Si è chiuso il cerchio dell’indagine per il crac di Alitalia Sai sancito dalla sentenza del tribunale di Civitavecchia dell’11 maggio 2017. Fonti dei legali degli indagati fanno sapere che la Procura della Repubblica di Civitavecchia in queste ore sta inviando gli avvisi di conclusione delle indagini a 19 tra amministratori, sindaci, manager, consulenti e commissari e alla stessa compagnia aerea per la legge 231 sulla responsabilità penale delle società. La principale ipotesi di reato contestata è il falso in bilancio, ma ci sono anche alcuni filoni minori che riguardano specifiche vicende investigative.
L’inchiesta, condotta dai pubblici ministeri Allegra Migliorini e Mirko Piloni con l’aggiunto Gustavo De Marinis della Procura di Roma sotto il coordinamento del procuratore capo Andrea Vardaro ha indagato per bancarotta fraudolenta i tre manager che hanno guidato la compagnia dal primo gennaio 2015 al 2 maggio 2017: Silvano Cassano, Luca Cordero di Montezemolo, Cramer Ball. Il 22 maggio 2017 la Guardia di Finanza aveva perquisito gli uffici a Fiumicino sequestrando una enorme mole di documenti, personal computer, server. Da lì è scaturito un enorme lavoro di investigazione, durato sino a oggi, che ha esaminato 50 milioni di documenti, soprattutto digitali, contenuti nei server dell’azienda. Sono stati passati al pettine fine milioni di documenti tra email, perizie, contratti, bilanci, prospetti di obbligazioni, il piano industriale e la relazione sulle cause dell’insolvenza commissionata a Pwc dai commissari della società e depositata a gennaio 2018.
L’indagine è scattata dalle segnalazioni di Gaetano Intrieri, che è stato tra i consulenti della Guardia di Finanza. I magistrati si sono avvalsi della consulenza sul fronte legale, finanziario e di forensic accounting della società di investigazioni Axerta, il cui team di analisti è stato guidato da Stefano Martinazzo, e dal commercialista Ignazio Arcuri. Il lavoro di ricostruzione della vicenda ha passato al pettine fine la documentazione in grado di fare luce sulle decisioni e sulle posizioni di chi ha gestito Alitalia Sai, quando nel 2015 la linea aerea emiratina Etihad entrò nel capitale sociale con il 49%, lasciando la maggioranza alla Cai-Midco, gruppo di cui facevano parte banche (Unicredit, Monte dei Paschi di Siena e Intesa San Paolo) e Atlantia (holding della famiglia Benetton). Nel giro di appena due anni, scostandosi dal piano industriale che prevedeva ben altri risultati, Alitalia accumulò un indebitamento di 900 milioni e finì in default, con il dissesto ripianato solo grazie all’ennesimo intervento dello Stato.
Proprio la mastodontica consulenza tecnica, che conta alcune centinaia di pagine, ha analizzato la governance, le comunicazioni all’autorità di vigilanza, gli assetti organizzativi, il piano industriale e gli scostamenti tra le previsioni del management e i conti. L’obiettivo dei magistrati era la verifica di eventuali “abbellimenti” contabili, l’impatto dei conti della società sul patrimonio netto, la liquidità e le perdite, con un focus particolare sull’abbattimento del capitale e la sua integrazione dopo che le perdite avevano superato il limite legale. Attenzione è stata rivolta anche alle spese e alle uscite.
Alcuni snodi della vita breve ma costosa di Alitalia sono tra quelli che più hanno attirato le attenzioni degli inquirenti. Tra questi le plusvalenze realizzate dalle cessioni al socio di minoranza Etihad degli slot londinesi e della divisione loyalty “Mille Miglia”. Il faro degli inquirenti si è focalizzato soprattutto sulla perizia redatta a settembre 2015, con valore retroattivo a gennaio, del ramo d’azienda conferito da Midco, il socio di maggioranza col 51% del capitale, redatta da Enrico Laghi. Su quelle cifre fu costruito il piano industriale e i bilanci successivi.
