Trionfo Parasite. Miglior film, miglior film internazionale, miglior sceneggiatura e miglior regia. Non era mai successo nella storia degli Oscar. È il primo film non in lingua inglese a vincere nella più importante categoria tra quelle dell’Academy. Sì, certo, The artist vinse nel 2011, ma era un film muto e soprattutto ambientato totalmente ad Hollywood.
La dedica del miglior regista al Maestro Scorsese – Il film targato Corea del Sud, scritto e diretto da Bong Joon Ho è invece un vero e proprio altrove geografico e culturale, anche se racconta qualcosa di politicamente universale come l’eterno conflitto tra differenti classi socio-economiche. Insomma, un Oscar molto marxista e poco liberista, quello del 2020. Ma soprattutto un Oscar, anzi quattro che vanno a premiare un’opera di grande cinema a livello tecnico ed estetico. Il primo Oscar, allo script di Bong, arriva quando ancora la cerimonia è agli inizi. Poi l’esplosione di premi prorompe nell’ultima mezz’ora.
Bong si deve alzare quattro volte ed ogni volta è totale sorpresa. A un certo punto quando deve ritirare la statuetta come miglior regista, surclassando Scorsese, Tarantino, Mendes e Todd Phillips gli tocca inchinarsi regalando una standing ovation per zio Marty: “Quando studiavo cinema ciò che più mi è rimasto nel cuore è la frase: più si è personali più si è creativi. E quella frase l’ha detta Scorsese che ho studiato a scuola”.
Dolby Theatre in piedi per Martin. “Ringrazio anche Quentin che ha sempre messo i miei film tra suoi preferiti”. E Tarantino ringrazia da vero fratello di sangue facendo il gesto della mano sul cuore. “Avessi una motosega dividerei l’Oscar in tante parti con tutti voi”. Bong, 50 anni, una carriera di successo nel terzo più grande sistema di produzione cinematografica al mondo, non è solo tipo da film art house come Parasite. Nel passato ha girato un blockbuster come The Host, un film drammatico come Memories of murder, ma soprattutto un film estremamente animalista come Okja, dove la protagonista salva un maiale dal macello per poi viverci insieme. Insomma, oltre l’inquadratura c’è di più.
Joaquin Joker e il discorso ultrambientalista – Un po’ come ha voluto sottolineare, serissimo, Joaquin Phoenix, Oscar annunciato e meritato come miglior attore protagonista in Joker, nel suo impressionante discorso politicamente ultra-ambientalista: “Il dono più grande è l’opportunità di dare la nostra voce a chi non ha voce. Tutte le volte che parliamo di diseguaglianze di genere, razzismo, diritti LGBTQ, diritti degli animali e dei nativi, parliamo di diritti dove una specie non deve dominarne un’altra impunemente. Siamo così lontani e disconnessi dalla natura, pensiamo di essere al centro dell’universo, ci sentiamo in diritto di inseminare artificialmente una mucca e quando gli nasce un vitello glielo rubiamo o usiamo il suo latte per i cereali al mattino”, ha spiegato Phoenix.
“Abbiamo paura dell’idea di cambiare, pensiamo solo al sacrificio che toccherebbe a noi, ma gli esseri umani sono così pieni di inventiva. Usiamo l’amore per realizzare un sistema di vita per tutti gli esseri senzienti e l’ambiente. Nella mia vita sono stato egoista, cattivo e crudele, sono stato un collega difficile, ma la cosa più importante è darsi una seconda opportunità. Sosteniamoci insieme così verrà il meglio per l’umanità”. Joaquin ha poi concluso citando il fratello River: “Quando mio fratello aveva 17 anni scrisse: corri verso il rifugio con amore e la pace giungerà”.
Gli altri film e il premio a Renée Zellweger per Judy – Di fronte all’exploit di Parasite tutti gli altri film in nomination rimangono come annichiliti. 1917, sbandierato come il favorito alla vigilia, vince tre Oscar (fotografia, sonoro ed effetti speciali). A due Oscar si fermano Joker (Phoenix come miglior attore e la straordinaria colonna sonora dell’islandese Hildur Guðnadóttir); C’era una volta ad Hollywood (Brad Pitt come miglior attore non protagonista e production design); ma anche due Oscar come montaggio e sound editing per l’ingiustamente trascurato Ford vs. Ferrari di James Mangold. Ad un Oscar troviamo invece Marriage Story di Noah Baumbach (Laura Dern come attrice non protagonista); Piccole donne (costumi) e Bombshell (trucco).
