È uno dei tanti misteri italiani. Solo che questo è costato la vita non solo ai morti, ma pure ai vivi. Dopo 44 anni la strage di Alcamo Marina arriva in commissione Antimafia. L’organo parlamentare presieduto da Nicola Morra ha ascoltato il racconto di Giuseppe Gulotta che nel 1976, quando aveva 18 anni, venne arrestato con l’accusa di aver partecipato al duplice omicidio di due carabinieri, all’interno della casermetta di Alcamo Marina, in provincia di Trapani. Il giovane fu condannato all’ergastolo, ha scontato 22 anni di carcere da innocente ed è stato assolto solo nel 2012, dopo aver subito nove processi.
L’audizione di Gulotta – “Ho sempre avuto fiducia nelle istituzioni, ho continuato ad averla nonostante aver subito tutto questo, ma ho sempre avuto la speranza di arrivare alla verità che per me c’e stata. Oggi non c’è ancora verità nei confronti dei carabinieri che sono morti. Io spero si arrivi a capire perché questi due ragazzi sono stati uccisi”, ha detto Gulotta ai commissari di Palazzo San Macuto. La sua confessione, è stata estorta in caserma “dopo una notte di sevizie e torture” tanto che a un certo punto il giovane dice: “Ditemi cosa devio dire, basta che la finitè. Non c’era l’avvocato e non c’era il pm”. Gulotta, davanti alla Commissione Antimafia, ha chiesto “giustizia per i due carabinieri morti“. “Io non ce l’ho con i carabinieri, la divisa per me è importante e anche io volevo indossare la divisa” ha spiegato facendo riferimento al fatto che, prima di essere coinvolto in tutta la vicenda, fece un concorso per entrare nella Guardia di finanza. “Ma questa – ha continuatp – è una verità ancora a metà. Io la mia giustizia l’ho ottenuta, speravo che la verità venisse fuori e alla fine è arrivata. Spero si possa fare luce e capire perché i due carabinieri sono stati uccisi – ha continuato – Chiedo giustizia anche per loro, sarei felice se questo caso si potesse riaprire per capire perché sono morti”. “Le torture ci sono state, mi hanno fatto confessare duramente – ha proseguito – E in carcere ho passato i miei anni più belli”.
“Mai ricevuto scuse da nessuno” – A riassumere la vicenda all’organo parlamentare è stato il giornalista Nicola Biondo, già capo della comunicazione del M5s alla Camera, che con Gulotta ha scritto un libro sul mistero di Alcamo Marina (Alkamar, edito da Chiarelettere). Nella serata del 12 febbraio l’uomo venne portato nella caserma di Alcamo, sua cittò d’origine, insieme con altri ragazzi molto giovani, due suoi amici e vicini di casa di 16 e 17 anni. I tre furono oggetti di pressanti interrogatori, sevizie e torture fino ad una sorta di esecuzione simulata. L’accusa era aver ucciso due carabinieri che prestavano servizio nella frazione balneare della cittadina: solo nel 2012 si è aperto un processo di revisione che si è concluso con l’assoluzione di Gulotta per non aver commesso il fatto. “Io non ho ricevute le scuse da nessuna parte, ma le scuse dovrebbero esserci nei confronti dei familiari dei due carabinieri morti ai quali, per 36 anni, hanno dato dei falsi colpevoli”, ha detto Gulotta. Anche dopo i processi di revisione, infatti, non sono mai stati identificati gli assassini dei due militari assassinati, Salvatore Falcetta e Carmine Apuzzo.
