Le accuse, a vario titolo, sono quelle di corruzione e rivelazione di segreto d’ufficio e l’inchiesta dei pm, nata dopo la denuncia di un vigile della Municipale di Pisa, adesso fa tremare Palazzo Civico. I filoni sono due: il primo riguarda due ristoratori nella zona del Duomo che sarebbero stati avvertiti in anticipo dei controlli; il secondo è il giro di tangenti incassate, secondo i pm, da un funzionario per sistemare le pratiche edilizie ferme
Il gesto sembra quasi naturale, la mossa senza alcuna esitazione. Il geometra Francesco Carmignani è davanti alla scrivania del referente edilizia privata del Comune di Pisa, Simone Giommoni: poi si china, apre il cassetto e ci lascia un pacchetto di banconote. Una mazzetta da 150 euro, in attesa degli altri 350 che saranno “saldati” più avanti per arrivare alla cifra tonda di 500: è il prezzo da pagare per sanare la pratica edilizia di un ristoratore amico che grazie a quello “snellimento” burocratico sarà in grado di vendere la propria casa sul litorale pisano. È questo solo uno dei presunti episodi di corruzione ripresi dalle telecamere del Comune e su cui la Procura di Pisa ha aperto un’inchiesta che vede nove indagati: quattro pubblici ufficiali (di cui tre poliziotti), tre professionisti e due ristoratori. Le accuse, a vario titolo, sono quelle di corruzione e rivelazione di segreto d’ufficio e l’inchiesta dei pm, nata dopo la denuncia di un vigile della Municipale di Pisa, adesso fa tremare Palazzo Civico.
Per sette dei nove indagati la Procura aveva chiesto l’arresto mentre il giudice per le indagini preliminari, Donato D’Auria, ha fatto applicare per altre misure cautelari: la sospensione dall’esercizio per i pubblici ufficiali, per gli altri il divieto di esercitare per un anno e per uno dei due ristoratori anche il divieto di dimora nel Comune di Pisa. Due vigili invece sono indagati per rivelazione di segreto e corruzione ma non sono stati raggiunti da alcun provvedimento cautelare. Il sindaco leghista Michele Conti ha provveduto subito a sospendere i due funzionari indagati: “Sono mele marce”, ha detto. “Conti deve chiarire cosa sta accadendo”, chiede l’ex sindaco del Pd, Marco Filippeschi. Così il caso la prossima settimana finirà in consiglio comunale.
L’inchiesta – In quei controlli c’era qualcosa che non andava. In teoria dovevano essere blitz segreti per sequestrare la merce contraffatta dei venditori per il centro di Pisa: in pratica, diventavano nulla di fatto. Una, due, tre volte. Poi, le voci che accusavano l’agente Fabio Mannocci di anticipare i sequestri, sono iniziate a circolare all’interno della polizia municipale. Fino ad arrivare al comandante Michele Stefanelli che ha fatto partire la denuncia nei confronti del collega e l’inchiesta della Procura di Pisa, iniziata nel febbraio 2019 basandosi su intercettazioni ambientali, telefoniche e soprattutto sui filmati che testimoniano – ad avviso degli inquirenti – il giro di mazzette intorno all’ufficio dell’edilizia privata del Comune di Pisa. I filoni dell’inchiesta del nucleo investigativo dei carabinieri e coordinata dal sostituto procuratore Flavia Alemi, sono due: il primo riguarda due ristoratori nella zona del Duomo di Pisa (Nicola Lamacchia e Nicola Vannucci) che, secondo i pm, venivano avvertiti in anticipo dei controlli dal vigile urbano, Fabio Mannocci; il secondo è il giro di tangenti incassate dal funzionario comunale dell’edilizia Simone Giommoni, per sistemare le pratiche edilizie ferme. Secondo il procuratore capo Alessandro Crini, però l’inchiesta potrebbe allargarsi ancora: dopo il blitz di martedì in Comune, sono in corso verifiche su tutti i fascicoli che nell’ultimo anno sono passati per l’ufficio edilizia e in particolare sul suolo pubblico e il rispetto delle concessioni.
“Sistema i tavolini” – Tutta l’inchiesta parte dalle presunte rivelazioni segreti del vigile urbano Fabio Mannocci in occasione di alcuni sequestri di merce contraffatta. Il sospetto è che i venditori fossero preavvisati ma nelle intercettazioni telefoniche i pm scoprono che a beneficiare delle rivelazioni dell’agente fossero soprattutto due ristoratori, il proprietario dell’enoteca “Il Toscano” Nicola Lamacchia e Nicola Vannucci della trattoria toscana di via Santa Maria (a poche decine di metri dalla Torre pendente). Secondo i pm, il vigile e i ristoratori si mettevano anche d’accordo sugli orari dei controlli per non disturbare l’attività giornaliera. In una conversazione intercettata il vigile Mannocci chiama il ristoratore Vannucci per avvertirlo che “oggi ehm… c’è da controllà tutti i suoli pubblici… i tavolini devono essere messi a modo come devono esser messi…vi si fa il verbale eh?”. “Levo anche il fondo?”, chiede il proprietario del ristorante. “Sì, sì, sì, leva anche il fondo, leva tutto”. Secondo l’accusa, il vigile Mannocci aveva con uno dei ristoratori un rapporto più stretto: insieme gestiscono un bed&breakfast sulle colline pisane dal quale l’agente avrebbe “ricavato degli utili”: secondo i pm, sarebbe questa “la contropartita per gli avvisi sui controlli imminenti al ristorante in città”.
Le tangenti per “snellire” le pratiche del Comune – Intercettando Mannocci, però, gli investigatori arrivano anche a Lamacchia, da cui parte il secondo filone (più corposo) dell’inchiesta: quello delle mazzette per “snellire” le pratiche edilizie gestite dal Comune. Il procuratore di Pisa, Alessandro Crini, ha detto in conferenza stampa che i presunti casi corruttivi sarebbero sei in tutto e ce n’è uno significativo ripreso dalle telecamere perché sembra far pensare a una consuetudine a Palazzo Gambacorti. Lamacchia vuole vendere la sua casa sul litorale pisano ma per farlo deve sanare un abuso edilizio e per questo si affida al geometra Francesco Carmignani e all’ingegnere Matteo Casarosa, secondo l’accusa i suoi intermediari, per andare a parlare con il referente dell’edilizia comunale Giommoni. L’ufficio è il suo e le immagini riprese dalle telecamere sembrerebbero esplicite: si vede Giommoni prendere i soldi da Lamacchia e metterseli in tasca. Secondo il gip il funzionario comunale, dopo aver “sottratto” la pratica edilizia al collega a cui era stata assegnata, “suggeriva all’ingegner Casarosa di attestare falsamente che i muri del fabbricato avevano una distanza dal confine compresa tra i limiti stabiliti dal regolamento comunale, al fine di consentire l’accoglimento della richiesta di sanatoria”.
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