“Apriremo le frontiere con la Grecia per far passare i cinque milioni di profughi siriani presenti in Turchia”. Questa la ricorrente minaccia che Ankara rivolge a Bruxelles per ottenere un altro accordo (e nuovi denari) dopo quello siglato il 18 marzo 2016 con l’Ue. Dal momento che il dossier migranti appare ormai legato alle mosse di Erdogan sul gas e sull’energia nel Mediterraneo orientale, oggi il governo greco corre ai ripari con nuove norme, dopo la contestata proposta di costruire un muro galleggiante che separi gli atolli dell’Egeo orientale dalle coste turche.
Pronta la costruzione di cinque nuovi centri di espulsione nelle isole di Chios, Lesbo, Samos e Kos. Le strutture ospiteranno fino a 20.000 persone e l’obiettivo è completare la procedura di asilo entro 90 giorni. I centri per i rifugiati sovraffollati, come quelli di Moria, saranno chiusi, ha annunciato il ministro dell’immigrazione Notis Mitarakis mentre i Comuni interessati dai nuovi centri riceveranno 9,5 milioni di euro, tra bonus e sgravi fiscali. Negli ultimi mesi il governo greco ha dichiarato di aver lavorato per creare le condizioni legali per accelerare il processo di asilo e prevede di reclutare 1.200 nuovi agenti di frontiera. Inoltre a causa del crescente numero di arrivi nelle isole del Mar Egeo, Atene intende scoraggiare i potenziali migranti irregolari. Secondo il ministro dell’Immigrazione, ai rifugiati bisognosi di asilo verrà ora concesso un permesso di soggiorno per soli tre anni e se i dati personali vengono modificati nei Paesi di origine e non verrà consentita alcuna estensione di quel tempo.
Proprio il centro di Moria, sull’isola di Lesbo, è l’epicentro del malessere: lo scorso 4 febbraio l’ennesimo episodio di protesta per le condizioni disumane in cui vivono oltre 20mila migranti (a fronte di una capienza di 3.500). Violenti scontri tra immigrati e polizia avevano fatto da cornice anche a un incendio in una casa abbandonata e alle proteste dei residenti. Nel villaggio di Moria circa 300 afghani di ritorno dalle manifestazioni di protesta avevano tentato di attraversare il villaggio per raggiungere l’hotspot: ma un gruppo di cittadini aveva reagito immediatamente facendo suonare tutte le campane del villaggio, radunandosi in piazza con il governatore regionale del Nord Egeo Costas Moutzouris e il sindaco di Mitilene, Stratis Kyteli. La richiesta principale dei migranti è di esaminare le domande di circa 20.000 richiedenti asilo, il 70% delle quali di origine afgana si trova lì da Capodanno. Ma la nuova legge sull’asilo dà la priorità alle richieste di coloro che entrano in Grecia in questo momento, con il risultato però che le richieste di tutti coloro che sono già sull’isola da più tempo, rimangono in sospeso.
Intanto in Turchia la situazione potrebbe anche peggiorare, per via del dossier Siria e delle turbolenze tra Iraq e Iran. Lo dimostra la morte di tredici persone (tra rifugiati e immigrati) che hanno perso la vita per colpa di una tempesta di neve dopo aver attraversato il confine dell’Iran con la Turchia. Il gruppo si trovava al confine dei due paesi in un’area montuosa nella regione di Caldiran. Secondo Memet Emin Bilmez, governatore provinciale, i servizi di emergenza non sono stati in grado di raggiungere la zona in tempo a causa del maltempo. Le nazionalità delle vittime non sono state ancora ufficialmente annunciate, ma secondo la stampa turca 10 dei morti provenivano dall’Afghanistan e i restanti tre dalla città siriana di Kobane.