L’analisi dei consulenti verte su sottili questioni di interpretazione dei bilanci, legate soprattutto all’applicazione da parte di Alitalia dei nuovi principi contabili internazionali Ias-Ifrs che furono impiegati al posto di quelli dell’Organismo italiano di contabilità (Oic). Gli Ias – Ifrs consentirono di valutare in modo differente alcune poste del patrimonio apportato a quella che all’epoca era la “nuova società”, ma introdussero anche un elemento sostanziale di novità nella valutazione della “continuità aziendale”: il mantenimento della “rotta finanziaria” non andava più analizzato solo sotto il punto di vista della sussistenza dei requisiti patrimoniali ma anche da quello del rispetto sostanziale e non solo formale delle previsioni del piano industriale. Proprio per questo sotto la lente è finita quella perizia del settembre 2015 con effetto retroattivo a gennaio. È prevedibile che, se si andrà a processo, lo scontro su quelle cifre, sulla loro interpretazione e sui loro effetti – per quanto complesso e di difficile spiegazione – sarà al calor bianco e diventerà nodale per decidere l’esito dell’eventuale dibattimento, facendo scuola dal punto di vista della giurisprudenza penale societaria.
Già, i conti. Dal 2009 Alitalia ha sempre volato in “profondo rosso”: l’era Colaninno e “capitani coraggiosi” si chiuse nel 2014 con 1 miliardo 992 milioni di perdite. Ma nemmeno Midco ed Etihad riuscirono a risollevare la situazione: perdite per 199,1 milioni nel 2015, per altri 492 milioni l’anno dopo e per altri 203 nei primi due mesi del 2017. Il tutto a fronte di un conferimento iniziale di capitale da 850 milioni e di due prestiti ponte per 1,3 miliardi circa. Ancora oggi la compagnia brucia un milione al giorno e si regge solo sui prestiti-ponte dello Stato.
Giustizia & Impunità
Alitalia Sai, chiusa l’inchiesta sugli ex vertici. Nel mirino le discrepanze tra i bilanci e la realtà aziendale della compagnia
In queste ore la Procura di Civitavecchia sta notificando l’avviso di conclusione indagini a 19 tra amministratori, manager, consulenti, commissari e alla stessa società. Il perno dell’accusa di falso in bilancio è la maxiconsulenza contabile e finanziaria sulle cause del dissesto. Il faro degli inquirenti si è focalizzato soprattutto sulla perizia redatta a settembre 2015 del ramo d’azienda conferito da Midco, redatta da Enrico Laghi. Su quelle cifre fu costruito il piano industriale e i bilanci successivi
Si è chiuso il cerchio dell’indagine per il crac di Alitalia Sai sancito dalla sentenza del tribunale di Civitavecchia dell’11 maggio 2017. Fonti dei legali degli indagati fanno sapere che la Procura della Repubblica di Civitavecchia in queste ore sta inviando gli avvisi di conclusione delle indagini a 19 tra amministratori, sindaci, manager, consulenti e commissari e alla stessa compagnia aerea per la legge 231 sulla responsabilità penale delle società. La principale ipotesi di reato contestata è il falso in bilancio, ma ci sono anche alcuni filoni minori che riguardano specifiche vicende investigative.
L’inchiesta, condotta dai pubblici ministeri Allegra Migliorini e Mirko Piloni con l’aggiunto Gustavo De Marinis della Procura di Roma sotto il coordinamento del procuratore capo Andrea Vardaro ha indagato per bancarotta fraudolenta i tre manager che hanno guidato la compagnia dal primo gennaio 2015 al 2 maggio 2017: Silvano Cassano, Luca Cordero di Montezemolo, Cramer Ball. Il 22 maggio 2017 la Guardia di Finanza aveva perquisito gli uffici a Fiumicino sequestrando una enorme mole di documenti, personal computer, server. Da lì è scaturito un enorme lavoro di investigazione, durato sino a oggi, che ha esaminato 50 milioni di documenti, soprattutto digitali, contenuti nei server dell’azienda. Sono stati passati al pettine fine milioni di documenti tra email, perizie, contratti, bilanci, prospetti di obbligazioni, il piano industriale e la relazione sulle cause dell’insolvenza commissionata a Pwc dai commissari della società e depositata a gennaio 2018.