Mentre a bocca asciutta rimane mestamente The Irishman di Martin Scorsese che in mezzo a tutta la compagnia di giro degli altri nominati e vincitori è parso improvvisamente un film vecchissimo e imbalsamato come mai ci era sembrato in questi mesi. Oltretutto nel solito tabellino vecchi studios vs. Netflix&Co, i vecchi studios non sembrano lasciare quest’anno granché ai nuovi arrivati, anzi. L’Oscar alla miglior attrice protagonista, telefonato anch’esso da settimane, va a Renée Zellweger che rifà in posa plastica, gobbetta e visino tra il contrito e l’alcolizzato una Judy Garland vecchio stile, che è anche un modo per Hollywood di risarcire sacrifici e tragedie all’attrice del Mago di Oz e di È nata una stella.
La lunga notte degli Oscar era iniziata sul red carpet dei divi con uno Spike Lee in abito viola melanzana Los Angeles Lakers (lui che è dei Knicks di New York) omaggio esplicito allo scomparso Kobe Bryant. A stretto giro di posa per i fotografi una Margot Robbie in nero mozzafiato, Scarlett Johansson in bianco panna praticamente perfetta, e un terrificante Timothée Chalamet con outfit tra pigiama e palestra. In mancanza di un vero presentatore, formula che probabilmente proseguirà nei prossimi anni, l’apertura grintosa, sontuosa e raffinata in musica di Janelle Monae ci ha abituati troppo bene. Perché la serata degli Oscar è stata sostanzialmente succinta ma terribilmente noiosa: mai uno sbaffo, mai una mezza parola oltre i limiti consentiti, mai una sorpresa.
L’unico sussulto imprevisto e molto comunista arriva quando viene premiato American Factory come miglior documentario. Julia Rieichert, co-regista assieme Steven Bognar, si prende lo spazio di una battuta sul mondo del lavoro: “Per i lavoratori la vita è sempre più dura e potrà migliorare solo quando lavoratori di tutto il mondo si uniranno”. Ancora la Disney/Pixar a raccogliere l’ennesimo Oscar per l’animazione con Toy Story 4. Poi corrono tutti in scena per far chiudere presto la serata: Elton John, che tra l’altro vince il suo secondo Oscar per il brano I’m Gonna Love Me Again, tratto dal film suo biopic Rocketman, esegue un live inascoltabile; Billie Eilish che invece canta una Yesterday da brividi mentre scorrono le immagini “in memoriam” rivediamo i nostri Piero Tosi e Franco Zeffirrelli, ma anche il grande Kirk Douglas, Peter Fonda, Terry Jones e Bibi Andersson; infine Eminem che rilascia una scarica di adrenalina che subito si esaurisce dopo la standing ovation. Alla fine gli Oscar 2020, invece del solito florilegio post #metoo, donna-afro-LGBTQ, (a proposito niente afroamericani vincitori) parlano improvvisamente coreano. La sala applaude convinta. Un finale più inatteso di così forse nemmeno il bustone scambiato da Warren Beatty e Faye Dunaway.
Miglior film:
“Ford v Ferrari”
“The Irishman”
“Jojo Rabbit”
“Joker”
“Little Women”
“Marriage Story”
“1917”
“Once Upon a Time in Hollywood”
“Parasite”
Miglior attore:
Antonio Banderas, “Pain and Glory”
Leonardo DiCaprio, “Once Upon a Time in Hollywood”
Adam Driver, “Marriage Story”
Joaquin Phoenix, “Joker”
Jonathan Pryce, “The Two Popes”
Miglior attrice:
Cynthia Erivo, “Harriet”
Scarlett Johansson, “Marriage Story”
Saoirse Ronan, “Little Women”
Charlize Theron, “Bombshell”
Renee Zellweger, “Judy”
Miglior attore non protagonista:
Tom Hanks, “A Beautiful Day in the Neighborhood”
Anthony Hopkins, “The Two Popes”
Al Pacino, “The Irishman”
Joe Pesci, “The Irishman”
Brad Pitt, “Once Upon a Time in Hollywood”
Miglior attrice non protagonista:
Kathy Bates, “Richard Jewell”
Laura Dern, “Marriage Story”
