciate dai legali del ragazzo mi lasciano davvero sgomento: un trattamento del genere è francamente disumano“.
Il ministro degli Esteri Di Maio intanto, fa sapere la Farnesina, “per il tramite dell’Ambasciata d’Italia al Cairo, segue da vicino e fin dal primo momento il caso”. L’Italia ha chiesto l’inserimento del caso all’interno del meccanismo di ‘monitoraggio processuale’ coordinato dalla delegazione Ue in loco che consente ai funzionari delle ambasciate Ue di monitorare l’evoluzione del processo e presenziare alle udienze. “Roma continuerà a seguire il caso sia tramite il coordinamento con i partner che attraverso altri canali rilevanti”. Da alcune ore Amnesty International e parte del mondo politico sta chiedendo all’esecutivo Conte di prendere posizione sul tema. Ieri ha parlato il presidente della commissione d’inchiesta sull’uccisione di Giulio Regeni Erasmo Palazzotto: “L’Italia non può fare finta di niente”, ha detto. Domenica Riccardo Noury, portavoce di Amnesy in Italia, ha detto al Guardian che Zaki “era probabilmente spiato in Italia”.
L’università di Bologna, dove lo studente stava appunto frequentando un master sugli studi di genere, ha creato un gruppo di crisi per seguire, in stretto contatto con le autorità competenti, la vicenda. “L’ateneo – ha detto il prorettore Mirko Degli Esposti, “sta seguendo con grande attenzione l’evolversi della situazione e auspica che questa vicenda possa avere un esito rapido e positivo, nella piena trasparenza e completezza delle informazioni e nel pieno rispetto dei diritti delle persone. Speriamo che Patrick possa tornare al più presto a Bologna per riprendere gli studi del secondo semestre e proseguire poi il suo percorso anche il prossimo anno come aveva previsto”. Patrick George Zaky ha vinto una borsa di studio, dopo una rigorosa selezione, per partecipare al master internazionale Gemma, un corso di studio unico in Europa sugli studi di genere. “Da quando ha iniziato le sue attività all’Università di Bologna lo scorso settembre, Patrick ha partecipato al corso con grande entusiasmo, competenza e professionalità. Tutte le testimonianze raccolte da parte dei docenti e delle studentesse e studenti che lo hanno conosciuto restituiscono un ritratto molto diverso da quanto sembrano indicare le autorità egiziane”.
Alle 20, in piazza Maggiore a Bologna, è stato organizzato un flash mob “per chiedere ‘Libertà per Patrick’. “Chiediamo”, si legge nell’appello, “che sia immediatamente data la possibilità ai famigliari del ragazzo di sapere in che condizioni si trova, che siano tutelati i suoi diritti e che sia messo nelle condizioni di potersi difendere. Non permetteremo un nuovo caso Regeni. Non lasciamo da solo Patrick. Patrick è uno di noi!“. E ha superato le 7.300 firme la petizione su change.org per chiedere al governo egiziano il rilascio di Patrick.