L’indagine è scattata dalle segnalazioni di Gaetano Intrieri, che è stato tra i consulenti della Guardia di Finanza. I magistrati si sono avvalsi della consulenza sul fronte legale, finanziario e di forensic accounting della società di investigazioni Axerta, il cui team di analisti è stato guidato da Stefano Martinazzo, e dal commercialista Ignazio Arcuri. Il lavoro di ricostruzione della vicenda ha passato al pettine fine la documentazione in grado di fare luce sulle decisioni e sulle posizioni di chi ha gestito Alitalia Sai, quando nel 2015 la linea aerea emiratina Etihad entrò nel capitale sociale con il 49%, lasciando la maggioranza alla Cai-Midco, gruppo di cui facevano parte banche (Unicredit, Monte dei Paschi di Siena e Intesa San Paolo) e Atlantia (holding della famiglia Benetton). Nel giro di appena due anni, scostandosi dal piano industriale che prevedeva ben altri risultati, Alitalia accumulò un indebitamento di 900 milioni e finì in default, con il dissesto ripianato solo grazie all’ennesimo intervento dello Stato.
Proprio la mastodontica consulenza tecnica, che conta alcune centinaia di pagine, ha analizzato la governance, le comunicazioni all’autorità di vigilanza, gli assetti organizzativi, il piano industriale e gli scostamenti tra le previsioni del management e i conti. L’obiettivo dei magistrati era la verifica di eventuali “abbellimenti” contabili, l’impatto dei conti della società sul patrimonio netto, la liquidità e le perdite, con un focus particolare sull’abbattimento del capitale e la sua integrazione dopo che le perdite avevano superato il limite legale. Attenzione è stata rivolta anche alle spese e alle uscite.
Alcuni snodi della vita breve ma costosa di Alitalia sono tra quelli che più hanno attirato le attenzioni degli inquirenti. Tra questi le plusvalenze realizzate dalle cessioni al socio di minoranza Etihad degli slot londinesi e della divisione loyalty “Mille Miglia”. Il faro degli inquirenti si è focalizzato soprattutto sulla perizia redatta a settembre 2015, con valore retroattivo a gennaio, del ramo d’azienda conferito da Midco, il socio di maggioranza col 51% del capitale, redatta da Enrico Laghi. Su quelle cifre fu costruito il piano industriale e i bilanci successivi.
L’analisi dei consulenti verte su sottili questioni di interpretazione dei bilanci, legate soprattutto all’applicazione da parte di Alitalia dei nuovi principi contabili internazionali Ias-Ifrs che furono impiegati al posto di quelli dell’Organismo italiano di contabilità (Oic). Gli Ias – Ifrs consentirono di valutare in modo differente alcune poste del patrimonio apportato a quella che all’epoca era la “nuova società”, ma introdussero anche un elemento sostanziale di novità nella valutazione della “continuità aziendale”: il mantenimento della “rotta finanziaria” non andava più analizzato solo sotto il punto di vista della sussistenza dei requisiti patrimoniali ma anche da quello del rispetto sostanziale e non solo formale delle previsioni del piano industriale. Proprio per questo sotto la lente è finita quella perizia del settembre 2015 con effetto retroattivo a gennaio. È prevedibile che, se si andrà a processo, lo scontro su quelle cifre, sulla loro interpretazione e sui loro effetti – per quanto complesso e di difficile spiegazione – sarà al calor bianco e diventerà nodale per decidere l’esito dell’eventuale dibattimento, facendo scuola dal punto di vista della giurisprudenza penale societaria.
