Si è concluso con una presentazione a Bruxelles la settimana scorsa il progetto strategico europeo “Medeas”, dedicato a creare un modello per la transizione energetica verso le rinnovabili. Un lavoro importante che ha realizzato un modello completo del “sistema mondo”, che integra elementi economici con l’intero ecosistema terrestre. Ha richiesto quattro anni di lavoro di un consorzio di università e centri di ricerca e includeva anche un’unità di ricerca italiana, quella dell’università di Firenze che coordino personalmente, gestita dal consorzio interuniversitario Instm.
Idealmente, Medeas è una continuazione del lavoro cominciato nel 1972 dal Club di Roma con lo studio noto come “I Limiti dello Sviluppo.” Il nuovo modello tiene conto di molti più elementi, ma i risultati sono simili: se tutto continua secondo le linee attuali, il sistema economico finirà per andare verso il declino, o addirittura il collasso, per una combinazione di danni dovuti al cambiamento climatico, esaurimento graduale delle risorse minerali e impatti distruttivi sull’ecosistema.
Non è detto che questo avvenga: questi modelli servono per dirci come evitarlo. In questo caso, il modello Medeas ci dice che dobbiamo prendere provvedimenti rapidi per decarbonizzare l’economia, muoverci verso le rinnovabili e ridurre la pressione sugli ecosistemi. Queste non sono novità, ma il modello ci permette di quantificare lo sforzo necessario. Ci dice anche che dobbiamo cominciare subito, altrimenti lo sforzo richiesto sarà molto pesante. In ogni caso, ogni sforzo nella giusta direzione sarà utile. Credo che i risultati del progetto siano stati riassunti bene da Martin Baumann, ricercatore dell’Austrian Energy Agency (Aea), che ha detto a Bruxelles la settimana scorsa: “Andare verso le rinnovabili è una decisione che non rimpiangeremo” (It is a no-regret decision).
Ma possiamo fidarci di questi studi? In effetti, si sente spesso dire in senso negativo che “questi sono solo dei modelli,” specialmente in relazione alla scienza del clima. Come dire, “ma la realtà è un’altra cosa”. Certamente ci sono delle buone ragioni per essere scettici su tante cose che ci sentiamo raccontare oggi, ma questo ci conduce spesso a pensare in termini di soluzioni semplificate e probabilmente dannose. Su questo punto, permettetemi di citare Jay Forrester, che è stato un grandissimo pioniere in questo campo.
Ognuno di noi usa modelli costantemente. Nella vita privata e nel lavoro, usiamo modelli istintivamente per prendere decisioni. Le immagini mentali che abbiamo nella testa sono modelli. Tutte le decisioni sono prese sulla base di modelli.
Il problema dei modelli mentali è che sono troppo semplificati: c’è un limite a quante cose possono stare nella testa di una persona, anche se intelligente. Prendetene uno tipico: “I politici sono tutti dei ladri”. Non è completamente sbagliato, ma non vi aiuta a prendere provvedimenti per migliorare la qualità del governo (eccetto forse lasciarlo in mano a qualche dittatore assoluto che farà di peggio). E’ la stessa cosa per i vari slogan politici che non sono altro che modelli mentali semplificati e probabilmente dannosi: “usciamo dall’euro”, “buttiamo a mare gli immigrati”, “riduciamo il numero dei parlamentari”, eccetera.
Il mondo sta diventando sempre più complesso e difficile. E se uno pretende di capirlo usando soltanto i propri modelli mentali rischia di fare dei grossi danni anche solo dando bassa priorità a problemi che invece sono fondamentali, come il cambiamento climatico. Allora abbiamo bisogno di modelli che possano tener conto di tutti i parametri in gioco, dal clima al mercato finanziario. Questo è possibile ed è quello che fa il modello Medeas.
Ma, come sempre, la valutazione finale deve essere basata sul buonsenso umano: i modelli non sono profezie, sono strumenti. Se li usiamo correttamente ci aiuteranno a far passare questo momento alquanto difficile. E se il modello ci dice che dobbiamo fare dei sacrifici, e non li facciamo, allora davvero non serve a niente.
I risultati del progetto Medeas sono esposti nel sito www.medeas.eu.