Scarlett Johansson, “Jojo Rabbit”
Florence Pugh, “Little Women”
Margot Robbie, “Bombshell”
Miglior regia:
Martin Scorsese, “The Irishman”
Todd Phillips, “Joker”
Sam Mendes, “1917”
Quentin Tarantino, “Once Upon a Time in Hollywood”
Bong Joon Ho, “Parasite”
Miglio film d’animazione:
“How to Train Your Dragon: The Hidden World,” Dean DeBlois
“I Lost My Body,” Jeremy Clapin
“Klaus,” Sergio Pablos
“Missing Link,” Chris Butler
“Toy Story 4,” Josh Cooley
Miglior corto d’animazione:
“Dcera,” Daria Kashcheeva
“Hair Love,” Matthew A. Cherry
“Kitbull,” Rosana Sullivan
“Memorable,” Bruno Collet
“Sister,” Siqi Song
Sceneggiautra non originale:
“The Irishman,” Steven Zaillian
“Jojo Rabbit,” Taika Waititi
“Joker,” Todd Phillips, Scott Silver
“Little Women,” Greta Gerwig
“The Two Popes,” Anthony McCarten
Sceneggiatura originale:
“Knives Out,” Rian Johnson
“Marriage Story,” Noah Baumbach
“1917,” Sam Mendes and Krysty Wilson-Cairns
“Once Upon a Time in Hollywood,” Quentin Tarantino
“Parasite,” Bong Joon ho, Jin Won Han
Miglior fotografia:
“The Irishman,” Rodrigo Prieto
“Joker,” Lawrence Sher
“The Lighthouse,” Jarin Blaschke
“1917,” Roger Deakins
“Once Upon a Time in Hollywood,” Robert Richardson
Miglior documentario:
“American Factory,” Julia Rieichert, Steven Bognar
“The Cave,” Feras Fayyad
“The Edge of Democracy,” Petra Costa
“For Sama,” Waad Al-Kateab, Edward Watts
“Honeyland,” Tamara Kotevska, Ljubo Stefanov
Miglior corto documentario:
“In the Absence,” Yi Seung-Jun and Gary Byung-Seok Kam
“Learning to Skateboard in a Warzone,” Carol Dysinger
“Life Overtakes Me,” Kristine Samuelson and John Haptas
“St. Louis Superman,” Smriti Mundhra and Sami Khan
“Walk Run Cha-Cha,” Laura Nix
Miglior corto live action:
“Brotherhood,” Meryam Joobeur
“Nefta Football Club,” Yves Piat
“The Neighbors’ Window,” Marshall Curry
“Saria,” Bryan Buckley
“A Sister,” Delphine Girard
Miglior film internazionale:
“Corpus Christi,” Jan Komasa
“Honeyland,” Tamara Kotevska, Ljubo Stefanov
“Les Miserables,” Ladj Ly
“Pain and Glory,” Pedro Almodovar
“Parasite,” Bong Joon Ho
Montaggio:
“Ford v Ferrari,” Michael McCusker, Andrew Buckland
“The Irishman,” Thelma Schoonmaker
“Jojo Rabbit,” Tom Eagles
“Joker,” Jeff Groth
“Parasite,” Jinmo Yang
Sound Editing:
“Ford v Ferrari,” Don Sylvester
“Joker,” Alan Robert Murray
“1917,” Oliver Tarney, Rachel Tate
“Once Upon a Time in Hollywood,” Wylie Stateman
“Star Wars: The Rise of SkyWalker,” Matthew Wood, David Acord
Miglior sonoro:
“Ad Astra”
“Ford v Ferrari”
“Joker”
“1917”
“Once Upon a Time in Hollywood”
Production Design:
“The Irishman,” Bob Shaw and Regina Graves
“Jojo Rabbit,” Ra Vincent and Nora Sopkova
“1917,” Dennis Gassner and Lee Sandales
“Once Upon a Time in Hollywood,” Barbara Ling and Nancy Haigh
“Parasite,” Lee Ha-Jun and Cho Won Woo, Han Ga Ram, and Cho Hee
Colonna sonora:
“Joker,” Hildur Guðnadóttir
“Little Women,” Alexandre Desplat
“Marriage Story,” Randy Newman
“1917,” Thomas Newman
“Star Wars: The Rise of Skywalker,” John Williams
Canzone originale:
“I Can’t Let You Throw Yourself Away,” “Toy Story 4”
“I’m Gonna Love Me Again,” “Rocketman”
“I’m Standing With You,” “Breakthrough”
“Into the Unknown,” “Frozen 2”
“Stand Up,” “Harriet”
Trucco e acconciature:
“Bombshell”
“Joker”
“Judy”
“Maleficent: Mistress of Evil”
“1917”
Costume Design:
”The Irishman,” Sandy Powell, Christopher Peterson
“Jojo Rabbit,” Mayes C. Rubeo
“Joker,” Mark Bridges
“Little Women,” Jacqueline Durran
“Once Upon a Time in Hollywood,” Arianne Phillips
Effetti speciali:
“Avengers Endgame”
“The Irishman”
“1917”
“The Lion King”
“Star Wars: The Rise of Skywalker”