Già, i conti. Dal 2009 Alitalia ha sempre volato in “profondo rosso”: l’era Colaninno e “capitani coraggiosi” si chiuse nel 2014 con 1 miliardo 992 milioni di perdite. Ma nemmeno Midco ed Etihad riuscirono a risollevare la situazione: perdite per 199,1 milioni nel 2015, per altri 492 milioni l’anno dopo e per altri 203 nei primi due mesi del 2017. Il tutto a fronte di un conferimento iniziale di capitale da 850 milioni e di due prestiti ponte per 1,3 miliardi circa. Ancora oggi la compagnia brucia un milione al giorno e si regge solo sui prestiti-ponte dello Stato.
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(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
(Adnkronos) - Stefano Conti è un uomo libero. L'Adnkronos può rivelare che al processo a Panama City sono cadute tutte le accuse. Raggiunto al telefono, Andrea Di Giuseppe, il parlamentare di Fratelli d'Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, festeggia il risultato raggiunto dopo oltre due anni: "Dieci minuti fa ho parlato con il padre, si è commosso alla notizia che Stefano era finalmente stato prosciolto. Ha passato oltre 400 giorni in una delle peggiori galere del mondo, un luogo che non si riesce neanche a immaginare, e senza nessuna condanna, ma solo per una carcerazione preventiva in attesa di un processo che sembrava non arrivare mai. Ma insieme alla Farnesina e all'ambasciata, ho fatto di tutto per fargli ridurre la misura cautelare e farlo stare in una condizione meno disumana. L'anno scorso siamo riusciti a fargli avere i domiciliari, oggi la notizia più bella. Una grande vittoria per il nostro Paese".
Stefano Conti è un trader brianzolo di 40 anni, che per oltre due anni è stato accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale. Rischiava una condanna fino a 30 anni di reclusione, nonostante le presunte vittime avessero ritrattato le accuse, sostenendo di aver subito pressioni dalla polizia panamense.
Conti ha anche pubblicato un libro intitolato 'Ora parlo io: 423 giorni nell'inferno di Panama', in cui racconta la sua esperienza nel carcere panamense e ribadisce la sua innocenza. Il libro è uscito a dicembre scorso, in attesa dell'inizio del processo.
Andrea Di Giuseppe ha partecipato alle udienze preliminari, "non per influire sul merito della vicenda", spiega all'Adnkronos, ma per fargli avere il giusto processo che qualunque essere umano merita. Ho coinvolto la comunità italiana, ho parlato con i politici panamensi, sono stato accanto a lui davanti al giudice, per far capire al sistema giudiziario che quell'uomo non era solo, ma aveva accanto a sé il suo Paese”.
Conti "rimarrà ancora a Panama fino al 4 aprile, per motivi burocratici, ma appena avrà tutti i documenti in ordine potrà tornare in Italia", aggiunge il deputato italiano. Che non ha finito quella che è diventata una sorta di missione. "Dopo aver aiutato a liberare i due italiani in Venezuela, e dopo il più famoso caso di Chico Forti, il prossimo per cui mi impegnerò è l'ingegner Maurizio Cocco, rinchiuso in Costa d’Avorio da oltre due anni. Ne sentirete parlare presto". Sì perché gli italiani rinchiusi all'estero sono circa duemila, "e molti di questi sono in stato di carcerazione preventiva. Dei conti di Montecristo dimenticati da tutti. Ma ora il nostro governo, grazie anche all'azione dei sottosegretari agli Esteri Silli e Cirielli, e ovviamente all'attivismo della premier Meloni, sta finalmente affrontando questi casi. Non sono più dei fantasmi, ma dei nostri connazionali che devono poter avere tutta l'assistenza legale, politica e umana che possiamo dargli. È solo l'inizio. L'Italia sta contando e pesando di più nel mondo", conclude Di Giuseppe. (Di Giorgio Rutelli)
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Più che le conclusioni del Consiglio europeo sembrano un bollettino di guerra, con i nostri governanti che, in un clima di ubriacatura collettiva, programmano una spesa straordinaria di miliardi su miliardi per armi, missili e munizioni. E la premier Meloni cosa dice? 'Riarmo non è la parola adatta' per questo piano. Si preoccupa della forma e di come ingannare i cittadini. Ma i cittadini non sono stupidi! Giorgia Meloni come lo vuoi chiamare questo folle programma che, anziché offrire soluzioni ai bisogni concreti di famiglie e imprese, affossa l’Europa della giustizia e della civiltà giuridica per progettare l’Europa della guerra?". Lo scrive Giuseppe Conte sui social.
