A dodici anni dall’assassinio, il processo per il caso di Paula Burci è ancora ben lontano dal concludersi. La Cassazione ha spacchettato l’ultima sentenza di condanna all’ergastolo per due degli imputati che, in concorso con altri rimasti ignoti, la massacrarono fino a renderla in fin di vita, per poi bruciarne il corpo sull’argine del fiume Po. La prima sezione penale ha annullato con rinvio la condanna per Sergio Benazzo, idraulico polesano di 44 anni. Diventa definitivo invece il ‘fine pena mai’ per Gianina Pistroescu, la sua ex compagna, coetanea, ex prostituta rumena che insegnò il mestiere alla diciottenne Paula appena arrivata in Italia.

Quella di Paula Burci è una storia ai limiti dell’inverosimile. Il corpo di Paula venne ritrovato carbonizzato lungo l’area golenale del Po, a Zocca di Ro, nel marzo 2008. Ci vorranno mesi per risalire attraverso una delle poche parti anatomiche che si erano salvate, un’unghia, all’identità della vittima. Le indagini porteranno a scoprire che quella ragazza era stata fatta arrivare in Italia dalla Romania dal cugino con la promessa di un posto come colf. La giovane, dopo un breve soggiorno in un albergo di Ferrara, venne ospitata insieme a Gianina in casa di Benazzo, a Villadose di Rovigo. E da lì ogni sera veniva portata sulla strada per prostituirsi. Benazzo incassava “per il disturbo” 180 euro al mese di affitto e 20 euro per ogni tragitto. Paula decise di scappare dai suoi aguzzini dopo essersi invaghita di un ragazzo italiano, che comparirà poi come uno dei testimoni dell’accusa. Quell’atto di ribellione le costerà la vita. Dopo averla ritrovata, “cinque o sei persone” – come testimonierà la compagna di cella della Pistroescu con la quale l’imputata si era confidata – la massacrarono a colpi di martello, forcone, e con calci e pugni. Paula perse conoscenza e da Villadose venne portata sull’argine ferrarese del Po. Qui, per far perdere ogni traccia di lei, venne bruciata ancora viva. I resti carbonizzati vennero coperti con un tronco. Li noteranno il 24 marzo del 2008 alcuni passanti.

I primi ergastoli per Benazzo e Pistroescu arrivarono dalla Corte di Assise di Ferrara il 12 luglio 2012, e poi da quella di Appello di Bologna il 7 giugno 2013. Ma in Cassazione avviene il primo colpo di scena. Per un difetto di competenza territoriale (la condotta che porterà all’omicidio era iniziata in provincia di Rovigo), nel luglio 2014 la Cassazione con un colpo di spugna annulla la sentenza e rinvia gli atti alla procura rodigina. Si deve rifare tutto da capo.

Nel frattempo i due imputati, pur con due ergastoli (ora annullati) sul capo, sono a piede libero perché decorsi i termini di carcerazione preventiva. Il cavillo provocò una interrogazione in parlamento dell’allora senatrice Laura Puppato, senza esiti concreti. Da uomini liberi affrontano il processo bis, che ripercorre quasi specularmente le tappe di quello precedente, con l’eccezione dell’esame degli imputati, rimasti muti per tutti i gradi del primo procedimento. Il primo grado di Rovigo decreta l’ergastolo l’8 febbraio del 2017, confermato in secondo grado. Ora la Cassazione ha deciso che il processo per Benazzo va rifatto un’altra volta. Secondo la difesa lui non partecipò al massacro, nonostante la complice, intercettata in cella, affermasse il contrario.

Per capire il motivo della duplice decisione si dovranno attendere le motivazioni. Intanto ad Aurelian Burci, il fratello della vittima costituitosi parte civile, non escono che poche parole: “Sono molto provato, non riesco a dire niente. Ogni volta mi sembra di veder morire di nuovo Paula”.

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