Finisce con 38 arresti e 15 milioni di euro sequestrati il piccolo impero di Salvatore Nicitra che negli ultimi 5 anni aveva creato un vasto commercio clandestino nel settore dei videopoker, unendo le nuove tecnologie ai sistemi “classici” del gioco d’azzardo in nero, come il lotto clandestino e il cosiddetto “picchetto”
“Vedi, qui a Roma non è entrato mai nessuno, perché Roma è Roma. Si può fare a Milano, Bologna, Torino, ma a Roma no. A te ti permetto di venire insieme a me perché da solo non puoi fare un cazzo”. Finisce con 38 arresti e 15 milioni di euro sequestrati il piccolo impero di uno degli ultimi boss della Banda della Magliana, Salvatore Nicitra, che negli ultimi 5 anni aveva creato un vasto commercio clandestino nel settore dei videopoker, unendo le nuove tecnologie ai sistemi “classici” del gioco d’azzardo in nero, come il lotto clandestino e il cosiddetto “picchetto” (scommesse sportive illegali). Quasi 200 punti vendita gestiti in tutta Roma sotto il brand di sale gioco “Planet”, che gli hanno permesso di sviluppare un giro d’affari milionario e la possibilità di riciclare soldi facendo leva anche sul “metodo mafioso” e sul suo prestigio criminale.
L’ultimo boss incastrato da “Crispino” e “Accattone” – Il 63enne, infatti, fu braccio destro ai tempi del primo leader Franco Giuseppucci, ucciso nel 1970, e poi di Enrico De Pedis, detto “Renatino”, freddato il 2 febbraio 1990, sospettato dai pm di essere fra i mandanti delle minacce di morte ricevute in questi anni da Maurizio Abbatino, detto “Crispino”, il pentito eccellente della Banda della Magliana che, con le sue dichiarazioni, ne ha di fatto sancito il declino criminale. Proprio le dichiarazioni del “Freddo” di Romanzo Criminale, unite a quelle di un altro noto collaboratore di giustizia, Antonio Mancini detto “Accattone”, e di Giuseppe Marchese, cognato dell’ex boss corleonese Leoluca Bagarella, hanno permesso di tracciare nel dettaglio il profilo mafioso di Nicitra e di accostarlo a diversi omicidi e tentati omicidi avvenuti nel corso degli ultimi 30 anni. “La preziosa acquisizione di altri procedimenti penali delle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia fra cui Maurizio Abbatino”, si legge nelle carte, “ha permesso di delineare in modo puntuale e convergente l’organizzazione criminale come associazione di tipo para-mafioso, nel senso di una convergenza in ordine a specifici soggetti e a specifici fatti anche per omicidi sinora irrisolti quale quello di Roberto Belardinelli detto ‘Babbo’ e di Paolino Angeli nonché del ferimento di Franco Martinelli”.
L’ex re di Roma ovest che si fece passare per “matto” – “Io sono un boss, e metto le macchinette e slot machine dove voglio”. Nicitra si era in qualche modo salvato dal maxi-processo alla Banda della Magliana, facendo valere – come ricorda il giudice per le indagini preliminari Vilma Passamonti nell’ordinanza di arresto – “il riconoscimento di un vizio totale di mente” con “l’inflizione di pochi anni di manicomio giudiziario”. Una circostanza che gli ha permesso di rimanere libero fino allo scorso anno, quando finì in carcere nell’ambito della maxi-operazione ai danni del clan di Montespaccato, gestito da Franco Gambacurta. “Non ho più bisogno di spacciare droga e non ho bisogno di azioni violente perché ormai sono rispettato da tutti”, diceva ai suoi interlocutori. E infatti, secondo i giudici, Nicitra conservava “fino ad oggi potere economico e criminale nella Capitale, e probabilmente anche in altri territori”. Nicitra, nel periodo della faida fra i testaccini e “quelli della Magliana” (anni ’80), era il referente per De Pedis di tutta Roma ovest: Primavalle, Montespaccato, Aurelio, Casalotti. “Io avevo le case da gioco più importanti di Roma e di Italia – si legge in una intercettazione del 2015 – Con i soldi che guadagnavo neanche il casinò li guadagnava. Avevo le case da gioco con ville e con i camerieri con i guanti bianchi, con i vestiti neri: guadagnavo 100 mila euro a notte. Ora è finito tutto”.
Il sodalizio col “francese” e il ritorno del “picchetto” – “C’e’ gente che comincia a pensare a ritornare agli anni ’70 (…) Se si possono guadagnare un quintale di soldi, si ritorna alla vecchia maniera. Nicitra, per conto della Magliana, ha sempre gestito scommesse clandestine e gioco d’azzardo. Nel 2015, ha l’intuizione di “abbinare l’antico al moderno”, come cerca di far capire ai propri collaboratori, sfruttando la propria esperienza nei cosiddetti “giochi virtuali”. Nicitra, scrive il gip, “si prefigge di traslare il gioco d’azzardo dalle sale giochi alle private dimore dei singoli giocatori, il tutto attraverso un software pre-caricato su delle pen drive, che viene installato sui pc privati o in esercizi commerciali con gestori compiacenti”. “La forza mia – dice, intercettato – è che sono abbinato con tutti i rappresentanti dei siti più importanti che ci sono in Italia”. Nicitra si affida così a una sua vecchia conoscenza del periodo della Magliana, Jean Pierre Dibilio, detto “er francese”, titolare di una ditta con sede all’Appio Latino che realizza videogiochi. A quel punto acquisisce le agenzie “Planet”, già diffuse in tutta Roma e organizza il giro di affari: “Qui praticamente si gestirà così la situazione – dice durante un summit – sono 181 Planet… verranno fatte le tre divisioni, tre gruppi da 60. Noi chiaramente se pigliamo tutta la parte…”. “L’affermazione non ammette repliche”, notano gli inquirenti.
Non solo evasione: minacce, violenze e riciclaggio – “Con l’età mi sono addolcito, io non ero così”, diceva il boss raccontando l’epopea della Magliana. Eppure, come dimostrano le carte dell’inchiesta, il “metodo mafioso” è sempre rimasto una prerogativa di Salvatore Nicitra. L’ordinanza del gip di Roma documenta alcuni gravi episodi di minacce. Nell’ordine, emergono un attentato incendiario nel 2013 ai danni del bar “Voglia di Caffè” di via Ipogeo degli Ottavi per costringere gli esercenti a rescindere i contratti con i precedenti noleggiatori di slot machine; una bomba carta che ha distrutto una sala giochi e scommesse di Fiumicino nel 2014; la devastazione del ristorante “L’Isola che non c’è” di via Boccea; le minacce e il pestaggio dell’imprenditore Flavio Di Ciommo, a capo della “concorrente” Fai Play srl; le minacce ai proprietari del bar Coffee Time 22 di via Boccea; il danneggiamento della vetrofania della sala giochi BetuniQ. Alle violenze, veniva anche accompagnata “l’accettazione della proposta di pratner commerciale (ospitando le macchine predisposte per il gioco illegale) ai gestori di bar e sale gioco, accompagnata dalla cosiddetta ‘buona entrata’ ovvero dal versamento da parte del Nicitra di una somma di denaro, risultata tra i 3.000 e i 15.000 euro, versata ‘in nero’, peraltro consistente in un reinvestimento dei proventi illeciti dei giochi illegali, in altre attività commerciali apparentemente lecite”.