Torture per una confessione – Ad accusare Gulotta e i due amici Gaetano Santangelo e Vincenzo Ferrantelli (che tra un processo e l’altro erano fuggiti in Sudamerica) fu Peppe Vesco, un ragazzo che veniva considerato vicino agli anarchici. Vesco fu arrestato un mese dopo l’eccidio dai carabinieri del colonnello Giuseppe Russo. Le indagini sulla strage vennero però depistate subito. È lo stesso Vesco che lo racconta nelle lettere scritte in carcere: per fargli fare i nomi dei presunti complici, i carabinieri lo tortureranno con botte e scariche elettrice nei genitali. Stesso destino che toccherà a Gulotta, Santangelo e Ferrandelli. Otto mesi dopo, Vesco cercherà di scagionare i tre ragazzi accusati ingiustamente, senza però riuscirci: verrà infatti trovato impiccato in carcere. Il ragazzo aveva una menomazione, aveva una mano sola: ma nessuno si chiede come sia riuscito in quel modo a fare il nodo scorsoio. Un anno dopo, il 10 agosto 1977, tocca al colonnello Russo finire assassinato a Corleone. Con la morte di Russo, uno dei responsabile delle torture, la verità sulla strage di Alcamo Marina sembra allontanarsi per sempre con il classico epilogo dei tanti misteri italiani: colpevoli perfetti, ma falsi, in carcere, quelli veri e insospettabili liberi. Invece nel 2006, quando Gulotta si è ormai rassegnato a convivere con la sua condanna, spunta a sorpresa un brigadiere in pensione che racconta la verità. Renato Olino è stato infatti il teste chiave del processo di Reggio Calabria , che raccontando in aula le sevizie e le torture che caratterizzarono quelle indagini ha consentito a Gulotta di tornare in libertà seppur dopo decenni passati in galera da innocenti.
Tra Gladio e Cosa nostra – Ma perché i carabinieri cercarono in tutti i modi di depistare le indagini sugli assassini dei loro colleghi? E chi e perché uccise Apuzzo e Falcetta nella casermetta di Alcamo Marina? Domande queste che sono destinate probabilmente a restare senza risposta. Il pentito Leonardo Messina ha detto che già negli anni Settanta “Cosa Nostra aveva pianificato una serie di attacchi allo Stato”. Sul vicenda della casermetta indagò anche Peppino Impastato che in un volantino scriveva a questo proposito di stragi di stato e servizi deviati. Volantino sequestrato dopo la sua morte e mai più ritrovato. Dettaglio inquietante se si aggiunge che a sequestrarlo fu un carabiniere che sarebbe stato tra i torturatori di Gulotta. Proprio nel periodo in cui furono assassinati i due militari, Alcamo Marina era un vero scalo franco per il contrabbando di sigarette e il traffico di armi. Ambiente in cui si muoveva il fascista Pierluigi Concutelli. E in cui vanno inseriti i movimenti di Gladio che proprio in provincia di Trapani aveva un centro d’addestramento.
Giustizia & Impunità
Antimafia, in commissione la strage di Alcamo Marina. Gulotta: “Io in carcere 22 anni da innocente. Giustizia per i carabinieri uccisi”
L'organo parlamentare ascolta il racconto dell'uomo accusato di aver partecipato al duplice omicidio di due carabinieri, all'interno della casermetta di Alcamo Marina, in provincia di Trapani, nel 1976. Il giovane fu condannato all'ergastolo, ha scontato 22 anni di carcere da innocente ed è stato assolto solo nel 2012, dopo aver subito nove processi
È uno dei tanti misteri italiani. Solo che questo è costato la vita non solo ai morti, ma pure ai vivi. Dopo 44 anni la strage di Alcamo Marina arriva in commissione Antimafia. L’organo parlamentare presieduto da Nicola Morra ha ascoltato il racconto di Giuseppe Gulotta che nel 1976, quando aveva 18 anni, venne arrestato con l’accusa di aver partecipato al duplice omicidio di due carabinieri, all’interno della casermetta di Alcamo Marina, in provincia di Trapani. Il giovane fu condannato all’ergastolo, ha scontato 22 anni di carcere da innocente ed è stato assolto solo nel 2012, dopo aver subito nove processi.
L’audizione di Gulotta – “Ho sempre avuto fiducia nelle istituzioni, ho continuato ad averla nonostante aver subito tutto questo, ma ho sempre avuto la speranza di arrivare alla verità che per me c’e stata. Oggi non c’è ancora verità nei confronti dei carabinieri che sono morti. Io spero si arrivi a capire perché questi due ragazzi sono stati uccisi”, ha detto Gulotta ai commissari di Palazzo San Macuto. La sua confessione, è stata estorta in caserma “dopo una notte di sevizie e torture” tanto che a un certo punto il giovane dice: “Ditemi cosa devio dire, basta che la finitè. Non c’era l’avvocato e non c’era il pm”. Gulotta, davanti alla Commissione Antimafia, ha chiesto “giustizia per i due carabinieri morti“. “Io non ce l’ho con i carabinieri, la divisa per me è importante e anche io volevo indossare la divisa” ha spiegato facendo riferimento al fatto che, prima di essere coinvolto in tutta la vicenda, fece un concorso per entrare nella Guardia di finanza. “Ma questa – ha continuatp – è una verità ancora a metà. Io la mia giustizia l’ho ottenuta, speravo che la verità venisse fuori e alla fine è arrivata. Spero si possa fare luce e capire perché i due carabinieri sono stati uccisi – ha continuato – Chiedo giustizia anche per loro, sarei felice se questo caso si potesse riaprire per capire perché sono morti”. “Le torture ci sono state, mi hanno fatto confessare duramente – ha proseguito – E in carcere ho passato i miei anni più belli”.
