Un gruppo di ricercatori dell'università di Hong Kong ha trovato un modo più efficiente di ricavare energia elettrica dalle gocce d'acqua, grazie ad alcune innovazioni tecnologiche, riuscendo a produrre 140 V da ogni singola goccia, un quantitativo di energia pulita e rinnovabile sufficiente ad accendere per breve tempo 100 piccoli LED.
Trovare nuove fonti di energia rinnovabile sta diventando una necessità sempre più impellente, anche alla luce dei recenti e sempre più veloci cambiamenti climatici che stanno colpendo il pianeta. Per questo un recente studio condotto da un team di ricercatori della City University di Hong Kong pubblicato su Nature ha destato scalpore: grazie all’utilizzo di materiali all’avanguardia e di soluzioni innovative sono infatti riusciti a mettere a punto un nuovo tipo di generatore a gocce (DEG Droplet-based Electricity Generator) molto più efficiente, in grado di produrre oltre 140 V da una sola goccia d’acqua da 100 microlitri, rilasciata da un’altezza di 15 cm, accendendo così per breve tempo 100 piccoli LED. Com’è facile comprendere dunque, una volta messo a punto il sistema il suo potenziale di produrre energia elettrica pulita e rinnovabile dalla pioggia è enorme.
Ma come funziona esattamente il processo? In realtà i generatori DEG, di per sé, non sono una novità assoluta, anzi. Il merito dei ricercatori di Hong Kong però è quello di aver adottato materiali più adatti, che ne hanno migliorato drasticamente l’efficienza. In generale il principio di questo tipo di generatori è di recuperare l’energia cinetica delle gocce d’acqua sfruttando il cosiddetto effetto triboelettrico, un fenomeno elettrico che consiste nel trasferimento di cariche elettriche tra materiali diversi strofinati tra di loro.
I materiali utilizzati fino ad ora però non consentivano di accumulare molta energia, ma gli scienziati hanno impiegato per la prima volta una superficie in PTFE (politetrafluoroetilene), che ben conosciamo col nome commerciale di Teflon. Quest’ultimo possiede una carica elettrica statica praticamente permanente. L’energia cinetica derivante dalla caduta dell’acqua provoca dunque un passaggio di elettroni dall’acqua al Teflon, tramite appunto effetto triboelettrico. La superficie in Teflon funziona anche da accumulatore, potendo conservare una quantità elevata di energia, grazie alle sue caratteristiche intrinseche.
Ma gli scienziati sfruttano l’acqua della pioggia anche come elettrolita per poi trasmettere la carica elettrica accumulata. Scorrendo infatti sulla superficie in Teflon, l’acqua accumulatasi forma un ponte tra l’elettrodo in alluminio e quello in ossido di indio-stagno sottostante al sottile strato di PTFE. In questo modo il sistema messo a punto svolge simultaneamente le funzioni di generazione, accumulazione e induzione della carica elettrica, con un’efficienza mai raggiunta prima.
Gli stessi ricercatori ci tengono però a spiegare che c’è ancora tanto lavoro da fare per passare dal prototipo utilizzato nella ricerca a un prodotto commercializzabile sul mercato. In ogni caso il primo passo è stato compiuto e in un prossimo futuro è possibile immaginare la realizzazione di semplici pannelli con cui coprire ampie superfici esposte alle intemperie come i tetti di case, palazzi e capannoni industriali, per recuperare energia dalle piogge in modo pulito, prima che sia troppo tardi.