Si apre la settimana decisiva per la riforma della prescrizione e il processo penale. Dopo l’intesa raggiunta sul lodo Conte bis, nonostante le resistenze di Italia viva, il governo si prepara alla prova dell’Aula. Il primo scoglio è nel decreto Milleproroghe e sarà affrontato martedì 11 febbraio quando sarà presentato l’emendamento con il lodo Conte bis: la modifica concordata prevede lo stop alla prescrizione in primo grado solo in caso di condanna. I renziani voteranno contro in commissione, salvo sorprese, ma questo non impedirà l’arrivo in Aula del testo. Subito dopo, è l’intenzione, ci sarà un consiglio dei ministri nel quale sarà presentata la riforma del processo penale che andrà nel senso di ridurre i tempi e migliorare l’efficienza. Il Milleproroghe inizierà quindi il suo percorso alla Camera mercoledì e, al termine della discussione, passerà al Senato: l’ipotesi è che il governo metta la fiducia e in quel caso difficilmente Iv voterà contro. Matteo Renzi anche oggi ha ribadito che “non intende far cadere il governo”. Secondo Repubblica, la sua strategia prevede di presentare una proposta di legge che modifichi la riforma Bonafede in Aula, ma dopo che il loco Conte bis avrà ottenuto il via libera.

In generale, a una settimana esatta di distanza dalle minacce del leader di Italia viva e mentre il clima sembrava così teso da poter saltare tutto, i segnali sembrano essere positivi perché si arrivi davvero a una soluzione degli scontri. A esporsi oggi è stato il segretario Pd Nicola Zingaretti: “Mi sembra”, ha detto, “che ci sia la conferma di un buon punto di arrivo che ci permette ora di riaccendere l’agenda per il lavoro e la crescita, lo sviluppo e gli investimenti, sulla scuola, l’economia e il lavoro ripartendo da uno spirito che deve essere unitario”. Proprio la discussione sulla giustizia ha infatti bloccato la revisione dell’accordo di governo tra Pd-M5s-Leu: dopo il primo incontro post elezioni Regionali, il premier Conte aspetta di superare lo scoglio prescrizione per procedere nella scritture del piano che, almeno nelle intenzioni, deve coprire l’attività fino al 2023. “Non se ne può più di polemiche e di picconate”, ha detto ancora Zingaretti riprendendo una della sue argomentazioni dei giorni scorsi per replicare alle “minacce” di Matteo Renzi, “gli italiani si aspettano una comunità che produca i fatti. Ora avanti tutta per dare risposte a un Paese che se lo aspetta”. Il messaggio che arriva dai dem è quello di una soluzione possibile e imminente. Insomma segnali di distensione condivisi dal M5s. “Quello che vogliamo è fare l’interesse dei cittadini”, ha scritto in una nota il capo politico M5s Vito Crimi, “che passa da processi più rapidi, giusti e dalla certezza della pena. Dovere dello Stato è dare sempre una risposta di giustizia. Se c’è l’interesse a lavorare in questa direzione, è in corso la riforma del processo penale e lì tutti possiamo dare un contributo”.

Intanto in questi giorni hanno preso posizione anche i magistrati. L’Associazione nazionale (Anm) ha denunciato lo “stallo” dovuto a “preoccupazioni catastrofiche che non condividiamo”: quello stallo, dicono, non ha permesso di affrontare ancora quella che viene ritenuta un’emergenza. Una posizione ribadita anche dal procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri che oggi, intervistato da Lucia Annunziata a “In mezz’ora” ha chiesto che “il legislatore si preoccupi del perché i fascicoli stanno 4 anni nell’armadio del pm”. Il pm ha anche definito quella di Bonafede “la madre di tutte le riforme” e la mediazione del lodo Conte bis come “una mediazione al ribasso”. “Tutte queste persone”, ha detto ancora, “che si stanno ammazzando a gridare contro la prescrizione, perché nel mentre non presentano un’alternativa, un articolato di legge dove dimostrano concretamente che è possibile velocizzare i processi, che è possibile far funzionare la giustizia?”.

Chi continua però a promettere battaglia è Italia viva. Anche se le ricostruzioni interne garantiscono che non hanno intenzione di arrivare fino alla rottura del patto che tiene in piedi l’esecutivo, ufficialmente il leader e i suoi ribadiscono che non intendono fare “passi indietro”. “La legge Bonafede cambierà”, ha scritto a metà mattina Matteo Renzi su Facebook. “Come e quando cambierà dipende dalle arzigogolate tattiche parlamentari. Ma noi non ci fermeremo finché gli avvocati e i magistrati continueranno a dire che le proposte di Bonafede sono incostituzionali. Ci vorranno settimane di dibattito parlamentare ma non abbiamo fretta”. E ha aggiunto: “Fare i populisti riesce a tutti, fare politica no. Nessuno vuol far cadere il governo ma non accetteremo mai di diventare grillini. Meno che mai sulla giustizia”.

In mattinata il vicecapogruppo Pd alla Camera Michele Bordo aveva espresso soddisfazione per i retroscena che davano Italia viva positiva e pronta a votare la fiducia. “Hanno finalmente compreso che la loro contrarietà alle modifiche sostanziali concordate nella maggioranza sulla prescrizione avrebbe lasciato in vigore, purtroppo, la riforma Bonafede che loro stessi contestano”, si leggeva. “Meglio tardi che mai: avevamo detto sin dall’inizio che gli ultimatum erano sbagliati, siamo contenti adesso che Italia Viva abbia assunto una nuova posizione facendo marcia indietro”. A Bordo ha però replicato il coordinatore nazionale e vicepresidente della Camera Ettore Rosato ribadendo che Italia viva non ha cambiato idea: “Le dichiarazioni di queste ore del collega a nome dei deputati Pd sul tema della giustizia sono mediocri provocazioni su un terreno su cui converrebbe usare prudenza e saggezza. Sulla prescrizione, (lo dico in particolare a giornalisti, commentatori, colleghi di maggioranza al governo) noi contrasteremo qualsiasi forzatura istituzionale e non ci sarà nessuna marcia indietro e nessun tipo di accordo che vada a contrastare i principi costituzionali”. In particolare, secondo Rosato, “sarebbe uno scandalo” usare “il Milleproroghe per modificare il diritto penale”. Proprio questa è una delle contestazioni fatte nei giorni scorsi alla maggioranza, ma al momento l’ipotesi di inserire il lodo Conte bis in un decreto a parte sembra accantonata.

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