“Mai ricevuto scuse da nessuno” – A riassumere la vicenda all’organo parlamentare è stato il giornalista Nicola Biondo, già capo della comunicazione del M5s alla Camera, che con Gulotta ha scritto un libro sul mistero di Alcamo Marina (Alkamar, edito da Chiarelettere). Nella serata del 12 febbraio l’uomo venne portato nella caserma di Alcamo, sua cittò d’origine, insieme con altri ragazzi molto giovani, due suoi amici e vicini di casa di 16 e 17 anni. I tre furono oggetti di pressanti interrogatori, sevizie e torture fino ad una sorta di esecuzione simulata. L’accusa era aver ucciso due carabinieri che prestavano servizio nella frazione balneare della cittadina: solo nel 2012 si è aperto un processo di revisione che si è concluso con l’assoluzione di Gulotta per non aver commesso il fatto. “Io non ho ricevute le scuse da nessuna parte, ma le scuse dovrebbero esserci nei confronti dei familiari dei due carabinieri morti ai quali, per 36 anni, hanno dato dei falsi colpevoli”, ha detto Gulotta. Anche dopo i processi di revisione, infatti, non sono mai stati identificati gli assassini dei due militari assassinati, Salvatore Falcetta e Carmine Apuzzo.
Torture per una confessione – Ad accusare Gulotta e i due amici Gaetano Santangelo e Vincenzo Ferrantelli (che tra un processo e l’altro erano fuggiti in Sudamerica) fu Peppe Vesco, un ragazzo che veniva considerato vicino agli anarchici. Vesco fu arrestato un mese dopo l’eccidio dai carabinieri del colonnello Giuseppe Russo. Le indagini sulla strage vennero però depistate subito. È lo stesso Vesco che lo racconta nelle lettere scritte in carcere: per fargli fare i nomi dei presunti complici, i carabinieri lo tortureranno con botte e scariche elettrice nei genitali. Stesso destino che toccherà a Gulotta, Santangelo e Ferrandelli. Otto mesi dopo, Vesco cercherà di scagionare i tre ragazzi accusati ingiustamente, senza però riuscirci: verrà infatti trovato impiccato in carcere. Il ragazzo aveva una menomazione, aveva una mano sola: ma nessuno si chiede come sia riuscito in quel modo a fare il nodo scorsoio. Un anno dopo, il 10 agosto 1977, tocca al colonnello Russo finire assassinato a Corleone. Con la morte di Russo, uno dei responsabile delle torture, la verità sulla strage di Alcamo Marina sembra allontanarsi per sempre con il classico epilogo dei tanti misteri italiani: colpevoli perfetti, ma falsi, in carcere, quelli veri e insospettabili liberi. Invece nel 2006, quando Gulotta si è ormai rassegnato a convivere con la sua condanna, spunta a sorpresa un brigadiere in pensione che racconta la verità. Renato Olino è stato infatti il teste chiave del processo di Reggio Calabria , che raccontando in aula le sevizie e le torture che caratterizzarono quelle indagini ha consentito a Gulotta di tornare in libertà seppur dopo decenni passati in galera da innocenti.