"I fatti sono chiari: dopo 2 anni e mezzo di spese, disastri e fallimenti in Ucraina anziché chiedere scusa agli italiani, Meloni ha chiesto a Von der Leyen di investire cifre folli in armi e spese militari dopo aver firmato sulla nostra testa a Bruxelles vincoli e tagli sugli investimenti che ci servono davvero su sanità, energia, carovita, industria e lavoro. Potremmo trovarci a spendere oltre 30 miliardi aggiuntivi sulle armi mentre ne mettiamo 3 scarsi sul carobollette".
"Stiamo vivendo pagine davvero buie per l’Europa. I nostri governanti, dopo avere fallito con la strategia dell’escalation militare con la Russia, non hanno la dignità di ravvedersi, anzi rilanciano la propaganda bellica. La conclusione è che il blu di una bandiera di pace scolora nel verde militare. Dai 209 miliardi che noi abbiamo riportato in Italia dall'Europa per aziende, lavoro, infrastrutture, scuole e asili nido, passiamo a montagne di soldi destinati alle armi".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Much appreciated". Lo scrive Elon Musk su X commentando un post in cui si riporta la posizione della Lega e di Matteo Salvini sul ddl Spazio e Starlink. Anche il referente in Italia del patron di Tesla, Andrea Stroppa, ringrazia via social Salvini: "Grazie al vice PdC Matteo Salvini per aver preso posizione pubblicamente".
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - Gianfranco Librandi, presidente del movimento politico “L’Italia c’è”, ha smentito categoricamente le recenti affermazioni giornalistiche riguardanti una presunta “coalizione di volenterosi” per il finanziamento di Forza Italia. Librandi ha dichiarato: “Sono tutte fantasie del giornalista. Smentisco assolutamente di aver parlato di una coalizione di volenterosi che dovrebbero contribuire al finanziamento del partito”.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Il vergognoso oltraggio del Museo della Shoah di Roma è l'ennesimo episodio di un sentimento antisemita che purtroppo sta riaffiorando. È gravissima l'offesa alla comunità ebraica ed è gravissima l'offesa alla centralità della persona umana e all'amicizia tra i popoli. Compito di ognuno deve essere quello di prendere decisamente le distanze da questi vergognosi atti, purtroppo sempre più frequenti in ambienti della sinistra radicale infiltrata da estremisti islamici , che offendono la memoria storica e le vittime della Shoah. Esprimo la mia più sentita solidarietà all'intera Comunità ebraica con l'auspicio che tali autentici delinquenti razzisti antisemiti siano immediatamente assicurati alla giustizia ". Lo ha dichiarato Edmondo Cirielli, Vice Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Roma, 6 mar. (Adnkronos) - "Meloni ha perso un'occasione rispetto a due mesi fa quando si diceva che sarà il ponte tra l'America di Trump e l'Europa e invece Trump parla con Macron, con Starmer e lo farà con Merz. Meloni è rimasta un po' spiazzata. Le consiglio di non essere timida in Europa perchè se pensa di sistemare i dazi un tete a tete con Trump, quello la disintegra. Meloni deve stare con l'Europa e Schlein quando le dice di non stare nel mezzo tra America e Europa è perchè nel mezzo c'è l'Oceano e si affoga". Lo dice Matteo Renzi a Diritto e Rovescio su Rete4.