Tra Gladio e Cosa nostra – Ma perché i carabinieri cercarono in tutti i modi di depistare le indagini sugli assassini dei loro colleghi? E chi e perché uccise Apuzzo e Falcetta nella casermetta di Alcamo Marina? Domande queste che sono destinate probabilmente a restare senza risposta. Il pentito Leonardo Messina ha detto che già negli anni Settanta “Cosa Nostra aveva pianificato una serie di attacchi allo Stato”. Sul vicenda della casermetta indagò anche Peppino Impastato che in un volantino scriveva a questo proposito di stragi di stato e servizi deviati. Volantino sequestrato dopo la sua morte e mai più ritrovato. Dettaglio inquietante se si aggiunge che a sequestrarlo fu un carabiniere che sarebbe stato tra i torturatori di Gulotta. Proprio nel periodo in cui furono assassinati i due militari, Alcamo Marina era un vero scalo franco per il contrabbando di sigarette e il traffico di armi. Ambiente in cui si muoveva il fascista Pierluigi Concutelli. E in cui vanno inseriti i movimenti di Gladio che proprio in provincia di Trapani aveva un centro d’addestramento.
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Giustizia & Impunità
La Consulta: inammissibile il referendum sull’Autonomia. Sì a 5 quesiti: anche quelli su Jobs Act e cittadinanza per gli extracomunitari
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Roma, 20 gen. (Adnkronos) - "Il Jobs Act è una legge che ha creato oltre un milione di posti di lavoro, più della metà a tempo indeterminato, e che ha introdotto tutele fondamentali come l’eliminazione delle dimissioni in bianco. La decisione della Corte Costituzionale che dà il via al referendum relativo al Jobs Act ci trova quindi pronti: spiegheremo ai cittadini quanto sarebbe sbagliato cancellare queste conquiste che creano posti di lavoro, sviluppo e tutele". Lo scrive sui social il senatore Enrico Borghi, capogruppo al Senato di Italia Viva.
"Quanto al referendum sull’autonomia, accettiamo il verdetto della Consulta che dopo la precedente pronuncia sulla legge Calderoli appariva pressoché scontata. Ogni modifica sull’autonomia differenziata passerà dal Parlamento, e lì ci faremo trovare pronti e determinati".
Roma, 20 gen. (Adnkronos) - "Le mie più sentite congratulazioni al presidente Trump per l’inizio del suo secondo mandato. Il popolo americano ha fatto una scelta chiara, che riflette l’impegno per la crescita economica, la sicurezza e la sovranità nazionale”. Lo scrive su X il Co-Presidente del gruppo dei conservatori al Parlamento europeo, Nicola Procaccini dí Fratelli d’Italia.
“Noi dell'Ecr condividiamo molte delle priorità delineate dal presidente Trump: contrastare l'immigrazione clandestina, garantire comunità più sicure, tagliare le tasse e la burocrazia e ripristinare la competitività economica. Queste non sono solo priorità americane, ma anche europee”.
Roma, 20 gen. (Adnkronos) - "La Sardegna, con il nostro ricorso accolto dalla Corte lo scorso novembre, ha difeso la sua specialità e contrastato una legge iniqua. Una legge che la Corte stessa, ascoltando le preoccupazioni delle Regioni promotrici, ha già demolito e svuotato perché ci toglieva risorse e ci condannava a restare indietro. Se il capogruppo della Lega Veneta ha dichiarato recentemente che il Veneto vale più della Sardegna, per farci capire cosa si intende per differenziata, noi invece continueremo a difendere con le unghie e con i denti le risorse e le opportunità che le spettano”. Così la presidente della Regione Sardegna Alessandra Todde.
Roma, 20 gen. (Adnkronos) - “Sul referendum sulla cittadinanza daremo battaglia nel nome dell’estensione dei diritti e per superare una legislazione particolarmente arretrata. Si tratta di un referendum promosso da un vasto arco di soggetti, tra cui numerose associazioni dei nuovi cittadini, persone a cui per troppo tempo è stata tolta la voce. Lotteremo al loro fianco”. Così in una nota Pierfrancesco Majorino della segreteria del Partito Democratico, responsabile Immigrazione.
Washington, 20 gen (Adnkronos) - Non è stato un blitz come quello di Mar a lago, rivelatosi determinante per la liberazione di Cecilia Sala, ma una intera giornata quella che Giorgia Meloni ha dedicato, per la seconda volta in un mese, a Donald Trump. La premier non è voluta mancare all'inauguration day del presidente americano, sottolineando quanto sia importante "dare una testimonianza della volontà di continuare e rafforzare" la relazione Italia-Usa.
E questa "testimonianza" la premier l'ha data plasticamente già di primo mattino, quando insieme alla famiglia Trump, a quella del vice presidente Vance e pochi altri, ha preso parte alla messa di 'benedizione' del neo commander in chief alla chiesa episcopale di st John, proprio di fronte alla Casa Bianca. Poi il trasferimento alla Rotonda del Campidoglio, a Capitol hill, per il giuramento spostato al chiuso a causa dell'ondata di gelo che ha stretto Washington. Con lei, oltre ai diplomatici, la fida Patrizia Scurti in delegazione.
Meloni siede sotto lo sguardo della statua di Abramo Lincoln, nei posti riservati ai capi di Stato e di governo invitati da Trump. Una sparuta elite che comprende la presidente del Consiglio (unica leader Ue) e, tra i pochi altri, il presidente argentino Javier Milei, con cui Meloni chiacchiera a lungo inquadrati più volte dalle telecamere di Fox news, che non ha perso una battuta della giornata-evento.
(Adnkronos) - A pochi passi, i 'big tech Ceo' che Trump ha voluto come ospiti vip della cerimonia e che l'hanno sostenuto nel suo cammino di ritorno alla sala ovale: Tim Cook, Jeff Bezos, Sandor Picahi, Sam Altman, Mark Zuckenberg e ovviamente Elon Musk. Sui social, è il capo delegazione di FdI-Ecr all'Europarlamento Carlo Fidanza, a Washington con un piccola pattuglia di parlamentari italiani ospiti dei Repubblicani Usa, a dare il senso politico della 'foto di Capitol hill' della Meloni: "La nostra presidente è ormai riconosciuta da tutti come l’interlocutrice privilegiata di Trump in Europa".
Nella sua valutazione del Trump day, Meloni al mattino è più ecumenica: "Penso sia molto, molto importante per una nazione come l’Italia che ha rapporti estremamente solidi con gli Stati Uniti dare una testimonianza della volontà di continuare e se mai rafforzare quella relazione in un tempo nel quale le sfide sono globali e interconnesse", spiega prima di lasciare l'albergo.
Più tardi su X augura buon lavoro a Trump e assicura: "Sono certa che l’amicizia tra le nostre Nazioni e i valori che ci uniscono continueranno a rafforzare la collaborazione tra Italia e Usa", per poi sottolineare: "L’Italia sarà sempre impegnata nel consolidare il dialogo tra Stati Uniti ed Europa, quale pilastro essenziale per la stabilità e la crescita delle nostre comunità".
(Adnkronos) - Per il ministro dell'Ue Tommaso Foti, la missione di Meloni a Washington "conferma il ruolo cruciale che, nel prossimo futuro, la nostra Nazione intende giocare nelle relazioni transatlantiche, ponendosi come ponte strategico tra Europa e America".
In questo contesto, e anche per il rigido protocollo che governa l'insediamento del presidente americano, si stempera anche l'attesa per un faccia a faccia Meloni-Trump, prima auspicato e poi annunciato alla vigilia anche da Fidanza. "Non era previsto, non era il contesto e non ci sarà problema a farlo in futuro", è il senso del ragionamento dell'entourage della premier. Così, direttamente lasciando ad un certo punto le lunghe celebrazioni, Meloni può salutare e tornare subito in Italia.
Roma, 20 gen. (Adnkronos) - "La decisione della Consulta che ha sancito l’ inammissibilità del referendum abrogativo sull’autonomia conferma che la riforma scritta dal ministro Calderoli è, come sapevamo, coerente e corretta nel rispetto delle previsioni costituzionali. Per cui avanti con l’iter della riforma e con i negoziati con le regioni che hanno già richiesto le prime materie ‘non Lep’, come la Lombardia. Avanti tutta con l’autonomia!”. Lo dichiara il segretario regionale della Lega Lombarda Salvini Premier e presidente dei senatori della Lega Salvini Premier, senatore Massimiliano Romeo.
Roma, 20 gen. (Adnkronos) - "La Corte Costituzionale, dichiarando inammissibile il referendum sull’autonomia, perché ‘l’oggetto e la finalità del quesito sono poco chiari’, ha bocciato l’opposizione. D’altra parte, cosa ci si può aspettare da una sinistra incapace anche di scrivere i quesiti da sottoporre ai cittadini per una consultazione popolare? Per quanto ci riguarda, noi andiamo avanti con il percorso riformatore, nell’interesse dell’Italia”. Così la senatrice di Forza Italia e vice presidente del Senato, Licia Ronzulli.